video suggerito
video suggerito

Il Diario postumo di Montale è un falso?

Si riaccende la polemica su uno dei più clamorosi casi di attribuzione del Novecento italiano: Il Diario postumo di Montale. Si tratta di un falso? Furiosi litigi, pagine di wikipedia manipolate, querele e guerre fra cultori dietro questo mistero editoriale italiano. Il recente studio di un filologo di Bologna sostiene la tesi della contraffazione.
A cura di Luca Marangolo
137 CONDIVISIONI
Immagine

La maggior parte di noi ha conosciuto Montale sui banchi di scuola; la voce di questo grande poeta ha attraversato il secolo scorso infondendolo di una versificazione immaginifica, graziosa e colta: ogni verso di Montale, lo si può ben dire senza essere idealistici, è profondamente impregnato di una riflessione -allegorica, intellettualistica o semplicemente poetica- sullo statuto stesso della letteratura e dell’arte di fare versi. Questa è forse la sua più grande importanza e la caratteristica che rende Eugenio Montale, dal punto di vista di chi scrive, il miglior esempio concreto- ancora una volta dunque non idealistico- di quel che si può definire un poeta: per lui la poesia è stata una vera e propria dimora (nel senso heideggeriano) attraversata da tante bufere così come da moltissime luminose e forti occasioni estetiche.

Raccogliendo la lezione del modernismo anglosassone con Ossi di Seppia (1925) ha bagnato poi la sua penna in un elegantissimo crepuscolarismo (verrebbe voglia di chiamarlo così, per certi versi) con La Bufera e Altro (1956), fino a diventare prosastico e sarcastico, quasi postmoderno nel suo autobiografismo delle ultime poesie, rappresentate al meglio dalle raccolte Satura e Xenia (1973).

I filologi e gli angeli, di Federico Condello (BUP, 2014) accurato studio sull'attribuibilità dell'opera postuma di Montale
I filologi e gli angeli, di Federico Condello (BUP, 2014) accurato studio sull'attribuibilità dell'opera postuma di Montale

Ed è proprio dell’ultimo Montale che vogliamo parlarvi, più specialmente di quello dell’ultima (pseudo?) raccolta: si tratta del cosiddetto Diario postumo.  66 poesie tutte pubblicate a partire dal 1986, cioè cinque anni dopo la sua morte. È una vicenda intricata, quindi è meglio andar con ordine. A riassumerla  icasticamente c'è la testimonianza di una grande italianista di nome Maria Corti, datata 1997: “Montale consegnò alla Cima un notevole gruppo di fogli manoscritti, ciascuno della misura media di una normale busta da lettera; alcuni erano fogli bianchi, altri gialli paglierino, altri azzurri, oltre a cartoline su cui erano scritti dei versi e fodere di buste da lettera spiegazzate, anch’esse con versi a matita e a penna”.

Annalisa Cima, musa e poetessa anche lei, che avrebbe ispirato le poesie della raccolta, è di fatto l’unica detentrice di questi autografi: lei ha reso pubblici, in base a quelle che sarebbero le disposizioni del poeta, a distanza di un anno gli uni dagli altri, tutti i preziosi inediti di Montale, che sono quindi usciti postumi, e che compongono la raccolta.

Ora, come ha scritto il critico Guido Mazzoni su Allegoria, in modo secco ma ragionevole: “la prima cosa che viene in mente quando si legge queste poesie di Montale non è la loro dubbia paternità, ma la loro indubbia irrilevanza” nel senso che non c’è dubbio alcuno che queste poesie montaliane (il de gustibus è d’obbligo, per carità) non sono quelle per cui Montale è stato tutto ciò che è stato: casomai possono esserne una conseguenza, l'amaro precipitato di una poetica ormai giunta alla fase declinante del suo arco, come si vedrebbe già in Satura, raccolta all'epoca stroncata da Pasolini.

Eppure c’è un’eppure. Non c’è caso letterario che negli ultimi trent’anni abbia causato un maggior parapiglia nel mondo, purtroppo appartato, dei letterati: querele, litigi, pagine di wikipedia cancellate, manipolate e riscritte, una guerra editoriale aperta, ormai, fra coloro che a tutti costi (la Cima più di tutti, ovviamente) difendono l’autenticità e coloro che, invece, ne hanno sconfessato il valore originale.

