FestivalFilosofia, parla Remo Bodei: “Agonismo è lottare contro noi stessi”
Domani, 16 settembre, parte il FestivalFilosofia, il tradizionale appuntamento che riempie ogni anno le piazze di Modena, Carpi e Sassuolo. Si discuterà di "agonismo", toccando i più svariati ambiti della cultura e dell'esistenza umana. Fanpage.it ne ha già parlato con il professor Tullio Gregory, che ci ha spiegato l'importanza che una manifestazione culturale del genere ha al giorno d'oggi, introducendoci al tema cardine del Festival. La discussione continua, stavolta con Remo Bodei: professore di Filosofia alla University of California di Los Angeles e Presidente del Comitato Scientifico del Festival, Bodei ci ha parlato di tutte le forme che l'agonismo può assumere nella vita, e dei suoi limiti.
Negli anni sono stati tanti i temi proposti, ultimo quello dell' "eredità", nel 2015. Come viene scelto il tema per l'anno successivo? Esiste un particolare legame con la contemporaneità?
Il tema l'abbiamo scelto, come tutti gli anni, perché si articola a vari livelli. In genere quando parliamo di agonismo pensiamo allo sport, o alla concorrenza in termini economici, ma in realtà il concetto è molto più vasto, e si apre a ventaglio: rimanda alle idee di conflitto, competizione, selezione naturale, gloria, invidia, sconfitta….La filosofia si intreccia così con altri campi, quali l'economia, la politica, la religione, il diritto e le scienze naturali. E anche lo sport, ovviamente. Insieme al tedesco Hans Ulrich Gumbrecht si parlerà di “bel gioco”, della forma, o come dirà invece Francesca Rigotti, di “grazia”: anche l'Estetica entra dunque nella riflessione sull'agonismo. E poi ancora si parlerà del tema in termini economici: Federico Rampini e Stefano Zamagni ci spiegano che la concorrenza può non essere semplicemente “egoistica”, ma che esiste una concorrenza particolare, di tipo “altruistico”: un tema che a sua volta ricorre nelle scienze naturali. Agonismo ed economia afferiscono a loro volta alla vita personale: ecco perché Michela Marzano parla di “Management dell'esistenza”, e perché Zygmunt Bauman interpreta la competizione come qualcosa che si è esteso dall'economia alla vita privata di ognuno. Molto spazio è stato dedicato alle passioni: l'invidia, di cui parla Elena Pulcini, la rivalità amorosa di cui parla Umberto Galimberti, o il fallimento, di cui parla Massimo Recalcati. Oggi giorno l'agonismo, si vede, è ovunque: nella politica, nel diritto, nella guerra così come nella pace, come spiegano Andrea Riccardi e Umberto Curi.
Venerdì 16 settembre lei parteciperà al Festival con una lezione magistrale dal titolo “Vincere contro se stessi”, che suggerisce l'esistenza di un tipo di agonismo particolare: quello personale.
La lotta di cui parlerò io è quella che ciascuno di noi combatte fin dall'infanzia, per costruire se stesso e confrontarsi con il mondo. Per fare questo, c'è bisogno di acquisire una solida disciplina interiore, che però solo in seguito si interiorizza, mentre all'inizio ci viene imposta dall'esterno. Ecco perché parlo del bisogno di conseguire una vittoria contro se stessi, contro gli impulsi che ci vorrebbero far andare verso la strada più semplice, cedere alle passioni,abbandonare la lotta. Anche se, pensandoci bene, si tratta di una vittoria che non è mai definitiva e completa. Tra l'altro, nascosta in questo discorso c'è una questione filosofica abbastanza importante: e cioè la differenza che sussiste fra il combattere contro se stessi il combattere contro gli altri. In un certo senso la lotta contro se stessi è la più difficile: ci sarà sempre una parte di noi che vuole dominare sull'altra, che si scontra a sua volta con quella restia a piegarsi e sempre pronta alla ribellione. Una parte dice si, l'altra no, e nel frattempo ci troviamo a dover prendere decisioni importanti, ad affrontare altre sconfitte: tutto ciò lascia delle cicatrici, e noi siamo effettivamente coperti di cicatrici, di spine che sono conficcate nella carne, che testimoniano in fondo la volontà di non soccombere: perché è se soccombiamo che diveniamo preda di chiunque altro.
Quest'anno è uscita per Il Mulino la sua ultima opera dal titolo “Limite”. Un testo in cui, fra le altre cose, ci si interroga sull'esistenza o meno di limiti nella nostra contemporaneità: tutto, dallo sviluppo delle scienze ai fenomeni di costume, sembra suggerire che il concetto di limite non esista più o sia stato di modificato. Il concetto di limite si applica sicuramente anche all'agonismo…
In questo libro io ho distinto i vari “tipi” di limite, molti dei quali sono stati superati dalla modernità: pensiamo ai divieti che esistevano di navigare nel mondo chiuso, prima della scoperta dell'America, ai divieti di indagare la scienza. Ma esistono dei limiti che non solo perdurano, ma che vengono riproposti in nuove forme: i limiti, le frontiere, i muri…caduto quello di Berlino, se ne sono costruiti di altri. Per finire, ci sono dei limiti che non sono mai stati superati: si pensi a quello della proprietà, alla differenza fra “mio” e “tuo” che persiste ancora oggi. Per quanto riguarda l'agonismo, il limite è l'elemento caratterizzante per eccellenza: nello sport ad esempio, esso è l'asticella da alzare, è il primato da battere. Naturalmente, anche l'agonismo, come qualsiasi cosa, degenera quando viene esasperato e si trasforma in violenza. Diventa violenza negli stadi, diventa una pura questione economica che muove centinaia di milioni, diventa il motivo per cui gli atleti dimenticano il significato stesso della parola “agonismo”.
Per finire, una domanda che ha un'eco lontana: a cosa serve la filosofia, oggi?
Serve a quello a cui è sempre servita, ad orientarsi nel mondo. Noi veniamo al mondo senza rendercene conto, senza saperlo e volerlo, e gradualmente cerchiamo di impadronirci del senso delle cose. Solo che il mondo è già fatto da migliaia di anni…dunque non si può sapere tutto. C'è bisogno di un tessuto connettivo delle idee, di un orizzonte verso il quale proiettare il proprio sguardo. Ecco la filosofia, rispetto al sapere di tipo professionale o specializzato e settorializzato, tocca tutto ciò che ci è comune: la nostra razionalità, le nostre emozioni, le nostre speranze. E in questo senso la sua storia ci mostra qual è il processo grazie al quale noi di volta in volta ci orientiamo nel mondo. La filosofia è un modo in cui si prende coscienza della propria esistenza nel mondo. Ci troviamo continuamente difronte a domande difficili, e a soluzioni diverse: e non si può vivere con il pilota automatico. La filosofia, in questo senso, è una specie di radar. È una specie di indicazione di come la nostra vita dovrebbe essere esaminata.