Gigi Proietti, antifascista e comunista: “Alla sinistra manca un’illuminazione”
Le ultime parole di Gigi Proietti "politico" arrivarono meno di due mesi fa per il referendum sul taglio dei parlamentari, per cui dichiarò pubblicamente che avrebbe votato Sì. "Voto sì perché abbiamo solo due possibilità, votare sì o no e io ho scelto la prima" disse meno di due mesi fa in un'intervista al Blog delle Stelle. E di referendum Proietti se ne intendeva, eccome. Nel 1974 si espose come volto per lo spot del Comitato per il No, che si schierava contro l'abrogazione del divorzio nel 1974. Con la regia di Ettore Scola quello spot rappresenta un precedente celebre e quasi unico, quando i volti celebri del mondo dello spettacolo e della cultura si esponevano senza paura. Oggi sarebbe quasi impossibile. Ma non per lui, perché Proietti si è sempre esposto. "Perché il cittadino non è solo uno che magna" disse nella stessa intervista. Ma qual era la versione di Proietti politico?
Gigi Proietti, comunista mai pentito
Nel 2013 Ignazio Marino avrebbe voluto candidarlo capolista alle elezioni comunali in cui fu eletto sindaco di Roma, prima delle clamorose dimissioni due anni dopo, ma Gigi non accettò. Nonostante fosse stato comunista, benché "senza tessera" come ci teneva a precisare.
Mio padre era iscritto, io non ho mai preso la tessera. Però, sì, ero comunista e nonostante tutte le critiche che si potevano fare, per esempio sul centralismo democratico, c’era del buono. Poi ho sperato nell’Ulivo che doveva mettere insieme le parti più virtuose dell’area socialista e di quella cattolica. Invece si sono contaminate a vicenda. Ora non c’è niente. Spero in un’illuminazione."
Purtroppo stanotte Gigi Proietti ci ha lasciato, ma l'illuminazione a sinistra non è arrivata. Tiepido su Matteo Renzi, le sue posizioni non sono mai state ascrivibili al mondo dell'antipolitica, i politici (soprattutto di sinistra) andavano a vederlo a teatro. "L’altro giorno c’era Zingaretti, tempo fa vidi D’Alema. Veltroni viene sempre, ma lui non è uno spettatore, è un complice".
Antifascista fino all'ultimo: Gigi Proietti e la politica
Fieramente antifascista, però. Lo scorso 25 aprile, da Bianca Berlinguer, nel programma Cartabianca su Rai3, recitò il testo di "Mì padre è morto partigiano", di Roberto Lerici, scrittore ed editore con cui Proietti aveva collaborato a lungo:
Mi' padre è morto partigiano
a diciott'anni fucilato ner nord, manco so dove;
perciò nun l'ho mai visto, so com'era da quello che mi' madre me diceva:
giocava nella Roma primavera.
Impegnato sì, ma senza alcuna volontà di continuare ad essere amato e popolare, com'è in effetti era. D'altro canto, per inclinazione era difficile immaginarselo capopopolo:
Non faccio satira né politica, non ho mai avuto tentazioni di usare il palcoscenico per mandare messaggi. Il messaggio sono io. Quello che si crea a teatro è un consenso breve, non serve a formare governi. Dura una sera e finisce lì.
Disse queste parole in un'intervista a Repubblica, sette anni fa. Un manifesto dell'impegno, ma senza retorica. Perché per lui l'importante era far ridere. Come recita una delle sue frasi più belle: "Chi non sa ride, mi insospettisce."