I Valori dell’urbanistica in Italia
La mostra “Michele Valori. Abitare le case”, in corso al Maxxi di Roma fino al 17 febbraio 2013, è il racconto di una storia che narra le trasformazioni della nostra penisola attraverso dodici progetti che hanno caratterizzato l’Italia dagli anni Cinquanta agli anni Settanta del Novecento. Quando nel febbraio del 1949, vengono approvati i“Provvedimenti per incrementare l’occupazione operaia. Case per lavoratori” prende avvio il più consistente programma di edilizia pubblica che fino ad allora l’Italia avesse conosciuto, il Piano Ina-Casa. Pochi sono gli anni trascorsi dalla fine del secondo conflitto mondiale e con quel piano si vuole favorire, oltre al rilancio dell'attività edilizia, anche l'assorbimento di un considerevole numero di disoccupati e la costruzione di alloggi per le famiglie a basso reddito, in modo da promuovere la rinascita dell’Italia del dopoguerra.
I quattordici anni di attività del piano Ina-Casa non hanno rappresentato solo una fase significativa della politica economica, ma anche una delle più importanti e diffuse esperienze italiane di realizzazione di edilizia sociale. A migliaia di famiglie le numerose case costruite, alloggi moderni posti entro nuovi nuclei urbani o quartieri, diedero la possibilità di migliorare le proprie condizioni abitative. A urbanisti e architetti italiani i nuovi insediamenti apparvero finalmente come una grande opportunità per dare forma all’espansione delle città italiane e per contrastare quel rapido, incontrollato e frammentario processo di crescita che le stesse stavano già subendo.
I migliori architetti dell'epoca parteciparono ai progetti: da Carlo Aymonino, a Franco Albini, dallo studio BBPR a Castiglioni, da Ignazio Gardella e Pollini a Ettore Sottsass e lo stesso Michele Valori. Il Piano seguiva precise direttive, che si ricollegavano e facevano propria, in primo luogo, la tendenza architettonica prevalente in quel periodo in Italia che era quella del Neorealismo architettonico e cioè di un legame stretto con la tradizione, che portava ad una reinterpretazione del temi razionalisti basata sulla coerenza compositiva dei materiali, delle scelte tecnologiche, dei particolari architettonici, delle interpretazioni sociologiche e psicologiche dell'ambiente costruito e dello spazio architettonico esistente e storico; in secondo luogo, proprio per garantire il ritorno occupazionale, era previsto l'utilizzo, nelle varie fasi realizzative, di imprese locali e di piccoli imprenditori.
Michele Valori fu proprio un esempio di questo impegno. La mostra propone una selezione di progetti e realizzazioni che documentano la poetica di questo importante architetto e illuminato urbanista di origini bolognesi, professore ordinario e direttore dell'Istituto Universitario di Urbanistica presso la Facoltà di Architettura di Roma.
Nella progettazione di un gruppo di residenze multipiano nel Quartiere Tiburtino di Roma (1949/54) i programmi della riqualificazione lo videro al fianco di architetti del calibro di Ludovico Quaroni e Mario Ridolfi . Il quartiere, a circa 7 km dal centro, era composto di edifici formati da diversi tipi edilizi (case-torre, case a schiera, case collettive), collocati in modo da ricreare la contiguità spaziale con la città preindustriale. Le case collettive di Valori propongono una disposizione articolata dei blocchi per permettere la varietà dei punti di vista e la creazione di spazi pubblici. Valori fu anche particolarmente accurato nella definizione dei dettagli delle facciate in modo da contrastare la monotonia dovuta alla semplicità e povertà dei materiali adottati.
Il mio ideale sarebbe quello di fare una piccola casa come la disegnano i bambini, con un portoncino e due finestrine ma in cui tutto sia necessario e proporzionato in modo giusto, appropriato, naturale e senza forzature. Michele Valori
Nell’elaborazione del piano urbanistico del borgo La Martella a Matera (1952/54) si espresse il suo attivismo. La Martella è uno dei rioni sorti nella città in seguito alla legge che aveva disposto lo sfollamento dei Sassi di Matera. I quartieri nati a partire da quella data, progettati per riprendere il più possibile i modelli di vita sociale dei Sassi, furono caratterizzati da ampia dotazione di spazi pubblici, di servizi e da una buona qualità del disegno urbano.
Ne fu un esempio "il progetto per il borgo di Torre Spagnola", ben illustrato nella mostra del Maxxi, vincitore di un concorso nazionale bandito dall’UNRRA Casas (1954), costituito da due serie di case in linea a formare due recinti adiacenti; gli ingressi degli alloggi sono rivolti verso l’interno in modo da creare un grande spazio entro il quale si svolge tutta la vita del borgo. Il progetto di Torre Spagnola di Valori, considerato da Leonardo Benevolo come la migliore invenzione di tutto il neorealismo italiano, non fu però mai eseguito.
I progetti selezionati per la mostra sono il risultato dell'inventario dei documenti presenti nell’Archivio Valori, donato nel 2006 dalla famiglia per le collezioni del MAXXI Architettura, che testimonia l'attività professionale dell'architetto e la sua partecipazione al dibattito sull'architettura e pianificazione in Italia, attraverso disegni originali, documenti, fotografie e modelli .
