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I 5 testi più poetici della storia di Sanremo

A partire dal 1951, anno della sua prima edizione, il Festival di Sanremo ha ospitato artisti che hanno scritto e interpretato i più bei brani della musica italiana. Alcune di queste canzoni sono così amate da non venire più associate al festival, sono semplicemente sentite come fra le più belle del repertorio italiano, eppure la storia del loro intramontabile successo è iniziata a Sanremo. Ecco i testi più poetici e memorabili.
A cura di Silvia Buffo
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mai martini
Un ritratto di "Mia Martini"

L'intramontabile Festival di Sanremo è giunto alla sessantaseiesima edizione, da molti criticato, da moltissimi amato, resta la più importante manifestazione della musica italiana, il traguardo più ambito per vecchi e nuovi artisti. Ogni edizione incide, cambia e modifica il panorama della musica italiana. Attraverso aneddoti, testi e partecipazioni speciali, sono tantissime le curiosità legate ad esso: sarà inevitabile per i veri amanti della musica italiana, in occasione di ogni attesissima edizione, fare salti nella memoria per ricordare le più belle canzoni che hanno fatto la storia del festival e della musica italiana. Anche solo selezionarne qualcuna non è facile perché sono tantissime quelle che si lasciano inevitabilmente ricordare, alcuni dei loro testi sono caratterizzati da una vera e propria connotazione poetica e letteraria, eccone 5 fra i più emblematici:

1."Ciao amore ciao" di Luigi Tenco

La canzone, con cui Tenco, al fianco della sua compagna Dalida, partecipò al festival nel 1967, appare quasi come una poesia piena di allegorie e metafore affidate all'interpretazione di un cantautore che non è mai stato dimenticato ma in quell'edizione non fu affatto valorizzato dalla giuria.

La solita strada, bianca come il sale
il grano da crescere, i campi da arare.
Guardare ogni giorno
se piove o c'e' il sole,
per saper se domani
si vive o si muore
e un bel giorno dire basta e andare via.
Ciao amore,
ciao amore, ciao amore ciao.
Ciao amore,
ciao amore, ciao amore ciao.
Andare via lontano
a cercare un altro mondo
dire addio al cortile,
andarsene sognando.
E poi mille strade grigie come il fumo
in un mondo di luci sentirsi nessuno.
Saltare cent'anni in un giorno solo,
dai carri dei campi
agli aerei nel cielo.

Versi dalla forte valenza simbolica, già dai primissimi si evince la stanchezza di una persona ormai insofferente alla vita rurale, affranta dalla sua monotonia e dal dovere del lavoro nei campi, il cui ritmo sembra essere scandito esclusivamente da quel "guardare ogni giorno se piove o c'è il sole", a cui la vita stessa sembra essere indissolubilmente vincolata. Da qui nasce quel senso di evasione, la forza di dire "basta e andare via" per inseguire nuovi sogni a costo di lasciare la persona amata. Ed ecco emergere nel testo il contrasto con un mondo nuovo in cui però si avverte un disagio differente che si esterna in frasi molto significative come "in un mondo di luci, sentirsi nessuno", parole che evocano quella solitudine, malinconia e inconfondibile languore dell'animo di Tenco che lo ha reso così unico. "Saltare cent'anni in un giorno solo, dai carri dei campi agli aerei nel cielo" è forse questo il verso più emblematico della canzone, che accentua la dicotomia fra due mondi differenti, due mondi distanti che creano un'inquietudine diversa nell'animo. Purtroppo questa canzone sarà per sempre associata al suicidio di Tenco, avvenuto a Sanremo il 27 gennaio 1967 dopo l'esclusione dalla finale del Festival. Il brano aveva infatti ottenuto dalle giurie soltanto 38 voti su 900 e fu poi escluso dal ripescaggio dalla commissione di “esperti”.

2. "Almeno tu nell'universo" di Mia Martini

Scritto da Bruno Lauzi e Maurizio Fabrizio nel 1972, rimase "nel cassetto" per anni perché il contenuto fu ritenuto troppo avanti per quel periodo. Depositato soltanto nel 1979, restò inedito a lungo, in quanto Lauzi desiderava che a cantarlo per primo fosse proprio Mimì. Nel 1989, la canzone fu infine ripescata e incisa da Mia Martini, che la presentò al Festival di Sanremo di quell'anno, ottenendo il Premio della Critica e una gran quantità di apprezzamenti da parte del pubblico.

Sai, la gente è strana prima si odia e poi si ama
cambia idea improvvisamente, prima la verità poi mentirà lui
senza serietà, come fosse niente…
sai la gente è matta forse è troppo insoddisfatta
segue il mondo ciecamente
quando la moda cambia, lei pure cambia
continuamente e scioccamente…
Tu, tu che sei diverso, almeno tu nell'universo,
un punto sei, che non ruota mai intorno a me
un sole che splende per me soltanto
come un diamante in mezzo al cuore.

Il testo è fra i più poetici e riflessivi della storia del Festival: mette a fuoco alcuni aspetti negativi della società contemporanea come l'incoerenza della gente, intesa come amorfa e indistinta massa di persone, ma anche la sua ipocrisia, il fatto di seguire ‘ciecamente' le mode, dalle quali si lascia ‘scioccamente' dominare. Questi lunghi avverbi al centro dei versi accentuano il senso di recidività e irrimediabilità di questo assurdo atteggiamento della gente, all'interno della cui massa informe emerge un ‘sole' che, seppur non ruoti attorno al soggetto, ‘spende', ‘ come un diamante in mezzo al cuore'. Un'immagine che evoca la speranza di riuscire, in un mondo asettico e spersonificato, ancora ad amare, una persona differente che è così sublimata da esser percepita unica nell'intero ‘universo', dimensione che rende aulico e spirituale quel ‘lui' in un forte connubio fra passionalità, speranza e dolce romanticismo.

