Fight Club 2, perché leggere il sequel a fumetti dell’opera cult di Chuck Palahniuk
È l'era dei sequel e dei reboot, delle grandi saghe cinematografiche trasformate in prequel e ampliate con linee temporali parallele e, notizia di pochi giorni fa, sono addirittura arrivati a mettere in produzione una serie tv tratta da "Eternal sunshine of the spotless mind". In questo scenario esaltante da un punto di vista commerciale, ma alla resa dei conti ridondante, a tratti anche un po' patetico, il fatto che Chuck Palahniuk abbia scelto di trasformare in un fumetto il suo "Fight Club 2", è un gesto senz'altro da apprezzare. Anzi, non poteva esserci medium migliore.
Uscito il 6 ottobre in Italia edito da Bao Publishing (272 pp, 25 €), "Fight Club 2" è stato pensato per il pubblico americano come una miniserie da 10 albi spillati usciti da maggio 2015 a marzo 2016. Un dettaglio non da poco e che cambia la prospettiva: leggerlo nella versione italiana, come un graphic novel, lo migliora ed aiuta ad ammazzare l'attesa e a sedare presunzioni e aspettative. Perché, anche questa volta, Chuck Palahniuk mischia le carte che sono sul tavolo, le plasma e le modifica, tradendo più volte il patto con lo spettatore-lettore a cui viene chiesto uno sforzo superiore per sospendere dubbi e perdonare i numerosi (voluti) buchi narrativi.
La trama di Fight Club 2
Ritroviamo il protagonista dieci anni dopo (ma dal romanzo ne sono passati più di venti) l'apocalittica ed agrodolce conclusione del primo capitolo, si chiama Sebastian ed è la prima grande novità della fiera (ricordate? il nostro era un lupo che corre, un senza nome). La seconda è che Sebastian ha sposato Marla Singer, la sociopatica che, come lui, fingeva di avere ogni tipo di malattie pur di frequentare gruppi di ascolto sentendosi così accettata. Dal loro decennale matrimonio è nato il piccolo Junior, 9 anni, e tutto porta a credere sin dalle prime pagine che il loro non sia per nulla un idillio completo.
Marla, annoiata dalla routine, ha deciso già da tempo di sospendere i farmaci che Sebastian prenderebbe per il suo disturbo dissociativo nella speranza di risvegliare "il pazzo di cui mi sono innamorata". Ci riuscirà, ma scopriremo che Tyler Durden aveva in qualche modo previsto già ogni mossa preparando il terreno per il suo grande ritorno.
Tyler Durden è di chi lo legge
Al netto di ogni spoiler, "Fight Club 2" rappresenta la determinazione dell'autore di riappropriarsi di una sua opera e dei suoi personaggi. Il nichilismo che c'è alla base di "Fight Club" ha fatto scuola, Tyler Durden è diventato un germe, le sue massime sono diventati tatuaggi, poster, gigantografie, meme sui social network. La critica al consumismo e all'alienazione si è trasformata, finendo per diventare uno standard di pensiero. L'autore entra nel racconto, finendo a muso duro con gli stessi lettori che, in un finale in crescendo, gli assediano casa per difendere la loro "Misery": Tyler non deve morire.
Chuck Palahniuk è rimasto consapevolmente vittima dei suoi stessi pay-off, alza le mani e capisce di non avere più nessun tipo di controllo della sua creatura. Il messaggio si è duplicato all'infinito ed ha perso il suo senso originale. Non è la prima volta che si affronta un tema del genere e dopo "Fight Club 2" non si correrà di certo il pericolo di vedere nuovi tatuaggi o nuovi poster di citazioni – anche se il "Aspetta…c'era un libro?" della millenial ad un impietrito Palahniuk è da applausi – eppure è un'opera che messa così sta in piedi dignitosamente. Una menzione doverosa a Cameron Stewart ("Batgirl", "Sin titulo") che con il suo disegno riesce a semplificare – e molto – la complessa struttura del racconto. Una cosa non da poco considerato che "Fight Club 2" non è pensato per essere un prodotto destinato ad una nicchia.