Eugenio Montale, Tutte le Poesie (Mondadori, 2014)
Eugenio Montale, Tutte le Poesie (Mondadori, 2014)

La prima miccia che accese la querelle è stata quella dell'importante filologo Dante Isella -si tratta di uno studioso di altissimo profilo- che negli anni '90 ha messo in discussione per primo l’autenticità. Sostenitori di tale autenticità affermarono che Isella diede un'iniziale opinione favorevole e lo accusarono di aver cambiato idea, ottenendo (di recente, su La Stampa) in risposta una sconfessione piccata della figlia del filologo: è così che sono iniziati i litigi, le ostilità feroci per cui, da un lato, la Musa è rimasta arroccata in un esilio svizzero (lì ha sede l’associazione che ha gestito quest’eredità), e dall'altro varie voci critiche, di volta in volta, alternandosi a momenti di silenzio, hanno messo sotto accusa la raccolta.

Un esempio di come il numero di insulti, polemiche, e beghe a volte infime hanno talora preso il sopravvento: prima si accennava ad una voce wikipediana ossessivamente cambiata: dietro vi sarebbe una misteriosa Alice Blomberg, forse uno pseudonimo della Musa dedicataria? Un dibattito di questo genere ci interessa limitatamente, anche se ha un che di avvincente, per lo meno quando assume sfumature noir, come in quest’ultimo caso.

Tuttavia stabilire la verità è importante: se fosse un falso, sarebbe null’altro che il più clamoroso falso letterario del Novecento italiano.Però, chi si intende un po’ di questi problemi sa che non ci sono certezze: né lo stile, né le sottili analisi calligrafiche hanno la possibilità di stabilirlo come si stabilirebbe la formula dell’acqua. Se si vuole approfondire la questione bisogna leggere un recente lavoro di ricerca di Federico Condello, un classicista, dal titolo I filologi e gli angeli (Bononia University Press, 2014): uno studio accuratissimo che, riprendendo le analisi di Isella, bolla il Diario postumo come un eclatante falso.

Qui non abbiamo né le competenze, né i mezzi materiali per scendere nel merito di un'analisi che rigorosamente deve prescindere dal gusto: ci piacerebbe che molte poesie di un autore che stimiamo, dato che non le amiamo, non fossero sue, ma questo non è una prova. Avere a cuore la verità storica significa eliminare tutti i pregiudizi. E allora che rimanga il mistero? Forse. Resta lo spazio per qualche breve considerazione che questo caso porta alla mente.

Sul valore di Montale per la poesia non c’è ormai molto da discutere, la nostra cultura lo ha scelto come una delle voci più significative che ci sono state, ed è proprio questo valore che dovrebbe indurci a metter da parte beghe transeunti e usare ogni mezzo per scoprire l'eventuale falso, di valore o no, accurato o meno. Tuttavia questo caso, riportato giustamente alla ribalta dallo studio di Federico Condello, sembra una manifestazione veramente flagrante della pericolosità del canone. L’ombra lunga di Montale si è distesa sul Novecento e ben oltre: molti giovani poeti anche di talento, quando scrivono, lo fanno in modo “montaliano”, con uno stile pieno di apostrofi, ironie, un gusto per la fantasia, per l’abbandono immaginario, un tono che non potrebbe non ricordare Montale; così come, del resto, non potrebbero non ricordarlo alcune delle poesie di questa famigerata raccolta, eventualmente falsificate.

Viene alla luce la necessità di distinguere accuratamente il desiderio di appurare la verità da quello di tenere feticisticamente stretta a sé la tradizione: come una sorta di lunga teoria di facce e icone, un mito del passato che si autoalimenta e ci schiaccia, mito che vedrebbe Montale, almeno nel Novecento,  in un posto importante oppure, grottesco rovescio, facile banderuola su una casa arroccata e solitaria come il mondo della letteratura. Se c’è una cosa che questa vicenda insegna, e che il lavoro di Condello indirettamente ricorda, è che è sempre valido distinguere l’utilità e il danno della storia letteraria, anche quando va scritta e riscritta. C’è chi immagina che tutta questa vicenda sia una beffa dell’autore stesso post-mortem: quest'idea quantomeno ci aiuta a capire che, una volta compreso a fondo il valore di uno scrittore (e cioè quando il suo talento arricchisce la nostra personale esistenza) dobbiamo saper metter da parte facili sacralizzazioni e vederlo come un uomo, i cui aspetti biografici e culturali, almeno parzialmente, ci saranno celati. E a ben vedere questo, dopo aver incontrato la sua poesia, ha oggettivamente importanza relativa.

137 CONDIVISIONI
autopromo immagine
Più che un giornale
Il media che racconta il tempo in cui viviamo con occhi moderni
api url views