Un Paese fermo da decenni a discutere di pensione e pensionati – che, per carità, è argomento importantissimo – e mai o quasi mai di bambini e minori, del mondo che stiamo costruendo per loro. Così, a furia di dimenticare e affrontare sul serio la questione giovanile, abbiamo perso di vista anche quella infantile, e così via, di oblio in oblio, stiamo dimenticando persino cosa sia l'infanzia. Un giardino meraviglioso di scoperte, formali e informali, che a volte può trasformarsi in un cerchio dell'orrore.
D'altro canto, nelle politiche pubbliche e persino nei proclami dei governanti di ieri e di oggi non c'è uno straccio di idea per l'infanzia. Per la sua protezione, per il suo sviluppo. Solo pochi operatori sociali, qualche organizzazione istituzionale e poco più. Per il resto l'infanzia è una nebulosa nel dibattito pubblico del Paese di cui non frega niente a nessuno.
Accanto alle mancate politiche per l'infanzia e a un serio dibattito attorno ad essa, ecco un'altra immediata conseguenza: la violenza. Non passa giorno senza i media ci informino di maltrattamenti in questa o quella scuola, asilo, famiglia. Ragazzini ritrovati in condizioni di degrado, di abbandono. Di ieri la notizia dei presunti maltrattamenti in un asilo nido privato in pieno centro, a Torino, nel cuore del Piemonte produttivo e illuminato. Lasciati al freddo e senza cibo per farli ammalare dalla maestre. E come tacere del tragico episodio di qualche giorno fa, a Cardito, in provincia di Napoli, che sta scuotendo le prime pagine di tutti i giornali? Un bambino di soli 7 anni picchiato morte dal compagno della madre, ferita anche la sorellina della vittima, 8 anni.
Da Nord a Sud l'infanzia è vittima dei soprusi degli adulti. Un'Italia davvero unita, non c'è che dire: ma nella violenza.