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Gli Eiffel 65 tornano con Bertè: “Considerati di serie B, l’ossessione per la musica ci ha aiutato”

Gli Eiffel 65 sono ritornati, lo scorso 24 maggio, con il loro nuovo singolo Bestiale, in collaborazione con Loredana Bertè. Qui l’intervista.
A cura di Vincenzo Nasto
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Eiffel 65
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Lo scorso 24 maggio, gli Eiffel 65 sono ritornati con un nuovo singolo, questa volta in compagnia di Loredana Bertè, dal titolo Bestiale. Un progetto nato pochi giorni dopo il loro ritorno al Festival di Sanremo, questa volta come ospiti di Fred De Palma, durante la serata cover, a 21 anni dalla loro partecipazione con Quelli che non hanno età. La musica per Jeffrey e Maury continua a essere "un'ossessione", parte di un rapporto con la propria sensibilità che negli anni i due autori hanno affinato: "È una dimensione umana e devi essere predisposto per quella cosa. È un po' come l'orecchio assoluto e relativo, se non senti determinate cose non riesci a identificarle". Qui l'intervista agli Eiffel 65.

Quando nasce Bestiale?

Jeffrey: È nata subito post-Sanremo. Ci siamo messi a lavorare in studio e abbiamo registrato tre demo. Una di queste è piaciuta e l'hanno proposto a Loredana. Si è innamorata del pezzo e abbiamo avuto la possibilità di conoscerci quando siamo stati a registrare a Milano. Abbiamo conosciuto anche un altro lato, è una persona dolcissima, un'anima pura. Abbiamo capito perché è amata in tutt'Italia: poi è normale che se senti la sua voce, il suo graffio, le riconosci tutti i meriti come artista.

Facendo un passo indietro, secondo voi com'è cambiato il mondo della produzione?

Jeffrey: Oggi c'è sicuramente un'attenzione maniacale ai dettagli. Fin troppa. La tendenza è quella del polishing continuo, cercando di levigare qualcosa che alla fine diventi cromata, quasi di plastica. Noi, almeno agli inizi, eravamo veramente molto grossolani, oggi si passa da 1000 fasi che ormai non ci facciamo più caso.

Maury: Siamo diventati due ingegneri del suono praticamente. Per esempio, prendi l'autotune, l'abbiamo utilizzato dal giorno zero come cifra stilistica, facendo dance, anche perché a Jeff sicuramente non serviva un aiuto. Abbiamo utilizzato il vocoder perché altrimenti striderebbe con la musica che facevamo e i Daft Punk insegnano, da questo punto di vista. Su una voce come quella di Loredana però non si può fare, è troppo iconica.

C'è qualcosa che è cambiato nel modo in cui vi hanno sempre descritto?

Jeffrey: Per chi non ci conosce bene, magari si sorprendono di quanto studio abbiamo dovuto fare. Ma anche adesso, basti pensare a Lazza e al fatto che dietro una sua canzone ci sia un pianista, una persona che ha studiato tanto. Adesso conosciamo tantissimi produttori che hanno una grande conoscenza di strumenti musicali.

Perché tutta questa complessità non è stata associata, nel tempo, al fenomeno dance?

Maury: Sei stato elegante. In realtà era considerata musica di serie B.

Jeffrey: Un tempo era così, noi comunque arrivavamo dagli studi di canto, di pianoforte.

Maury: Non è mai stato un ripiego. Da ragazzi andavamo in discoteca e ci piaceva molto quella musica, soprattutto quella ricerca del groove, l'equilibrio tra la cassa e il basso, è sempre stata molto difficile. Ci vogliono degli anni e quando pensi che il tuo orecchio, la tua sensibilità, sia arrivata al punto di capire il gusto degli altri, ecco che il gusto degli altri cambia.

Jeffrey: Ci abbiamo messo anni a far girare bene cassa e basso, che alcuni reputano la cosa più semplice del mondo.

È stato un lavoro di perseveranza?

Jeffrey: Credo sia stata anche la capacità di prevedere ciò che stava per arrivare, come Spiderman. Per fare questo lavoro devi sviluppare una sensibilità così grande per non fare qualcosa di già ascoltato/sentito. A volte arrivavamo alle 9 di mattina in studio e alle 2 di notte eravamo ancora a lavorare sul groove principale del brano. A volte è impressionante vedere come la traccia sia cambiata in tutto il processo.

Maury: Questa cosa l'abbiamo estesa anche al cantato.

Jeffrey: Mi metto davanti al microfono e ripetiamo incessantemente il brano. Lui mi dice di provare più versioni, con un'attenzione maniacale ai dettagli.

Maury: Poi sappiamo che la scrittura dei pezzi migliori arriva in un quarto d'ora, metaforico eh. Nel senso che, se il processo della canzone è immediato, riconosciamo ormai la bontà di quel pezzo. È sempre stato così con tutte le canzoni di successo che abbiamo fatto. Come dice Vasco, esiste già la canzone, non la stai scrivendo, la stai leggendo.

Adesso riuscite a riconoscere sin da subito se una canzone può avere un buon successo?

Maury: Sì, è una questione di sensibilità con cui riusciamo a identificare ciò che quella canzone potrebbe fare, dove potrebbe andare. La musica ha la necessità di trasmettere emozioni, che siano rabbia, amore, rispetto. Devi riuscire con dei tecnicismi a veicolare questi messaggi.

