George Aperghis: intervista al Leone d’oro 2015 di Biennale Musica
Musicista libero, fuori dagli schemi e fuori dalle mode, fuori dalle classificazioni e dalle scuole, George Aperghis è un compositore ancora molto prolifico e attivo. A lui, Ivan Fedele, direttore del 59. Festival Internazionale di Musica Contemporanea della Biennale di Venezia, sceglie di attribuire l'ultimo Leone d'Oro alla carriera del suo ultimo anno (si presume) di direzione. Dopo l'aver guardato a un grande “caposcuola” come Pierre Boulez, dopo aver premiato l” ‘alternativa” Sofia Gubajdulina (qui l'intervista) e aver celebrato l' “americanissimo” Steve Reich (qui l'intervista), questo è l'anno di Aperghis. Greco. Trapiantato a Parigi. Libero, imprevedibile, teatrale, colto. E, però, immediato. Se interpretiamo bene il segnale di Fedele, questo Leone è un omaggio alla dissidenza, alla musica nascosta, in disparte per scelta consapevole. Ma anche alla composizione senza confini e senza barriere, né di forma né di genere; e nemmeno di “medium”, se vogliamo dirla tutta. Aperghis è uno scienziato intermediale, perfettamente a proprio agio con l'elettronica così come con gli strumenti dell'orchestra. Sapiente musicista, ma anche regista teatrale, pittore, cineasta. Tutto ciò senza che nessuno di questi fiumi in piena, che sfaccettano la sua personalità poetica, scorra mai tranquillo nel suo letto. Aperghis è un continuo, vulcanico, strabordare, mescolarsi di suono e gesto, simbolo e fonema, forma e contenuto. E uno spiazzamento meraviglioso ad ogni nota. Stupire, lasciare a bocca aperta lo spettatore facendogli porre delle domande su di sé, rendendolo partecipe della composizione, questa la sua missione. Un'opera ancora in evoluzione, la sua, che non viene proposta dal suo autore su di un piedistallo, ma che incontra il pubblico, così come lo stesso Aperghis, per vent'anni tramite l'Atelier Théâtre et Musique, ha scelto di fare dell'utopia della comunicazione il suo baluardo.
Abbiamo dedicato un approfondimento alla musica di Aperghis, che potrete trovare qui. Intanto vi proponiamo la bella motivazione che Ivan Fedele ha addotto al conferimento del Leone d'Oro a questo straordinario musicista.
Georges Aperghis è un compositore che ha letteralmente rivoluzionato il modo di concepire il teatro musicale divenendo un riferimento inevitabile nella storia recente di questo genere, con un’influenza decisiva nella pratica e nell’estetica di molti giovani artisti che in lui vedono un “profeta” della modernità. “Far musica di e da tutto”: con questo spirito Aperghis rinnova radicalmente la pratica musicale integrandola con tutti gli ingredienti vocali, strumentali, gestuali e scenici trattati in maniera identica e traslati dall’uno all’altro contesto. Le sue opere si fondano su di un linguaggio immaginario fatto di combinazioni virtuosistiche di fonemi, in una scrittura veloce che si sviluppa attraverso processi di ripetizione e accumulazione caratterizzati da un ritmo incalzante. Questa scrittura rivela la coscienza profonda che Aperghis ha della funzione sociale dell’arte, ovvero della sua destinazione ad un pubblico che vi possa trovare elementi efficaci per ricostruirne la forma e coglierne la poetica attraverso i meccanismi semplici o più articolati della memoria. I suoi lavori sollecitano la partecipazione creativa degli interpreti che si offrono ad una estrema versatilità delle tecniche vocali e si trovano, così, ad inventare un linguaggio immaginario ambiguo e spesso divertente che evoca l’origine della lingua in un furore enunciativo che precede il “senso”.
Subito dopo la conferenza di proclamazione e subito prima del concerto e della cerimonia, Aperghis ci ha regalato una intervista intensa, intima, in cui ripercorre la sua poetica e dà una chiave di lettura della sua opera eseguita “Machinations”.