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I ‘Bachi da setola’ di Pino Pascali tornano a casa, a L’Attico di Sargentini

Nella galleria romana di via del Paradiso, Sargentini ripropone l’allestimento originale degli storici ‘bachi da setola’ di Pino Pascali, che ritornano così, poeticamente, al loro bozzolo.
A cura di Gabriella Valente
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PinoPascali_Cinque bachi da setola e un bozzolo_L'Attico_2013

È un’opportunità unica quella che Fabio Sargentini, gallerista, regista e scrittore romano, propone nella sua galleria L’Attico; un tuffo nel passato per vedere, o rivedere, a distanza di quasi cinquant’anni, l’allestimento originario di una mostra epocale: “Cinque bachi da setola e un bozzolo”, opera geniale del grande Pino Pascali, l’enfant terrible degli anni ’60.

Pascali_Bachi da setola_L'Attico

Trattando di Pascali e i suoi ‘Bachi da setola’, di Sargentini e L’Attico, siamo alle prese con personaggi, opere e luoghi che hanno davvero segnato la storia dell’arte, e con eventi che sono già narrati in libri e manuali. “Il sodalizio terreno, umano e artistico” tra Pascali e Sargentini dura solo due anni, dal ’66 al ’68, interrotto com’è dalla tragica morte dell’artista, appena trentatreenne, in un incidente stradale. È un sodalizio breve ma prezioso, come la carriera fulminea e incisiva dell’artista pugliese originario di Polignano a Mare, che, dopo un enorme successo in campo pubblicitario e come scenografo per la tv, nel ’65, a 30 anni, espone le originali opere scultoree che l’hanno reso famoso, approdando l’anno dopo alla galleria di Sargentini.

Pino Pascali è apparso come una presenza irrequieta e ribelle nel fervente panorama artistico della Roma degli anni ’60: vicino a Boetti, Schifano, Paolini, Mauri, Festa, Kounellis e gli altri celebri esponenti dei gruppi dell’Arte Povera o della Pop romana, e influenzato dalle tendenze straniere come New Dada, Pop Art, Land Art o Arte Concettuale, risulta comunque difficilmente collocabile nell’una o nell’altra corrente artistica.

Pino Pascali_Balena

L’arte è invenzione, simulazione, spettacolo ambiguo e gioco fantasioso. Sulla base di queste idee, Pascali crea un singolarissimo immaginario visivo, dove la fusione tra cultura di massa e antica cultura mediterranea è guidata da un chiaro spirito ludico e ironico, generatore di un’atmosfera decisamente surreale. Nasce un mondo di forme giganti che riproducono frammenti di corpi di donna, strumenti di guerra, elementi della natura o animali, utilizzando materiali poveri, fragili, di scarto o di uso quotidiano e mettendo in pratica tecniche di assemblaggio artigianali. In questo universo sovradimensionato, rosse labbra di donna emergono prepotentemente da una tela tridimensionale sagomata, code di balene o delfini aggettano dalle pareti o dai pavimenti, armi costruite con tubi idraulici e rottami minacciano fintamente gli spettatori, onde di plastica posate in terra riproducono il mare. A farla da padrone sono l’ironia, l’illusione, l’ambiguità con cui l’artista riproduce artificialmente elementi naturali e noti, svuotandoli (anche letteralmente perché si tratta di sculture vuote e perciò leggere) del loro significato comune e proponendo un diversivo, un sarcastico cambio di prospettiva che favorisce la conoscenza.

…Non credo che uno scultore faccia un lavoro pesante: gioca. Non è che il gioco sia solo quello dei bambini, è tutto un gioco, no?…Anche i bambini giocano seriamente, è un sistema conoscitivo, i loro giochi sono fatti proprio per sperimentare le cose, per conoscerle e nello stesso tempo per andare oltre…

Cinque bachi da setole e un bozzolo mostra Bachi da setola e altri lavori in corso L'Attico Roma 1968

I ‘Bachi da setola’ rientrano appieno nel tentativo ludico di proporre allo spettatore una prospettiva altra. Essi fanno parte del ciclo degli animali, quelle opere che l’artista stesso definiva “finte sculture”, ambigue rappresentazioni generate da ironiche metamorfosi formali e linguistiche. I cinque enormi bachi nascono dall’assemblaggio di tante spazzole dalle setole di nylon colorate, e con la loro presenza aggressiva invadono lo spazio in cui sono ospitati. Nella primavera del 1968 fecero il loro esordio italiano a L’Attico, nella sede storica di piazza di Spagna, con la mostra “Bachi da setola e altri lavori in corso”; durante gli anni, hanno strisciato per gallerie e musei di tutto il mondo, in allestimenti diversi; oggi, dopo 45 anni, tornano da Sargentini nella medesima speciale presentazione degli esordi che vide la creazione, improvvisata ma così necessaria, di una ragnatela-bozzolo sulla parete, una concrezione bianca evanescente che ravviva e completa il senso dell’opera.

Manifesto_Bachi da setola e altri lavori in corso_Pascali_L 'Attico 1968

È il gallerista stesso a raccontare di quell’allestimento: “Lo spazio espositivo, con le pareti alte e bianche e i bachi striscianti al suolo, parve a Pino sguarnito. Prese così una decisione improvvisa. Con un compressore azionato ad alta velocità spruzzò una sostanza collosa, liquida che si rapprese sulla parete in una strana forma simile ad una ragnatela”. Sorretto da invisibili fili di nylon, all’incrocio tra due pareti, un lieve triangolo bianco intessuto e dall’apparenza soffice diventa la meta dei bachi da seta. È un bozzolo, da cui le larve sono nate o al quale fanno ritorno, che apre nuove strade interpretative, pur essendo nato per esigenze formali. Dopo anni in cui i bachi sono stati esibiti autonomamente, senza il loro nido, Sargentini ha voluto ricreare quella tessitura: “li vedevo un po' annaspare nello spazio vuoto, diretti verso il nulla, sgomenti per aver perso la strada di casa”. E per questo ha ricostruito, con l’aiuto dell’artista Claudio Palmieri, la ragnatela-bozzolo: “La ragnatela, sinonimo di morte, il bozzolo, di vita che rinasce. Entrambi gli aspetti, ne sono convinto, coesistono in questo lavoro di Pascali”.

La stanza della galleria di via del Paradiso che accoglie i ‘bachi da setola’ ha tre accessi; le tre soglie costituiscono i punti di vista diversi da cui osservare una scena che sembra in alta definizione, con il bianco abbagliante delle luci, delle pareti e della ragnatela, contrastante con il nero intenso e lucido del pavimento, su cui spiccano i vividi colori psichedelici delle setole.

Manifesto per il film SKMP2 di Luca Patella

Con “SKMP2” si completa l’omaggio de L’Attico a Pino Pascali. “SKMP2 – Sargentini Kounellis Mattiacci Pascali Patella” è un “reportage ironico-visuale”, sperimentale e d’avanguardia, girato da Luca Patella nel 1968. Diviso in episodi, ognuno dei quali dedicato a un artista intento in una performance, riprende Pascali sulla spiaggia di Fregene in poetiche azioni di un “rituale di fertilità”, che lo vede emergere dalla sabbia, piantare filoni di pane, tagliare l’acqua con un paio di forbici, baciare la testa di una statua classica e poi affogarla in mare. Scene intense, velate di una sottile malinconia, ma evidentemente figlie dell’inconfondibile sarcasmo pascaliano.

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