Il Cerriglio, la storia del vicolo più stretto di Napoli: qui Caravaggio rischiò la vita
Nel cuore del centro antico napoletano, ultima memoria di quella che doveva essere una città ben diversa, esiste un luogo che nasconde una storia affascinante: Vico del Cerriglio, un piccolo pezzo di città dimenticata fra quello che era il porto, ai tempi in cui il mare arrivava fino alle mura della città, e Santa Maria la Nova. Un luogo ancora oggi pieno di fascino, ma sconosciuto ai più: la piccola stradina, secondo alcuni la più stretta di Napoli, è legata al nome di Caravaggio. Ecco perché.
L’origine del nome è ancora avvolta nel mistero: secondo alcuni deriverebbe dal gruppo di querce, “ceriglie” in napoletano, che un tempo delimitavano l’antico quartiere medievale. Ed è proprio nel medioevo che la storia del Cerriglio si perde con la leggenda: qui si trova un’antichissima locanda, oggi ancora in attività, aperta nel 1300 ai tempi di Roberto d’Angiò. Leggenda vuole che il primo gestore della famosa osteria si chiamasse O’Ricciulillo: qui, nei secoli, sono passati grandissimi scrittori e artisti, i quali hanno decantato la bellezza del luogo e la magica poesia racchiusa nei pochi metri di selciato.
Fino al 1740 fu di proprietà delle suore napoletane di Santa Chiara, e nella seconda metà dell’Ottocento venne trasformata in un deposito. Da Boccaccio a Basile, fino a Benedetto Croce, fu luogo amato e apprezzato da moltissimi intellettuali per il suo carattere popolare: da alcuni fu addirittura chiamato “lo cerriglio incantato”.
L’aggressione a Caravaggio
Caravaggio era giunto a Napoli la prima volta nel 1606. I vicoli e le strade dei Quartieri Spagnoli, dove alloggia, gli forniranno l’ispirazione per alcuni famosissimi capolavori, di cui soltanto due oggi restano conservati in città: le suggestive “Sette opere di Misericordia” e una seconda e bellissima versione della Flagellazione di Cristo, oggi conservata presso il Museo di Capodimonte.
Dopo un breve soggiorno a Malta, ritornerà a Napoli alla fine dell'estate del 1609. Dietro di lui una scia di sangue e misteriosi avvenimenti che lo segneranno per sempre: già a Roma l’artista aveva partecipato a diverse risse, ma l’episodio più grave si era verificato nel maggio 1606 quando Caravaggio aveva ferito mortalmente Ranuccio Tommasoni da Terni. Che si sia trattato di un litigio per una donna, o un ben più grave motivo politico, i biografi sono ancora incerti: Caravaggio aveva dovuto abbandonare la capitale con una condanna a morte eseguibile da chiunque l’avesse riconosciuto per strada. A Malta, ugualmente, Caravaggio venne addirittura incarcerato a seguito di un’altra rissa: fuggito, si ritroverà dapprima in Sicilia e poi di nuovo a Napoli.
I dettagli circa la non proprio semplice vita dell’artista sono importanti per comprendere quanto accadde giunto di nuovo a Napoli, proprio al Cerriglio: una notte di settembre del 1609 viene aggredito all’uscita della locanda da quattro uomini che lo picchieranno con tale brutalità da far credere, inizialmente, che Caravaggio fosse morto. Familiari di Tomasoni probabilmente, o sicari inviati da un rivale maltese.