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Opinioni

Il 1 maggio di Stefano Massini su Rai5: “Racconto la dignità del lavoro”

Intervista allo scrittore Stefano Massini, che venerdì 1° maggio, alle 21.20 su Rai5, racconterà un nuovo, lucido ed insieme emozionante mosaico narrativo sul tema del lavoro dal titolo “Sul Lavoro Fondata – Persone, Mestieri, Pensieri” realizzato alla Cavea del Teatro del Maggio Fiorentino: “Il lavoro culturale ha la stessa dignità di una partita di calcio, basta considerarci decorativi.”
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Stefano Massini @Marco Borrelli
Stefano Massini @Marco Borrelli

"Tutto nasce dall'esperienza del 1° maggio 2018 sul palco di piazza San Giovanni, davanti a centinaia di migliaia di persone. Fu un bagno di folla incredibile. Oggi il ricordo di quella piazza è il contraltare del silenzio e del vuoto in cui stiamo vivendo, eppure proprio per questo bisogna raccontare il lavoro. Ecco come è nata quest'idea…". Venerdì 1° maggio, alle 21.20, su Rai5Stefano Massini racconterà un nuovo, lucido ed insieme emozionante mosaico narrativo sul tema del lavoro dal titolo “Sul Lavoro Fondata – Persone, Mestieri, Pensieri”. Un format pensato per il mezzo televisivo, "che non ha a che fare con l'idea del teatro in televisione di cui tanto si sta parlando", che però di teatrale possiede molto.

Immerso nella atmosfera rarefatta, a tratti drammatica, della Cavea del Teatro del Maggio Fiorentino di Firenze, Massini, accompagnato dai musicisti Stefano Corsi (arpa celtica e armonica) ed Enrico Fink (flauto traverso e fisarmonica), per la regia di per la regia di Tobia Pescia, scompone e ricompone il tema del lavoro affidandosi all’affabulazione. Cinquanta minuti di televisione civile, nella modalità popolare con cui da qualche anno a questa parte è diventato un volto noto per gran parte degli italiani che hanno imparato a conoscerlo, oltre nei libri e nelle drammaturgie teatrali, per i racconti televisivi a PiazzaPulita di Corrado Formigli su La7.

Perché un luogo come la Cavea del Teatro del Maggio Fiorentino?

Stefano Massini @Marco Borrelli
Stefano Massini @Marco Borrelli

Perché è all'opposto di quella piazza San Giovanni che ho conosciuto durante il "concertone" del 1° maggio. Provare a raccontare il lavoro nel contesto attuale, nell'epoca dell'azzeramento di ogni assembramento, è fondamentale. Farlo in un luogo bello e agghiacciante, per il silenzio in cui è confinato, mi sembra contribuisca a creare una dimensione da "monumento civile".

Sarà un racconto-riflessione "alla Massini" che unisce narrazione, teatro e televisione…

L'idea è raccontare l'umanità del lavoro in un luogo deserto e privo di essere umani, con due musicisti che si muovono come zombie, alternati alle immagini di una Firenze deserta, spogliata di colpo dalla vita che l'ha contraddistinta fino all'inizio del lockdown. Per questa commistione di linguaggi, dalla musica alle riprese col drone dall'alto di Firenze, ritengo sia un racconto giusto per il mezzo televisivo.

Sempre in televisione, qualche settimana fa, ha colpito buona parte dell'opinione pubblica e gran parte del settore artistico, il suo racconto sull'inutilità dell'arte. Cosa è successo dopo quell'appello?

Che moltissimi esponenti del mondo dello spettacolo e dell'arte hanno aderito. Nomi importanti, da Vasco Rossi a Carlo Verdone, ma anche l'Assolirica, diversi maestri d'orchestra e tanti, tanti operatori del mondo dello spettacolo dal vivo messi in ginocchio da questa crisi. Si stanno muovendo delle cose, non ancora sufficienti, d'altronde nessuno di noi pretende di sapere se potremmo a breve riaprire San Siro per un mega concerto. Quello che il mondo della cultura sta chiedendo è una prospettiva, un orizzonte, anche temporale. A volte ho la sensazione che il mondo dello spettacolo dal vivo, dei teatri, del cinema, non venga preso in considerazione perché privo di influenze che, per esempio, il mondo dello sport possiede.

In che modo la cultura sarebbero meno ascoltata rispetto al mondo del calcio?

Stefano Massini @Marco Borrelli
Stefano Massini @Marco Borrelli

Non capisco qual è la differenza logica tra il ripartire con il campionato di calcio e non con le produzioni teatrali e televisive. Il cast di uno spettacolo in teatro può essere decisamente meno numeroso di una squadra di calcio. Sia chiaro, non sto dicendo che bisogna forzare le regole. Vorrei soltanto che queste regole valessero per tutti e che fosse data uguale attenzione a ogni settore della vita civile, sociale ed economica del Paese. Lo ripeto: l'arte non è inutile, noi artisti non siamo decorativi e non vorrei che qualcuno cavalcasse quest'idea.

In che senso?

Il mio rimprovero, ancora prima che alla classe politica o ai provvedimenti governativi, va a quelle persone che in fondo ritengono noi artisti dei privilegiati, di cui è possibile fare a meno. Sui social è facile imbattersi in commenti del genere. Un tempo erano delle smorfie, appena accennate, oggi vengono fuori sotto forma di proclami dei più biechi luoghi comuni.

Ciò però ci suggerisce un cambio di rotta. Forse bisogna iniziare a fare e comunicare diversamente il lavoro creativo.

Sì, va corretta la percezione che le persone hanno del nostro lavoro. Dovrà esserci meno protagonismo dell'artista e una maggior visibilità di chi c'è dietro di noi e rende possibile uno spettacolo dal vivo, uno show televisivo, un film. Per realizzare “Sul Lavoro Fondata – Persone, Mestieri, Pensieri” ci sono volute trenta persone, trenta lavoratori, tutti equamente pagati per il loro lavoro. Personalmente ho scelto di non prendere nemmeno un centesimo, per rafforzare questo messaggio.

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Scrittore, sceneggiatore, giornalista. Nato a Napoli nel 1979. Il suo ultimo romanzo è "Le creature" (Rizzoli). Collabora con diverse riviste e quotidiani, è redattore della trasmissione Zazà su Rai Radio 3.
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