Genova 2001, 21 anni dopo non si sa ancora nulla sulla generazione che ha cambiato il mondo
Sono passati 21 anni. Ventuno. E sono tantissimi, è una vita intera. Ma nonostante questo ancora nulla si sa su chi pesino le responsabilità di quello che è accaduto a Genova durante lo svolgimento del G8 nel luglio del 2001. O meglio: moltissime persone credono di sapere tutto, sono convinte che tutto quel che ci sia da sapere è raccontato in una foto che vede un ragazzo in canotta e passamontagna raccogliere un estintore e scaraventarlo contro il lunotto posteriore di un defender dei carabinieri a pochi passi da lui. Sono e restano certi che non ci sia nient’altro da sapere perché dopotutto alla violenza si risponde con la violenza: ma può davvero un estintore vuoto essere paragonato ad una pistola armata e puntata ad altezza uomo? Se un uomo con un estintore incontra un uomo con una pistola, chi vince?
A prescindere da quale sia la posizione dalla quale si guardino i fatti di quei giorni, la realtà mortificante è che sono davvero poche le persone a conoscere gli accadimenti che hanno sconvolto quei giorni e travolto un’intera generazione. Ogni anno, oramai da molti anni, scrivo e posto le stesse cose, gli stessi fatti testimoniati da foto e video che, ahimé, nessuno conosce: da molte ore le forze dell’ordine picchiavano indistintamente e senza alcuna ragione uomini, donne, anziani, ragazzine e ragazzini che stavano manifestando pacificamente sin dalla mattina, poche centinaia di persone fra cui alcune infiltrate delle forze dell’ordine devastavano parti della città senza essere fermati (laddove, attenzione, per fermati non intendo massacrati o uccisi ma semplicemente fermati), da diverse ore le forze dell’ordine sparavano lacrimogeni ad altezza uomo verso manifestanti pacifici, molte e molti manifestanti indossavano qualunque cosa per coprirsi occhi e volto dai fumi tossici, alcuni rappresentanti delle forze dell’ordine avevano già sparato ad altezza uomo prima della morte di Carlo Giuliani senza che nessuno miracolosamente rimanesse ferito, da svariate ore le camionette della polizia correvano zigzagando fra i manifestanti sui marciapiedi cercando di investirli o impaurirli, quando Carlo raccoglie l’estintore la pistola era già puntata ad altezza uomo.
Carlo era a quattro metri e mezzo dalla jeep dei carabinieri e non a pochi passi come sembra dalla famigerata foto, la jeep aveva ben due vie di fuga e non era incastrata come riportato dal resoconto "ufficiale", dopo la morte di Carlo le forze dell’ordine cercano di insabbiare e falsificare le vere ragioni della morte, nella notte di quella stessa giornata decine di cittadini e cittadine innocenti vengono massacrate e torturate nella scuola Diaz mente dormivano pacificamente, in quei giorni di Luglio nella caserma di Bolzaneto alcune centinaia di manifestanti vengono trattenuti illegalmente, picchiati e torturati, molte persone dopo le giornate di Genova hanno riscontrato danni permanenti fisici e psichici. Ma ogni anno non cambia mai nulla.
Tutto questo, incontrovertibilmente testimoniato da video, foto e racconti diretti, dovrebbe bastare a fornire il giusto sguardo sugli accadimenti di quei giorni e scatenare il nostro più completo sdegno e dichiarare quei giorni maledetti come “la più grande sospensione dei diritti fisici e intellettuali di uomini e donne in un paese europeo dopo la fine della seconda guerra mondiale” come ebbe a dire Amnesty International (qui un approfondimento su documentari, libri e podcast da recuperare).
Ma purtroppo ci troviamo nel paese dei fuochi fatui, delle opposte fazioni, delle tifoserie, dell’ignoranza resa sistema, della falsificazione della verità, della polarizzazione su ogni stramaledettissima notizia che sia gossip o politica estera, dell’opinionismo e qualunquismo: ragion per cui qualunque persona si sente autorizzata a dire qualunque cosa su qualunque argomento pur non sapendone nulla, nella maniera più assoluta. Son tutti allenatori, governatori, primi e secondi ministri, ideatori di ponti, ingegneri, professori, allergologi e dottori ed erano tutti e tutte a Genova in quei giorni di Luglio del 2001.
