Gli Indifferenti: 90 anni fa Alberto Moravia pubblicava il suo primo romanzo
A soli ventidue anni Alberto Moravia pubblica “Gli Indifferenti”. Siamo nel 1929, l’Italia è fascista ma non è ancora in guerra, e lo scrittore romano è reduce da lunghi anni di sofferenze e isolamento causati da una tubercolosi ossea che lo costringe a letto dall'età di nove anni. Moravia aveva avuto molto tempo per leggere Proust e Dostoevskij, e per osservare l’ambiente borghese che lo circondava: da tutto questo nasce il suo romanzo d’esordio, divenuto un classico, pubblicato ormai novant'anni fa.
La famiglia Ardengo è una famiglia alto borghese sull'orlo del declino: la madre Mariagrazia e i due figli, Carla e Michele, subiscono passivamente la propria condizione decadente fatta di un’amante interessato solo al denaro, tentativi di violenza taciuti e affetti inautentici. Moravia intreccia costantemente il piano personale di ognuno con quello sociale, riuscendo così a restituire un ritratto, aspro e critico, della borghesia dell’epoca: “Gli Indifferenti” è in questo senso un romanzo profondamente antiborghese, nato però, come affermò lo stesso autore, semplicemente dalla volontà di raccontare un ambiente che lui conosceva molto bene.
“La borghesia fece il resto”: è la natura stessa del tipo di società descritta da Moravia che attira su di sé la condanna. Inerzia e inettitudine sono il germe di una malattia interiore che ogni personaggio porta dentro di sé e che, paradossalmente, diviene l’unica cosa autentica del loro essere: è l’indifferenza l’unico vero elemento di autenticità in un ambiente come quello descritto da Moravia la cui sopravvivenza è dettata da un profondo, e niente affatto inconsapevole, spirito autodistruttivo.
Un disgusto opaco l'opprimeva; i suoi pensieri non erano che aridità, deserto; nessuna fede, nessuna speranza alla cui ombra riposare e rinfrescarsi; la falsità e l'abbiezione di cui aveva pieno l'animo egli le vedeva negli altri, sempre, impossibile strapparsi dagli occhi quello sguardo scoraggiato, impuro che si frapponeva tra lui e la vita; un po' di sincerità, si ripeteva (…).
Una sincerità che, nei personaggi descritti da Moravia, non ci sarà mai: lo stesso finale del romanzo resta sospeso, con una decisione che cambierà per sempre la vita di uno dei personaggi che viene lasciata non detta, taciuta anche alla propria famiglia. È questo il sentimento che caratterizza l’intero racconto, se di “sentimento” si può parlare nel caso dell’indifferenza: incapaci di provare emozioni e passioni autentiche, anestetizzati da una società borghese e convenzionale, i personaggi di Moravia vivono la loro vita nella passività e nella totale incapacità di dar forma concreta alle proprie aspirazioni e, anche, alle proprie contraddizioni.
Nonostante la forte istanza critica, o forse proprio grazie ad essa, il libro ebbe subito un immediato successo, divenendo un vero e proprio classico della letteratura esistenzialista, anticipandone i temi. Nel 1964 dal romanzo venne tratto anche un film, diretto da Francesco Maselli e con Claudia Cardinale e Rod Steiger.