Jeffrey: C'è una cosa importante da dire: se queste emozioni non le hai dentro, non riuscirai mai a raggiungere quel risultato, non riesci a capirle, non riesci minimamente a tradurle.

Come avete costruito questo tipo di sensibilità, soprattutto nei primi anni?

Maury: Abbiamo dovuto attraversare degli step, anche perché inizialmente non avevamo niente. Rispetto a quelli attuali, i nostri studi erano quasi vuoti. Le nostre conoscenze, anche per mancanza di scuole, si sono costituite in maniera molto elementare.

Jeffrey: Sbattendo la testa insomma.

Maury: Non potevamo comprare nemmeno gli strumenti allora, non c'erano soldi per farlo. Immagina quanto pensavamo di essere fighi quando utilizziamo per la prima volta un compressore per la batteria, mentre adesso viene utilizzato per tutti gli strumenti.

C'è qualcos'altro che è cambiato oggi, nel mondo della produzione?

Maury: Credo che quello che abbiamo imparato, tecnicamente, in sette anni, oggi un ragazzino con una grande passione lo può fare in sei mesi ed è paragonabile a un ingegnere del suono con 20 anni di esperienza.

Jeffrey: Questo però lo accelera tecnicamente, ma non sviluppa contemporaneamente la sua sensibilità. Quella è una dimensione umana e devi essere predisposto per quella cosa. È un po' come l'orecchio assoluto e relativo, se non senti determinate cose non riesci a identificarle.

Che tipo di rapporto avete oggi con la musica?

Maury: Abbiamo utilizzato per anni la parola passione, ma in maniera impropria. Credo si possa parlare di ossessione, c'è chi potrebbe parlare addirittura di malattia.

Jeffrey: Credo sia l'unica cosa in cui non avverto mai la fatica, neanche dopo 20 ore. Anzi continuo a essere adrenalinico e non riesco a dormire.

Maury: Ancora oggi quando arriva qualche nuovo tool sono lì come un bambino cretino e mi metto a ispezionarlo per ore per capire come poterlo utilizzare.

Jeffrey: Penso a quelle volte che stai 3 ore su un dettaglio della canzone che non ti serve a niente, ma ci stai lo stesso. Poi è necessario anche fare un attimo un refresh a un certo punto. Negli anni abbiamo imparato l'importanza delle pause e dei silenzi.

Maury: Quante volte siamo andati a dormire pensando di avere pezzi spettacolari e alle 9 della mattina successiva pensavo: ma che schifo ho prodotto?

Qual è la cosa che mantiene inalterato il vostro rapporto con la musica?

Maury: Credo la curiosità e la ricerca perenne di una nuova soluzione da trovare. Forse, non rendendocene conto, abbiamo scelto l'elettronica e la dance perché erano meno prevedibili degli altri generi.

Jeffrey: Quando sentivamo inizialmente la musica pop-melodica italiana dell'epoca, mi sembrava ancora di sentire la stessa scelta armonica melodica.

Maury: Invece noi eravamo l'incubo della discografia, perché facevamo pop elettronico in inglese. Era quasi vietato. Ma quello ha sviluppato in noi la voglia di crescere.

Nel percorso arriva anche Sanremo.

Maury: La sfida lì è stata affrontare un Sanremo in controtendenza rispetto alla società. Era una sfida troppo grande e poi volevamo confrontarci con un'orchestra.

Jeffrey: Si avvertiva anche una differenza nel suono, e stiamo parlando di maestri di musica, in cui se disegni una nota e la sua lunghezza, la ripropongono in maniera fedele. Però inevitabilmente mancava qualcosa.

Quando parlate di sensibilità, mi chiedo dove sia nata.

Jeffrey: Credo ci sia a prescindere, anche perché ci siamo cresciuti nelle discoteche, è diventata la nostra quotidianità ed è entrata a far parte del tessuto sociale.

Maury: Noi ci siamo conosciuti all'interno della Bliss Corporation, che all'epoca era uno studio di registrazione. Nessuno conosceva la musica Dance, tranne Massimo Caputi che era il nostro produttore. Aveva lasciato Milano per fare questa cosa a Torino. Comunque noi arrivavamo lì grazie a delle referenze ben chiare. Jeff arrivava da un negozio di strumenti musicali, io organizzavo già serate in discoteca. Mi ricordo la prima volta davanti a un Atari, dove vedevo solo lucine.

Jeffrey: Mi incuriosiva capire quale bottone schiacciare. Ma poi, per due anni ho frequentato all'università: mi ricordo che tornavo da lezione, studiavo per l'università e poi accendevo il pc e ci passavo le ore. Spesso litigavo con la mia ragazza.

Maury: È stata una dipendenza che ci ha salvato la vita.

Le date del tour degli Eiffel 65

  • 20 giugno Terminal3 Festival – Varese
  • 22 giugno Madrid (Spagna)
  • 28 giugno Certaldo (FI)
  • 6 luglio Piazza – Alessandria (AL)
  • 9 luglio Bologna
  • 10 luglio Caorle (VE)
  • 13 luglio Nirvana- Trapani (TP)
  • 14 luglio Porto Sant’Elpidio (FM)
  • 19 luglio Brescia (BS)
  • 20 luglio Magnolia (MI)
  • 26 luglio Majano (UD)
  • 5 agosto Nuoro
  • 15 agosto Aquila
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