Ghali su Sanremo: “Ripeterei la parola genocidio, in Palestina situazione peggiorata”
Ghali, rapper di 31 anni di origini tunisine che dai 18 anni ha ottenuto la cittadinanza italiana, negli anni si è posto come voce generazionale, pronto a esporsi sui temi politici e sociali che gli stanno a cuore. Lo ha fatto spesso nelle sue canzoni, ma lo ha fatto anche sul palco dell’ultimo Festival di Sanremo quando aveva dichiarato: “Stop al genocidio” facendo chiaramente riferimento alla Palestina. Intervistato da Vanity Fair in prossimità dell’anniversario del 7 ottobre, il rapper riconferma la sua posizione: "Userei ancora il termine genocidio".
Il rapper che si espone su temi politici e sociali
“Mi sta un po’ stretta l’etichetta di voce generazionale”, ha confessato il rapper a Vanity Fair. Ghali si è raccontato precisando che quella di prendere posizioni ferme ed esporsi è una vera e propria tendenza: “Vado in profondità, è quello il mio posto”. Un posto in cui sicuramente il rapper si sente a suo agio ma dal quale ogni tanto vorrebbe sfuggire per non sentire il peso della responsabilità e per pensare solo alla sua musica senza preoccuparsi che questa contenga messaggi profondi. Se da un lato vorrebbe quindi distaccarsi da questo ruolo di portatore di temi politici e sociali importanti, dall’altro ne sente il peso perché molti i suoi colleghi non se ne preoccupano, o comunque non lo danno troppo a vedere e non si espongono quanto fa lui. "Quando sento i bambini cantare Casa mia – un pezzo che lanciava un messaggio sui morti nel Mediterraneo e nel Medio Oriente -, penso: missione compiuta", il rapper spera infatti che un giorno quei bambini che cantano faranno loro il significato profondo dei suoi testi e porteranno qualche cambiamento.
"Non sarei mai andato a Sanremo senza un messaggio profondo"
Le sue prese di posizione politiche, soprattutto sulle questioni migratorie e sulla guerra tra Israele e Palestina, hanno chiaramente impattato sulla sua carriera diventando parte fondamentale dei messaggi che il rapper inserisce nei suoi pezzi. Ghali spiega infatti che non parlare di questi temi che gli stanno a cuore gli sarebbe pesato molto di più del rimanere in silenzio. A tal proposito racconta la sua esperienza all’ultimo Festival di Sanremo: “Non sarei andato senza un messaggio. E, in generale, se stessi zitto quando posso parlare non starei tranquillo, non farei più musica”. In quel frangente il rapper aveva usato la parola genocidio, un termine che sarebbe pronto a gridare di nuovo: “In Palestina la situazione è peggiorata. Forse sta iniziando a normalizzarsi, non ci fa più effetto”, commenta lasciando trasparire un velo di preoccupazione di fronte al rischio dell'indifferenza.
Il caso Ghali – Mara Venier dopo l'esibizione a Sanremo
Ghali si era fatto suggerire il messaggio dello stop al genocidio da Rich Colino, l’alieno che lo ha accompagnato sul palco dell’Ariston. E alla decisione di lanciare quel messaggio erano seguiti alcuni episodi che avevano fatto discutere. C’è chi ha gridato alla censura del cantante durante la puntata di Domenica In post Festival condotta da Mara Venier. Accanto alla conduttrice Ghali aveva deciso di replicare al messaggio dell’ambasciatore israeliano Alon Bar che lo aveva attaccato con un tweet in cui diceva di ritenere vergognoso che il palco del Festival fosse usato per “diffondere odio e provocazioni in modo superficiale e irresponsabile”. Per il rapper non c’era però modo migliore di usare un palco come quello di Sanremo per lanciare messaggi importanti. “È da quando ho 13 anni che parlo di quello che sta succedendo nelle mie canzoni, non è dal 7 ottobre. Il fatto che l'ambasciatore parli così non va bene, continua la politica del terrore, la gente ha paura di dire stop alla guerra, stop al genocidio, stiamo vivendo un momento in cui le persone sentono che vanno a perdere qualcosa se dicono viva la pace”. In quel momento Venier si era limitata a non approfondire la conversazione, ma successivamente aveva letto un comunicato dell’AD Rai Roberto Sergio in cui veniva data la “massima solidarietà al popolo di Israele e alla Comunità Ebraica”. Parole che Venier aveva detto essere condivise da tutti facendosi portavoce degli italiani, una posizione che l’aveva messa al centro di una tempesta mediatica.
La critica contro il rap
Oltre a criticare la mancata presa di posizione politica di alcuni colleghi, Ghali ha criticato anche lo stato attuale della musica rap. “Secondo me è morto”, ha dichiarato, per poi aggiungere che per molto tempo è stato il pop a fare musica per tutti, ora lui si propone di fare del rap la musica che arriva a chiunque per eccellenza: “È la cosa più rap che si possa fare”. Nulla di strano per lui, che spiega che nelle canzoni parla di temi che affronta tutti i giorni, come appunto alcuni aspetti della politica, ma comprende anche chi non lo fa: “Nessuno è obbligato a veicolare un messaggio”.
A breve il nuovo pezzo Niente Panico
Nel suo nuovo pezzo Niente Panico Ghali racconta il suo passato fatto in parte proprio da questa sensazione di panico. La vita in periferia senza grandi stimoli positivi e la paura di non sapere cosa sarebbe successo il giorno dopo è una condizione che lo ha accompagnato per anni. Il padre in carcere, le regole della strada, ma anche una madre che l’ha protetto tanto e una costante ricerca della pace. Una vita che avrebbe potuto spingerlo a delinquere ma dalla quale è riuscito ad allontanarsi: “Tanti ragazzi che finiscono a delinquere pensano di essere ribelli, ma la cosa più ribelle che puoi fare è non fare scelte sbagliate. Si possono cambiare le cose ma se ti viene tolta la libertà non potrai mai migliorare nulla”.