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I cinque libri sul mare più belli

Nell’assolato agosto i lidi si ripopolano di uomini assetati di lettura e, dolce e consolatorio, lo sciabordare marino ci invita a riscoprire le pagine bagnate dalla più suggestiva prosa blu, così come i più grandi narratori di ciò che accomuna bagnanti, avventurieri e visionari: il mare.
A cura di Luca Marangolo
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Mentre siete a Procida, alla Chiaiolella, immersi dall’arsura agostana, circondati dal tipico verde del mare procidano e da scoscese alture di tufo, oppure distesi nella nera sabbia vulcanica tipica delle spiagge attorno allo Stromboli, nel paesaggio creaturale di Filicudi, nei ritrovi à la page della più esclusiva Sardegna di oggi e di sempre, ricordatevi che potete sempre cavalcare l’onda della prosa letteraria più bella che sia mai stata scritta sul mare: quella distesa immensa e blu che tanto rilassa i vostri occhi, distende i vostri nervi e proietta il vostro spirito, seppur per soli 15 giorni, al di là delle angustie di ogni clausura cittadina e lavorativa. Ancor più se a mare non ci potete andare, aprite le pagine più dense di mimesi marina: romanzi che hanno racchiuso fra le loro righe gli scogli, le conchiglie, stelle marine, pesci coloratissimi, e quant’altro.

Al primo posto fra i libri che meglio di tutti gli altri hanno immerso la loro scrittura e la

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lettura di molti nel mare c’è la seconda avventura di Marcel, il protagonista de la Ricerca del Tempo Perduto; Marcel vive le sue angosce sentimentali nella riviera plumbea ed evanescente di Balbec dove, sul lungomare, l’inquieto protagonista scruta il profilo delle ragazze che incontra, ossessionato di gelosia per il suo futuro amore Albertine, già sospettoso e tormentato per via della passione omosessuale di lei. Ecco un passo da All’ombra delle fanciulle in fiore:

Mi gettavo sul letto; e, come se mi trovassi sulla cuccetta d’una di quelle navi che scorgevo non lontane da me e che, di notte, simili a cigni rabbuiati e silenziosi, ma insonni, ci avrebbero stupiti con il loro lento spostarsi nell’oscurità, da ogni lato mi circondavano immagini marine. A volte l’oceano riempiva quasi tutta la mia finestra, sovrastata da una striscia di cielo il cui limite superiore era, semplicemente, una linea dello stesso azzurro di quello del mare e che, proprio per questo, io credevo essere ancora mare, d’una sfumatura appena diversa dovuta, pensavo, a un effetto di luce. E, a volte, al grigio uniforme del cielo e del mare s’aggiungeva, con raffinatezza squisita, un tocco di rosa… (All’ombra delle fanciulle in fiore. Marcel Proust, trad. it. Giovanni Raboni)

Ma ecco, attraversando la Manica, che ci si imbatte rapidamente in un altro

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grande romanzo modernista, si tratta di Le onde, di Virginia Woolf. Un capolavoro di polifonia, un’opera complessa, spesso ardua e, in verità, dimenticata. Le onde è un testo difficile da descrivere: segnato da un forte sperimentalismo tecnico, costringe il lettore a rompere le barriere fra la coscienza dei personaggi e l’ambiente descritto. In questo, ha forse un analogo contemporaneo solo nell’Ulisse di Joyce (Fra l’altro dalla Woolf letto con sospetto). Ecco l’inizio marino de Le onde:

Avvicinandosi alla spiaggia ogni striscia si sollevava, si gonfiava, si rompeva, ricoprendo la sabbia di un velo sottile d’acqua bianca. L’onda si arrestava, poi si ritirava sibilando, come chi respiri lento, regolare e incosciente nel sonno. Pian piano la striscia scura all’orizzonte si fece più chiara, come se in una vecchia bottiglia di vino il sedimento fosse calato a fondo lasciando il vetro verde trasparente. E dietro, come se pure lì il sedimento bianco fosse sprofondato, o il braccio di una donna distesa sull’orizzonte avesse sollevato una lampada, anche il cielo si schiarì e delle strisce piatte di bianco, di verde e di giallo si propagarono nell’aria a lama di ventaglio. (Le onde, Virginia Woolf, trad. it. Nadia Fusini)

