George Saunders vince il Man Booker Prize con Lincoln nel Bardo, tra Dante e Spoon River
Il Man Booker Prize che George Saunders si è guadagnato per il suo "Lincoln nel Bardo" (Feltrinelli, pp.352, euro 18,50) è una medaglia in più per lo scrittore americano, dopo una carriera che lo ha decretato come uno dei più grandi scrittori contemporanei. E si badi, non "uno dei migliori scrittori di racconti", come talvolta è stato frettolosamente scritto in giro, e non solo perché la vittoria è arrivata col primo romanzo. I racconti di Saunders, infatti, sono pezzi di un puzzle di un'opera che da "Il declino delle guerre civili americane" a "Dieci dicembre" passando per "Pastoralia" e i saggi, gli hanno permesso di diventare un punto di riferimento della letteratura americana contemporanea.
Un grande scrittore americano
Fino a quest'ultimo libro, però, ancora non ci si capacitava che uno scrittore così importante non avesse nel suo curriculum ancora scritto un romanzo. Sì, perché l'idea che un narratore possa "accontentarsi" di restare limitato nella forma breve a qualcuno pare assurdo – chi scrive reputa assurdo considerare la bellezza di un'opera in base alla lunghezza (ci sono singole poesie più belle di intere biografie), ma tant'è -. Eppure in questi anni ci si aspettava il romanzo, quello lungo, di Saunders, il quale ha voluto accontentare tutti, ma facendolo a modo suo.
L'esordio romanzesco di Saunders
In Italia è stata la casa editrice Feltrinelli a pubblicare "Lincoln nel Bardo", che a conferma di quanto di buono si dice di Saunders negli Usa e non solo, è stato praticamente acclamato, nonostante la scelta sia strutturale che formale dello scrittore. Sì, perché questo esordio – fa specie chiamarlo così, ma tant'è – affonda le mani in quelli che sono i mondi creati da Saunders, fatta di perdenti, anime perse, personaggi strambi, ma anche nell'influenza postmoderna che non ha mai negato. E forse è proprio questo il suo più grande limite e anche la sua più grande forma.
La trama di Lincoln nel Bardo
"Lincoln nel Bardo" narra la storia della notte in cui il Presidente americano Abraham Lincoln deve affrontare la morte del figlio undicenne Willie, malato da tempo. Una notte che parte da una festa data nella magione del Presidente e lo accompagna fino al cimitero, dove seppellisce il ragazzino. Contemporaneamente si alterna la narrazione fatta dalle anime che sono in una sorta di purgatorio, nel Bardo del libro dei morti tibetano, ovvero quello stato in cui le anime non hanno ancora preso coscienza dello stato definitivo delle cose e quindi non sono definitivamente passate di là.
Spoon River e Divina Commedia
Ma non si può prescindere, nello spiegare questa storia – che ha chiari alcuni riferimenti, come l'antologia di Spoon River, ma anche la Divina Commedia, da cui, ad esempio prende spunto per la legge del contrappasso: "Non avendo mai dato né ricevuto amore nel posto di prima, erano imprigionati qui, in uno stato di perenne vacuità emotiva; interessati solo alla libertà, alla dissolutezza e alla baldoria, insorgevano contro ogni limitazione o impegno purchessia" (p.125) – alla forma, appunto, perché Saunders sceglie di non affidarsi a un unico narratore, ma preferisce un approccio polifonico.
Il mondo dei vivi, quindi, è raccontato dai libri di storia, con frasi tratte da biografia, testimonianze, in un continuo rimando di specchi (talvolta si descrivono pochi secondi, sempre gli stessi, dalle testimonianze di più libri. Un modo anche per dare la sensazione di come non esista un'oggettività del racconto quando si ripercorrono la Storia e le storie), mentre il mondo dei morti è raccontato da alcune delle anime, cartina tornasole di alcune identità precise (i viziosi, il saggio, il curato).
Limiti e punti di forza
Il limite quindi, potrebbe essere nella fruibilità, per chi non è abituato a una narrazione frammentata ma dall'identità fortissima, uno dei punti di forza del romanzo. Saunders non si accontenta di raccontare la disperazione di un padre che non si rassegna alla morte del figlio e cerca di prenderlo tra le proprie braccia anche dopo che è stato messo nella bara, ma sceglie di farlo creando un puzzle di personaggi, costruendoli, facendoli crescere e cucendogli addosso tanti piccoli racconti, a cui si aggiungono dei bozzetti che esprimono la forza di Saunders, come avviene quando racconta la scena dell'assalto degli angeli della morte o quella in cui due anime entrano nel copro di Lincoln, mescolandosi e rivivendo le vite l'uno dell'altro.
Abbattere le barriere con la follia
Saunders insomma, conferma che le barriere, in letteratura, come nella musica, le creiamo noi: si può scrivere un grande romanzo, che è anche una grande raccolta di racconti o semplicemente un grande libro, che non strizza l'occhio a nulla, ma si nutre di passioni e fantasia. E di un pizzico di follia.