Il 13 aprile nasce Samuel Beckett. “Aspettando Godot” e il dramma esistenziale dell’attesa
Samuel Barclay Beckett nasceva a Dublino il 13 aprile del 1906. Icona della letteratura del ‘900, fu scrittore, drammaturgo, poeta, ma anche sceneggiatore e traduttore. Sarà sempre ricordato per il suo "Aspettando Godot", l'opera teatrale scritta alla fine degli anni quaranta, dopo la seconda guerra mondiale e in un'epoca post-atomica, è l'espressione più riuscita nel raccontare il dramma della condizione dell'attesa. Carica di significato etimologico la scelta del titolo, in Inglese God vuol dire Dio, mentre "dot" si traduce con "punto". Ma questa è una lettura un po' forzata dagli amanti dell'opera. L'aspetto ludico beckettiano è piuttosto in "Godot" inteso come "go" e "dot" rispettivamente "va" e "fermo" poiché "dot" in inglese è "punto". L'autore voleva accentuare la frustrazione dell'uomo nel suo tentativo fallimentare di smuoversi, di cambiare la sua posizione.
Intrigante l'assenza di una struttura tradizionale in un'opera divisa in due atti ma totalmente privi di sviluppo e dimensione temporale, in una realtà statica che non lascia intravedere chanches di cambiamento. La trama è scarna, essenziale, volutamente statica, il tempo sembra "immobile", eppure scorre cinicamente. I gesti che fanno i protagonisti sono automatici, ripetitivi. La recensione più celebre di quest’opera resta quella di Vivian Mercier in un articolo apparso sull’Irish Times nel 1956 in cui scriveva: “Aspettando Godot è una commedia in cui non accade nulla, per due volte". A ben vedere difatti è tutto apparentemente normale, due uomini attendono un terzo uomo che non arriva mai. Tutto è terribilmente reale.
Beckett, come anche aveva fatto Nietzsche nello Zarathustra e nel Crepuscolo degli idoli mette nel mirino l’Uomo dell'al di là, colui che sacrifica il presente per il futuro, l'uomo della metafisica che spera in un senso e in un riscatto sempre al di là delle cose, ma quel Godot, tanto atteso non arriverà mai: è questo il dramma. La cristianità, più diciannove secoli di storia della filosofia, da Platone ad Hegel, hanno fondato ogni ricerca di senso sulla dimensione metafisica. Per questo il capolavoro di Beckett è divenuto sinonimo di una condizione esistenziale, in cui si aspetta un qualcosa che nella realtà non accade mai e in cui chi l'attende è inetto e non fa nulla affinché questo si realizzi come i due uomini che si limitano ad aspettare sulla panchina invece di avviarsi incontro a Godot.