È ora di mutare orizzonte, dalle argentee increspature delle acque nord-europee, per chi ha altri gusti, possiamo spostarci a sud nel blu intenso del Tirreno, e prendiamolo dalle spiagge, popolate dalle figure borghesi in vacanza negli anni dorati del boom, descritte così eccellentemente da Moravia in un suo piccolo capolavoro, Agostino. Il grande critico russo Victor Sklovskij ha coniato un concetto perfetto per questo romanzo: straniamento. Per come lo intendeva lui, lo straniamento è la capacità di farci vivere la storia “dal di dentro” facendoci percepire la spazialità e la temporalità della vicenda narrata. Vicenda marina, va da sé:

Nei primi giorni d’estate, Agostino e sua madre uscivano tutte le mattine sul mare in pattino. Le prime volte, la madre aveva fatto venire anche un marinaio, ma Agostino aveva mostrato per così chiari segni che la presenza dell’uomo l’annoiava, che da allora i remi furono affidati a lui. Egli remava con un piacere profondo su quel mare calmo e diafano del primo mattino e la madre, seduta di fronte a lui, gli discorreva pianamente, lieta e serena come il mare e il cielo, proprio come se lui fosse stato un uomo e non un ragazzo di tredici anni. Come un uomo, non poté fare a meno di pensare prima di addormentarsi. Ma non era un uomo; e molto tempo infelice sarebbe passato prima che lo fosse. (Agostino, Alberto Moravia)

Da questo mare che già ci parla di innocenza perduta e promette un'incredibile storia,

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passiamo ora ad un mare profondamente diverso. In quest'elenco non si poteva non menzionare lo spazio narrativo per eccellenza di Joseph Conrad, per cui la distesa marina è il riflesso delle contraddizioni più intime dei personaggi epici che campeggiano nelle sue avventure, un mare epico, denso di impressioni, pronto a dispiegare davanti ai viaggiatori irrequieti incredibili vicende e misteri. Qui la spedizione di Cuore di Tenebra salpa da Londra:

La Nellie ruotò sull'ancora senza far oscillare le vele e restò immobile. La marea si era alzata il vento era quasi caduto e dovendo ridiscendere il fiume non ci restava che ormeggiare aspettando il riflusso. L'estuario del Tamigi si apriva davanti a noi simile all'imbocco di un interminabile viale. Al largo il cielo e il mare si univano confondendosi e nello spazio luminoso le vele color ruggine delle chiatte che risalivano il fiume lasciandosi trasportare dalla marea sembravano ferme in rossi sciami di tela tesa tra il luccichio di aste verniciate. Una bruma riposava sulle sponde basse le cui sagome fuggenti si perdevano nel mare. L'aria era cupa sopra Gravesend e più indietro ancora sembrava addensarsi in una desolata oscurità che incombeva immobile sulla più grande e la più illustre città del mondo. (Cuore di Tenebra, trad. it. Luisa Saraval)

E infine, immancabile, inarrivabile, imperdibile è il mare mistico di Moby Dick, un mare-enciclopedia che racchiude tantissime storie, continua allegoria della condizione di coloro che lo solcano, che vivono un continuo pellegrinaggio e attendono che dalla sua pallida ed uniforme distesa si erga l’immagine demoniaca del mostro che stanno cacciando, incarnazione di ogni male:

C’è non si sa quale dolce mistero intorno a questo mare, le cui increspature leggere e paurose sembrano parlare di uno spirito nascosto, come i favoleggianti ondeggiamenti della zolla d’Efeso sopra il sepolto evangelista San Giovanni. Ed è giusto che su questi pascoli marini, su queste larghe praterie d’acqua, su questi camposanti dei quattro continenti, le onde si innalzino e ricadano, fluiscano e rifluiscano senza posa; poiché qui milioni di spiriti e di ombre mescolati, di sogni annegati, di sonnambulismi, di fantasticherie, tutto ciò che chiamiamo anime ed esistenze, giacciono sognando, sognando sempre, agitandosi come dormienti in un letto; le onde incessanti rese tali soltanto dall’irrequietezza di costoro. (Moby Dick, trad. it. Cesare Pavese)

È vero che i testi che avremmo potuto scegliere sono infiniti. Non abbiamo menzionato Hemingway, né Valéry, né le splendide marine di altri romanzi di Virginia Woolf come Gita al Faro, né tanto meno la spettacolare pesca subacquea che apre quel classico moderno che è Ferito a Morte di Raffaele La Capria, o la Rimini di Tondelli, per non parlare del mare epico e denso di relitti di Horcynus Orca di d’Arrigo, della Marsiglia di Jean Claude Izzo… ma ecco, abbiamo dato l’idea di alcuni dei tanti mari che ondeggiano nella letteratura mondiale.

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