È appena uscito in Italia per la casa editrice Uovonero ‘Una specie di scintilla‘, romanzo scritto da Elle McNicoll, autrice esordiente autistica che in Inghilterra ha avuto la sua prima tiratura esaurita il primo giorno. Nella Giornata mondiale per la consapevolezza sull'autismo, questo libro – che ha vinto il Blue Peter Book Awards 2021 ed è stato nominato per la Carnegie Medal 2021 – sta avendo un grande riconoscimento internazionale. È un romanzo lucido, arguto e pieno di empatia, opera prima di Elle McNicoll, scrittrice scozzese neurodivergente che si è laureata in Scrittura Creativa e, dopo aver completato la sua tesi sulla scarsa rappresentazione dei bambini neuro-divergenti, si è stancata di questa mancanza di inclusione e ha scritto un libro.
Come nasce il desiderio di raccontare questa storia?
Sono sempre stata affascinata dalla storia della caccia alle streghe in Scozia, essendo cresciuta nella stessa zona e avendo sentito raccontare parecchie delle loro storie. Mi sono identificata profondamente con le streghe, essendo stata anche io un po' perseguitata nella mia vita. Ho messo insieme le due cose e ho deciso di scrivere una storia su un'ardua battaglia per ottenere un memoriale in onore delle streghe.
Quanto della tua storia personale c'è in questo romanzo?
Una specie di scintilla non è un libro a carattere autobiografico. Sì, ho avuto momenti difficili a scuola, ma l'unica cosa che ho preso dalla mia vita è la scena iniziale. Ricordo benissimo come ci si sente a vedersi strappare il proprio lavoro. Era stato davvero difficile. Quindi, questo è stato il punto di partenza per la storia, ma il resto è interamente frutto della fantasia. Gli insegnanti che ho incontrato da quando ho scritto il libro sono stati incredibili! Sono meravigliosi, comprensivi e desiderosi di ascoltare, e questo mi rende molto felice.
Qual è il problema più grande che, come persona neurodivergente, hai dovuto superare per diventare una scrittrice?
Scrivere mi viene molto naturale, come persona neurodivergente. Lo trovo incredibilmente accessibile. Non ho la tendenza al superamento dei problemi. Credo che da piccola scrivere a mano fosse molto difficile. Le mie abilità motorie non sono molto buone, quindi usare le penne, specialmente le stilografiche, è sempre stata una lotta e trovavo la scrittura a mano molto faticosa e difficile. Grazie al cielo c'è la tecnologia! Suppongo che un'altra sfida sia quella di disimparare un sacco di negatività. Mi è sempre stato detto da persone che non hanno mai letto un mio lavoro che non sono il tipo di persona adatta per essere una scrittrice. Quindi, farsi largo tra dubbi e commenti di questo tipo a volte può essere difficile.
Quanto ti fa piacere (o al contrario dispiacere) veder accompagnato il tuo nome accanto alla dicitura scrittrice autistica. E quanto pensi sia importante comunicare la tua condizione a chi legge il tuo libro?
È una questione molto delicata. Non è qualcosa che faccio per ragioni legate alle vendite o al marketing. Lo faccio perché i giovani possano vedere una persona neurodivergente che lavora e ha successo come scrittrice. In modo che sappiano che i loro sogni sono importanti e che possono realizzare qualsiasi cosa, specialmente nelle arti. Da bambina non ho mai visto un adulto come me. O meglio, non ne ho visto uno che fosse aperto e orgoglioso di ciò che era. Penso che questo sia molto importante. Quindi, mi rivelo per i miei giovani lettori. Ma solo per loro.
Cosa ti dicono i tuoi lettori, in particolare i più piccoli, dopo aver letto il romanzo?
Amano Addie e Keedie. E vogliono sempre sapere cosa è successo dopo e dove sono adesso i personaggi. Le reazioni più straordinarie sono quelle dei ragazzi che dicono che è il primo libro che hanno letto in vita loro, o che è la prima volta che si sono visti in una storia, nei panni di un'eroina con carattere e passione. Sono stupita di quanti ragazzi l'abbiano apprezzato, così come molte ragazze. È stato fantastico.
Quanto è complicato vivere l'autismo in una pandemia?
È molto difficile. Io elaboro il suono in modo diverso, quindi usare Zoom e partecipare a eventi online è molto impegnativo, perché cerco di elaborare i suoni e di leggere i volti delle persone attraverso uno schermo sfocato. È enormemente difficile, non saprei come dirlo. E non sopporto lo sconvolgimento delle routine e i cambiamenti improvvisi, qui nel Regno Unito. Mi manca vedere gli amici e la famiglia, andare in libreria e al cinema. È dura per tutti in una pandemia, ma penso che lo sia in particolare per le persone neurodivergenti. Dobbiamo già tanto adattarci e cambiare forma per il mondo, e adesso c'è ancora di più da fare.