I 5 discorsi più belli mai fatti a un ragazzo
Le parole, i libri e la musica divengono "classici" se riescono a parlare a chiunque, in qualsiasi momento. Alcuni romanzi sono diventati simboli per chi all'epoca aveva vent'anni, altri hanno inventato il modo stesso in cui quella generazione si è rapportata al proprio presente. Chi oggi ha trent'anni, ma anche chi ne ha sessanta…ognuno di noi ha sicuramente vissuto la voce di qualcuno che ha saputo cogliere pienamente il proprio tempo: romanzi come "On the road" hanno descritto e sognato vie di fuga, i Beatles hanno cantato facendo impazzire prima gli Stati Uniti e poi tutto il mondo, la poesia simbolista la sua realtà l'ha addirittura inventata. Vi proponiamo alcuni brevi frammenti di “discorsi” che in diversi periodi, in musica o in immagini, hanno parlato al mondo dei giovani, e in alcuni casi, lo hanno rivoluzionato.
1. On the road con Jack Kerouac
Danzavano lungo le strade leggeri come piume, e io arrancavo loro appresso come ho fatto tutta la mia vita con la gente che m'interessa, perché per me l'unica gente possibile sono i pazzi, pazzi di vita, pazzi per parlare, pazzi per essere salvati, vogliosi di ogni cosa allo stesso tempo, quelli che mai sbadigliano o dicono un luogo comune, ma bruciano, bruciano, bruciano come favolosi fuochi d'artificio color giallo che esplodono come ragni attraverso le stelle e nel mezzo si vede la luce azzurra dello scoppio centrale e tutti fanno "Ooohhh!"
Kerouac comincia così il suo romanzo, nel 1950. Lo scrive tutto in un solo giorno su un rotolo da telescrivente, e lo offre poi a tre editori diversi. Lo rifiuteranno tutti. Lasciato nei cassetti della Viking Press, è solo grazie a Malcolm Cowley, grandissimo intellettuale della Generazione Perduta, che il romanzo viene pubblicato nel 1957, ben sette anni dopo. Un romanzo strano, un tuono nel cielo sereno borghese dell'americano medio. E infatti, questo testo non era destinato a lui, ma a loro: ad inventare l'espressione "beat" è stato Kerouac, che forse, ha inventato anche un po' quella generation. L'ha inventata proprio grazie a quei sette anni di viaggio raccontati in "Sulla strada": attraverso un Paese desolato e sconfitto dal militarismo e dal consumismo, tramortito dalla Guerra Fredda e dalle proibizioni di McCarthy, un giovane può comunque decidere che riappropriarsi di quei grandi spazi è possibile. Ed entro il 1998 il libro venderà tre milioni di copie. Da questa forza sono nati gli anni Sessanta con le loro ribellioni e la loro ansia di trasformare il mondo. Divori “Sulla strada”, e quel libro divora te. Non c'è scampo. Ti prende allo stomaco e al cuore l'irrequietezza di Dean; e vorresti capire in un giorno solo quello che sarà il tuo viaggio.
Dobbiamo andare e non fermarci finché non siamo arrivati…
Dove andiamo?
Non lo so, ma dobbiamo andare.
2. Hey Jude, disse Paul
Sintetizzare i Beatles in un'unica, sola canzone che rappresenti il modo in cui hanno saputo parlare ai giovani di tutto il mondo in quel decennio folle, che ha visto esplodere una vera e propria mania per i quattro ragazzi di Liverpool, è impossibile. I Beatles hanno dimostrato che essere giovani, in quel particolare momento storico, poteva essere molto di più che una semplice condizione anagrafica, poteva essere il modo per far nascere una nuova visione del mondo. Se "Yesterday" e "All You Need is Love" hanno parlato di un riscatto generazionale che, anche grazie a loro, è arrivato, "Hey Jude" è forse la canzone più intima e meno pretenziosa dei Fab Four. Scritta da Paul McCartney per il piccolo Julian, il primo figlio di John Lennon, i suoi versi risuonano come le parole di un fratello maggiore che cerca di tranquillizzare il piccolo nel momento difficile del divorzio dei suoi genitori. Al di là delle vicende biografiche e anche controverse che girano attorno al pezzo, i 7 minuti e più dell' inconfondibile canzone racchiudono parole di una semplicità disarmante. Prendi una canzone, falla tua e rendila migliore; falla entrare nel tuo cuore e tutto potrà andare meglio. Non avere paura, se tutto ti sembra brutto è solo perché stai aspettando qualcuno con cui cantarla: non sai però, che quel qualcuno puoi essere soltanto tu, e la forza di cui hai bisogno è sulle tue spalle. Hey Jude, you'll do.