3. "Ancora" di Eduardo De Crescenzo

"Ancora" è forse la più bella canzone d'amore di tutti i tempi, con il brano presentato all'edizione del 1981, il cantautore si aggiudicò il premio per la migliore interpretazione. Le parole sono bellissime, infuocate e struggenti descrivono il senso di disperazione dell'essere lasciati e di continuare ad amare comunque incondizionatamente, senza una via di uscita possibile all'inguaribile condizione dell'amore. In particolare i primi versi che introducono la canzone, denotano uno stato di agitazione che sfocia quasi in un senso di pazzia:

È notte alta e sono sveglio
e mi rivesto e mi rispoglio
mi fa smaniare questa voglia
che prima o poi farò lo sbaglio
di fare il pazzo venir sotto casa
tirare sassi alla finestra accesa
prendere a calci la tua porta chiusa, chiusa…..

Quella ‘porta chiusa', presa a calci, è quella barriera alzata categoricamente dalla donna amata, come anche quella ‘finestra accesa', presa a sassi, da dove lui intravede la luce di colei che vuole riavere a tutti i costi.

Ancora… ancora …ancora…
perché io da quella sera
non ho fatto più l'amore senza te
e non me ne frega niente senza te
anche se incontrassi un angelo direi
non mi fai volare in alto quanto lei…

‘Ancora' è un'implorazione al ritorno, un rifugio nell'assoluta non accettazione della fine, quella dell'impossibilità di poter amare un'altra, l'autore sottolinea il folgorante ricordo di una notte d'amore, l'ultima da lui vissuta, che sarebbe irripetibile con chiunque altra poiché nessuna, neanche ‘un angelo', potrà essere in grado di farlo ‘volare in alto quanto lei'.

4. "Replay" di Samuele Bersani

Samuele Bersani
Samuele Bersani

Testo estremamente poetico anche per il suo forte ermetismo, per le sue metafore visionarie, per la sua semantica libera e per l'atmosfera ancestrale e soffusa che ne evoca. Con questa sua canzone Bersani ha partecipato all'edizione di Sanremo 2000: era la sua prima partecipazione al festival, classificandosi quinto e ottenendo il Premio della Critica del Festival della canzone italiana "Mia Martini". Eccone alcuni dei più suggestivi versi:

Cadono le stelle e sono cieco
e dove cadono non so
cercherò, proverò, davvero
ad avere sempre su di me il profumo delle mani
riuscire a fare sogni tridimensionali
non chiedere mai niente al mondo
solo te
come una cosa che non c'è
cercando dappertutto anche in me
ti vedo…

Sono parole che descrivono uno spazio fisico fantastico e indefinito e che lui non riesce nemmeno bene a guardare: ‘cadono le stelle e sono cieco e dove cadono non so', è questa quella dimensione non temporale in cui si ritrova, all'interno della quale l'autore mette in risalto l'immagine di quella ‘lei' che è onnipresente, che vede ‘dappertutto', anche all'interno di se stesso, per questo il testo appare intimistico e introspettivo, a tratti onirico e surreale quando si esterna quella titanica voglia di ‘riuscire a fare sogni tridimensionali'.

5. "Dimmi che non vuoi morire" di Patty Pravo

pravo
Un ritratto di Patty Pravo

Canzone, scritta da Vasco Rossi e da Roberto Ferri, con cui Patty Pravo partecipò a Sanremo nel '97, si contraddistingue e si lascia ricordare per l'eleganza dell'interpretazione e per la bellezza di musica e parole che lasciano un senso di speranza e di volontà nel poter cambiare la propria vita anche quando essa sembra di aver incredibilmente deluso. Questi sono i versi più significativi e resi unici da quel tipico stile dell'artista, fra anticonformismo e eccentricità:

Tutti quanti sono degli eroi
quando vogliono qualcosa… beh
lo chiedono lo sai
a chi può sentirli…
La cambio io la vita che
non ce la fa a cambiare me
bevi qualcosa
cosa volevi
vuoi far l'amore con me

La cambio io la vita che
che mi ha deluso più di te
portami al mare
fammi sognare
E Dimmi Che Non Vuoi Morire!

Nel testo appaiono elementi di delusione ma anche di saggezza, di profonda esperienza legata alla vita che delude, quella vita dove ‘tutti' si pongono come fossero ‘eroi' ma ‘quando chiedono qualcosa' a chi può essere sensibile alle loro richieste. Emerge quello ‘spleen', quella voglia di cambiare una vita che non è in grado di cambiare chi la vive. Emergono piccoli gesti per inaugurare quest'atto di volontà, un desiderio di cambiamento, come quell'invito a ‘bere' o quello di ‘fare l'amore', riferiti ad un interlocutore che, come la vita stessa, ha deluso, ma che ora è improvvisamente visto da una prospettiva differente. Ed ancora l'invito ad essere portati al ‘mare', come ritorno agli elementi primordiali della vita, in grado di far sognare ancora, di far tornare a vivere, una voglia che però non si riesce ad avere da soli: si ha bisogno di essere in due ed è così che termina il testo, con un incisivo ‘Dimmi che non vuoi morire'.

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