Gli scritti sono particolarmente rilevanti per la comprensione dell’ opera dell'architetto bolognese e della sua passione civile. Infatti, il tentativo da parte della Gestione INA-Casa di diffondere un certo standard qualitativo a tutti gli interventi si espresse non solo attraverso la selezione dei progettisti, ma anche con la redazione di piccoli manuali con l’intento di guidare la progettazione di alloggi, edifici e quartieri. Si colloca tra questi lo ”Studio del piano urbanistico e progettazione edilizia di un complesso di case economiche Ina-Casa per lavoratori a Civita Castellana, Viterbo 1950”, in cui l’idea di progetto consisteva in tre stecche di edifici, lievemente diverse tra loro, disposte a pettine rispetto alla stecca trasversale destinata ai locali commerciali. Gli edifici hanno una rigida simmetria in pianta e in alzato, il cui asse è segnato dalla scala esterna che serve gli alloggi.
L'allestimento di forte impatto, curato da Susanna Nobili, gioca su colori forti alle pareti e didascalie dai caratteri giganti introducono alla lettura più minuziosa e attenta dei progetti, che risultano essere un argomento non immediato per chiunque. Tra il 1949 e il 1959, Valori si occupò della progettazione del "Complesso di residenze popolari in località Fondo Gravina a Catania" su incarico dell'UNRRA Casas, il fondo delle Nazioni Unite per la ricostruzione postbellica. Le abitazioni erano organizzate secondo il tipo edilizio a galleria e vi si accedeva tramite un corridoio situato tra i due blocchi di cui si componeva il progetto. Al piano terra i vuoti dei pilotis consentono i passaggi pedonali e i piani superiori sono articolati dalle logge che movimentano i prospetti, curati nei materiali e nelle finiture.
Un altro lavoro esposto riguarda il "Quartiere di edilizia economica e popolare Ina-Casa a Contrada Cappuccinelli- Paceco", che vede impegnato Valori tra il 1957 e il 1963. Qui gli alloggi sono accorpati in tre blocchi di edifici a schiera e si attestano attorno a otto corti. Il progetto punta alla ricostituzione dell’unità di vicinato analoga a quella delle comunità agricole. Ma l’attività professionale di Valori non si sofferma solo su uno studio dell’edilizia residenziale pubblica bensì si arricchisce anche di "edifici residenziali dell’Eur" a Roma e dei progetti per "la palazzina di Poggio Ameno" negli anni Sessanta. Il contributo di Valori è stato riconosciuto dalla storia e dalla critica architettonica già durante gli anni della sua attività, infatti è tra i consulenti per la revisione del Piano Regolatore Generale di Roma nel 1962.
A Roma sta succedendo un fatto strano. Tutti occupati, tutti presi dai problemi del Piano Regolatore, gli Architetti non parlano più di Architettura e non parlandone e non scrivendone finiscono col non farne. Sembra che si sia rimandato il problema a un momento più calmo. Ma intanto si costruisce lo stesso, e l'edilizia, quella che sanno fare tutti anche i costruttori pizzicagnoli o i costruttori fabbricanti di caramelle, dilaga ovunque. Michele Valori
Nel decennio successivo affianca Mario Fiorentinonel processo lungo, complesso e assai controverso del "piano di zona IACP Corviale" a Roma.
L'edificio-quartiere Corviale, chiamato anche affettuosamente "Serpentone" dai romani, si trova nella periferia sud-ovest della capitale. Costituito da due stecche, una verticale ed una più piccola e bassa orizzontale, è costruito in acciaio, pannelli di cemento armato e pareti vetrate e conta un totale di 1200 appartamenti. I lavori si arrestarono quando solo la parte residenziale era stata ultimata per il fallimento della stessa impresa costruttiva. Doveva rappresentare un modello di sviluppo abitativo, ma già dopo la consegna delle prime abitazioni nel 1982, avvennero le prime occupazioni abusive da parte di circa settecento famiglie negli spazi comuni del quarto piano, destinato secondo il progetto originario a negozi ed edifici commerciali. Anni di occupazione e totale abbandono hanno ridotto l'edificio in condizioni di degrado e fatiscenza.
Purtroppo questa è stata la sorte di molti quartieri di edilizia sociale progettati nel secondo dopoguerra che col tempo, nella letteratura e nel giudizio comune, sono stati offuscati da alcuni aspri giudizi critici. Il piano Ina-Casa è stato inoltre accusato di essere artefice di marginalizzazione dei ceti sociali più deboli, espressione di un’idea vernacolare dell’abitare e dell’architettura, e d’altro ancora. Non so se la responsabilità va ricercata nell’impegno manchevole dello Stato a completare le costruzioni e realizzarle così come erano state ideate, o nei progetti inadeguati. Per contro alcuni interventi, quelli più noti, sono andati a comporre pagine della storia dell’architettura italiana del secondo Novecento, assurti a modelli abitativi di edilizia pubblica, rappresentativi del valore del singolo rispetto alla società, e di grande sperimentazione moderna.