E così accade che a prescindere da quale sia la posizione dalla quale si guardino quei maledetti fatti, appena se ne parla si creano le due opposte tifoserie: Carlo era un santo, un martire, un eroe oppure un delinquente, un violento, un traditore. Come poi se entrambe possano davvero essere delle buone ragioni per uccidere qualcuno. Carlo, come diceva lui stesso in una sua poesia, non era un santo “né un traditore ma un essere qualunque con una testa e con un cuore”: Carlo era semplicemente un ragazzo che si è trovato nel posto sbagliato al momento sbagliato seppure poi in quel posto ci volesse esserci perché apparteneva a quella parte di generazione che credeva in un altro mondo possibile. Apparteneva a parte di quella generazione che era veramente lì in quel maledetto pomeriggio da cani, apparteneva a quella generazione che è rimasta per sempre su quel marciapiede, apparteneva a parte di quella generazione che non hai mai smesso di credere, nonostante tutto che un altro mondo sia ancora possibile, anzi necessario.
Una generazione, o quantomeno una sua parte, che non si schiera da una parte o dall’altra di questa diatriba idiota fra santi e traditori, perché era lì, perché ha vissuto quei giorni, e sa bene cosa è accaduto. Una generazione, o quantomeno una sua parte, che ha cercato disperatamente di parlarne in tutti questi anni, di parlare non solo di Carlo, ma tutto quanto riguardava il Social Forum, di tutto quanto riguardava quei giorni e quelle idee anche se purtroppo siamo in Italia, il paese dei pesciolini rossi e degli struzzi, che dimentica il passato e lo seppellisce per non doverne parlare mai più (qui la mia testimonianza di quel giorno).
Una generazione, o soltanto una sua parte, che ha influenzato il pensiero globale e cambiato il mondo in modo radicale, quantunque non lo si dica mai e non lo si ammetta mai: il pensiero sul clima, sull’abbassamento delle emissioni, la rete usata come strumento di solidarietà, lo sharing nel campo del sapere, della mobilità, dell’infanzia, del working, housing, economy etc etc etc, le fonti rinnovabili, le occupazioni degli spazi abbandonati, le nuove forme di comunicazione e apprendimento, l’agricoltura a km zero, il superamento dei confini e delle barriere e di conseguenza l’dea delle navi Ong eccetera eccetera eccetera sono tutte idee, proposte e sperimentazioni che provengono dal social forum.
Quindi direi, usando un eufemismo, che col cazzo siamo la generazione che ha perso la voce: certo in questi ventuno anni siamo cambiati, la nostra generazione politica è stata rappresentata da Renzi, Meloni e Salvini (che non è che siano propio il meglio del meglio), molte e molti di noi si son persi per strada, altre persone hanno cambiato percorso e moltissime altre che ventuno anni fa ignoravano cosa fosse Genova, il Social Forum e il movimento no-global, continuano a farlo, giudicando il tutto come "una cloaca di idioti violenti", senza però saperne nulla, mentre altre ancora, invece, avevano compreso benissimo la portata di queste idee e hanno fatto quel che era in loro potere per contrastarle. Ma molte e molti di noi siamo ancora qui.
Si può dire tutto e il contrario di tutto ma era la prima volta nella storia che si vedeva un movimento di dimensioni così vaste, popolato di milioni di persone così diverse fra loro: per la prima volta nella storia camminavano insieme pacifisti, estremisti, radicali, comunisti, centri sociali, anarchici, riformisti, cattolici (che va detto: hanno preso il doppio delle botte perché continuavano a porgere l'altra guancia) eccetera eccetera fianco a fianco, tenuti insieme da una grande idea comune ovvero un altro mondo possibile, “Voi G8, noi 6 miliardi”. Stava accadendo qualcosa che non era mai accaduto e forse proprio per questo andava assolutamente fermato, massacrato, impaurito e reso inerme. Siamo la prima generazione ad aver camminato, indistintamente insieme verso un’ideale comune. Non è detto che saremo l’ultima. Intanto abbiamo aperto la strada. E non ditemi che è poco.