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“I have a dream” di Martin Luther King compie 50 anni

Il 28 agosto del 1963 davanti a una folla di 250mila persone il leader pacifista Martin Luther King pronuncia lo storico discorso “I have a dream” al Lincoln Memorial di Washington. Dopo oltre cinquant’anni quel discorso parla ancora al cuore dell’America.
A cura di Andrea Esposito
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Il 28 agosto 1963 davanti a una folla di 250mila persone il leader delle battaglie per i diritti civili dei neri d’America, Martin Luther King pronuncia lo storico discorso “I have a dream” al Lincoln Memorial di Washington. Pacifista e grande mediatore Martin Luther King Jr. nasce il 15 gennaio 1929 ad Atlanta (Georgia), nel sud degli Stati Uniti. Suo padre era un predicatore della chiesa battista e sua madre una maestra.

Nel 1948 Martin si trasferisce a Chester (Pennsylvania) dove studia teologia e vince una borsa di studio che gli consente di conseguire il dottorato di filosofia Boston. Nel 1957 fonda la “Southern Christian Leadership Conference” (Sclc), un movimento che si batte per i diritti di tutte le minoranze e che si fonda sulla non-violenza di stampo gandhiano, suggerendo la nozione di resistenza passiva. Il culmine del movimento si ha proprio il 28 agosto 1963 durante la marcia su Washington quando King pronuncia il suo discorso più "I have a dream…"

Sono felice di unirmi a voi in questa che passerà alla storia come la più grande dimostrazione per la libertà nella storia del nostro paese. Cento anni fa un grande americano, alla cui ombra ci leviamo oggi, firmò il Proclama sull’Emancipazione. Questo fondamentale decreto venne come un grande faro di speranza per milioni di schiavi negri che erano stati bruciati sul fuoco dell’avida ingiustizia. Venne come un’alba radiosa a porre termine alla lunga notte della cattività. Ma cento anni dopo, il negro ancora non è libero; cento anni dopo, la vita del negro è ancora purtroppo paralizzata dai ceppi della segregazione e dalle catene della discriminazione; cento anni dopo, il negro ancora vive su un’isola di povertà solitaria in un vasto oceano di prosperità materiale; cento anni dopo; il negro langue ancora ai margini della società americana e si trova esiliato nella sua stessa terra.

Questo discorso (qui la versione integrale) fu pronunciato in chiusura della “marcia per il lavoro e la libertà” organizzata dai movimenti neri contro la mancata approvazione al Congresso, da parte degli Stati del Sud, di un provvedimento firmato dal Presidente Kennedy che sanciva la parità di diritti tra bianchi e neri.

Il 1963 non è una fine, ma un inizio. E coloro che sperano che i negri abbiano bisogno di sfogare un poco le loro tensioni e poi se ne staranno appagati, avranno un rude risveglio, se il paese riprenderà a funzionare come se niente fosse successo. Non ci sarà in America né riposo né tranquillità fino a quando ai negri non saranno concessi i loro diritti di cittadini. I turbini della rivolta continueranno a scuotere le fondamenta della nostra nazione fino a quando non sarà sorto il giorno luminoso della giustizia.

Il discorso di King, insieme con tutte le altre iniziative svolte a partire dalla prima metà degli anni ’50, gli valsero il Premio Nobel per la Pace nel 1964. Fu il coronamento di un percorso di sensibilizzazione dell’opinione pubblica fondato sulla teoria della non violenza, a favore del diritto di voto ai neri e per la parità nei diritti civili e sociali, oltre che per l'abolizione, su un piano più generale, delle forme legali di discriminazione.

Nell’Aprile del 1968 Luther King si reca a Memphis per partecipare ad una marcia a favore degli spazzini della città (sia bianchi sia neri) che erano in sciopero. Mentre si trovava sul balcone dell’albergo con i suoi collaboratori, fu raggiunto da alcuni colpi di fucile sparati dalla casa di fronte: King cadde riverso sulla ringhiera e pochi minuti dopo era morto.

Risuoni quindi la libertà dalle poderose montagne dello stato di New York.
Risuoni la libertà negli alti Allegheny della Pennsylvania.
Risuoni la libertà dalle Montagne Rocciose del Colorado, imbiancate di neve.
Risuoni la libertà dai dolci pendii della California.
Ma non soltanto.
Risuoni la libertà dalla Stone Mountain della Georgia.
Risuoni la libertà dalla Lookout Mountain del Tennessee.
Risuoni la libertà da ogni monte e monticello del Mississippi. Da ogni pendice risuoni la libertà. E quando lasciamo risuonare la libertà, quando le permettiamo di risuonare da ogni villaggio e da ogni borgo, da ogni stato e da ogni città, acceleriamo anche quel giorno in cui tutti i figli di Dio, neri e bianchi, ebrei e gentili, cattolici e protestanti, sapranno unire le mani e cantare con le parole del vecchio spiritual: "Liberi finalmente, liberi finalmente; grazie Dio Onnipotente, siamo liberi finalmente".

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