3. The Dead Poets Society
Il professor Keating ha saputo ispirare i suoi indimenticabili ragazzi sussurrando loro Orazio. Neil, Todd, Charlie, ma non solo. Le sue parole ripetono lo "zio Walt", Walt Whitman, il grande poeta di "Foglie d'erba". Lo stesso che interrogandosi su che cosa mai di buono potesse esserci nella vita aveva risposto:
Che tu sei qui che esistono la vita e l' individuo,
che il potente spettacolo continua, e che tu puoi contribuirvi con un tuo verso.
"The dead poets society", diretto da Peter Weir e con uno straordinario Robin Williams, ha saputo trasformare una frase che per la sua immediatezza è divenuta quasi scontata: "carpe diem", cogli l'attimo.
L'ha trasformata in un ritornello che non si esaurisce mai, continuamente riflesso nelle infinite possibilità e storie raccontate dai protagonisti. L'ultima scena, la più memorabile, conclude magnificamente la riflessione che è poi la chiave interpretativa del film: che a volte le cose più semplici sono le più complesse da capire, e costano tanti, tanti sacrifici.
4."Lettere a un giovane poeta"
Tra il 1903 e il 1908 Franz Kappus, un giovane allievo dell'accademia militare di Wiener Neustadt, invia a Rainer Maria Rilke alcune sue poesie. È chiuso in una delle accademie militari più dure, ma il suo cuore vuole scrivere poesia. Inizia così una corrispondenza intensa, un vero e proprio dialogo fra maestro e allievo, fra l'uomo e il fanciullo; fra il poeta e il suo io. Timido, insicuro e costretto alla vita militare, Franz si chiede come possa diventare quello che sente di essere, ovvero, un poeta. Questa è una delle opere considerate minori, e senz'altro la meno conosciuta, di un poeta come Rainer Maria Rilke, ma forse, resta uno dei discorsi più appassionati alla poesia e alla vita che siano mai stati scritti.
Sei così giovane, così nuovo ad ogni inizio, e io vorrei pregarti come posso di essere paziente verso tutto l'insoluto nel tuo cuore, e di tentare di amare le domande stesse come stanze chiuse, e come libri scritti in una lingua molto estranea. Non ricercare ora le risposte, che non potrebbero esserti date perché non le potresti vivere. Mentre si tratta appunto di vivere tutto. Ora vivi le domande. Forse così a poco a poco, insensibilmente, ti troverai un giorno lontano a vivere la risposta.
5. "Bukowski, detto Gambe d'Elefante, il fallito"
Diceva di essere nato con molto più della quota di peccato originale che tocca a tutti. Gettava continuamente roba fuori dalle finestre, beveva fino a vomitare, e ha scritto per Hustler. Il suo lavoro è volgare, doloroso e pieno di immagini dure e carnali. Nelle migliaia di poesie che ha pubblicato, i soggetti sono il lavoro, le donne, la vita urbana, le difficoltà, i fiori, il bere, la scrittura e l'arte, il fallimento, i cavalli e il gioco d'azzardo, le auto e la guida, la musica classica, e la morte. Tutta una vita, insomma. I suoi pensieri sono stati ossessivi e ripetitivi. Le sue poesie sono spesso narrazioni piene di conversazioni, e la celebrazione delle sue esperienze dirette sono sempre accompagnate da un uso intimo di un "io", che a volte sa essere di meraviglia, a volte una maledizione. Questo, se volessimo fare un resoconto di ciò che è stato Charles Bukowski, se volessimo sapere perché, ancora oggi, sa essere un vero e proprio mito. La sua scrittura è come abbracciare ciò che non possiamo controllare o ciò che abbiamo aspettato troppo a lungo per evitare. Non ha scritto solo per l'operaio della classe operaia, ma per tutti coloro che nella vita hanno "deragliato", ad un certo punto. La sua voce ha parlato dei sognatori americani, che a sognare, proprio non ci riescono. Ha parlato a quelli che sbagliano più e più e più volte, che però, in qualche modo, barcollando, si rialzano sempre.
ma io non so proprio
che cosa fare
dei fiori morti
di me stesso,
se buttarli via
fuori dal vaso
oppure
schiaffarli in mezzo a queste pagine bianche
e andare avanti.