Eugenio Scalfari e il rapporto con la malattia e la morte: “Non mi fa paura, ho vissuto con pienezza”
"Io non ho paura della morte, anche se so che un dolore fisico, spero lieve, ci sarà, ma non so quando e come" diceva Eugenio Scalfari in un libro intervista a Francesco Merlo e Antonio Gnoli in cui ripercorreva le tappe più importanti della sua vita, dal periodo fascista alla fondazione di Repubblica e dell'Espresso. Scalfari è scomparso a 98 anni dopo una vita da protagonista nel mondo della vita intellettuale italiana, vissuta da peso massimo del giornalismo, in grado di influenzare politica e società, compagno di banco di Italo Calvino e vicinissimo a Papa Francesco, Scalfari ha attraversato da protagonista la vita del Paese.
Della malattia e della morte ne hanno parlato tantissimi scrittori e intellettuali e anche lui non si è sottratto. Lui che aveva fatto nella laicità la sua barra ("Smisi di frequentare la chiesa. Non mi sforzai più di credere. Non era più un problema di fede, non me ne fregava niente. Ero banalmente un non credente e non mi interrogavo su questa condizione. Non mi chiedevo se c’è o non c’è un creatore") aveva parlato, sempre nel libro intervista, della malattia e della morte e a proposito di quest'ultima disse: "Anch’io, come tutti, spero in una sofferenza limitata (…) Ogni volta che faccio i conti con la fine della vita mi pare di aver vissuto tutto quanto con pienezza".
Scalfari ha detto di essere stato in grado di combattere "quel capitalismo che è un’avventura tra politica e malaffare" grazie alla sua salute. Eppure il diabete e un tremore alla mano hanno caratterizzato gli ultimi cinquant'anni della sua vita: "C’è quel tremito che ha cambiato la mia manualità. Un tempo provavo ad aggiustare certe piccole cose che si rompevano. Ma con la malattia è diventato impossibile. Ed è cambiata anche la mia scrittura. Da anni scrivo solo a mano, perché il tremito rende difficoltoso battere i tasti, ma la grafia, che era già complicata da capire, è diventata più difficile, a volte indecifrabile, anche per me" scriveva e ricordava di quando parlava di vecchiaia con Marcello Mastroianni e Vittorio Gassmann: "Pensai, guardandoli, che con il tempo si deve imparare a gestire il proprio corpo che invecchia. La mente ha un percorso diverso: il suo punto di caduta può essere più lento o più improvviso".