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Enzo Mazza, FIMI: “Via dall’Ariston e più soldi dalla Rai, non serve boicottare Sanremo ma cambiarlo”

Enzo Mazza, ceo della FIMI, la federazione che rappresenta la discografia italiana ha chiesto un cambio radicale del festival di Sanremo a pochi giorni dalla fine dell’era Amadeus.
A cura di Francesco Raiola
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Il Teatro Artiston a Sanremo (LaPresse)
Il Teatro Artiston a Sanremo (LaPresse)

Le parole di qualche giorno fa di Enzo Mazza – Ceo della FIMI (Federazione Industria Musicale Italiana), istituto che rappresenta la discografia italiana – su Sanremo hanno scatenato un piccolo terremoto. Mazza, infatti, parlava dell'inadeguatezza delle infrastrutture cittadine a ospitare un evento che è cresciuto tantissimo negli ultimi anni, ponendo anche i problemi del Teatro Ariston per uno spettacolo come quello di Sanremo. A Fanpage ha ribadito l'enorme problema economico tra i ricavi della Rai e della città rispetto alle spese della discografia, chiedendo dei cambiamenti importanti per quanto riguarda la kermesse che da anni ha cambiato i canoni del mainstream italiano.

Mazza, con la fine dell’era Amadeus e a pochi giorni dalla fine dell’edizione 2024 era il momento giusto per esporre i dubbi dei discografici? Non era meglio aspettare qualche settimana/mese?

Questo Festival, che da un lato è stato un grande successo, ha però messo definitivamente a nudo molte questioni irrisolte, sia a livello di logistica, sia a livello di costi per le aziende. Il mondo fantastico che si vede in televisione e che viene riportato dai media nasconde in realtà molte problematiche che pesano in particolare sulle case discografiche. Era chiaro a tutti che prima o poi sarebbe deflagrato.

Quanto è reale la possibilità di un boicottaggio al prossimo Festival?

Non mi sembra che il tema sia questo. Siamo tutti responsabili, il Festival è un’occasione importante anche per il mercato, ma è necessario che la RAI e il Comune affrontino i nodi prima della prossima edizione. Abbiamo lanciato l’allarme proprio ora per questo motivo, non ad agosto o settembre. C’è tutto il tempo per sedersi e discutere con l’editore RAI e con il Comune.

Si parla da anni della possibilità di trovare un altro luogo. Tu hai detto che non volete portarlo via da Sanremo, ma c’è un problema di infrastrutture, come si possono unire queste cose?

L’Ariston è evidentemente a fine corsa e questo lo dicono tutti, solo chi non ci lavora lo vede come un luogo magico. Perfino Bonolis ed altri conduttori o manager hanno evidenziato il problema. Ci sono città come Cannes che hanno investito sugli eventi, hanno un Palais de Festival. A Cannes la prima struttura era del 1949 e nel 1979, con il crescente successo, hanno costruito una struttura da 18 auditorium. Qui siamo ancora fermi a un cinema degli anni Cinquanta.

In questi anni abbiamo anche visto come Sanremo sia anche ciò che succede attorno – la nave, i cantanti che creano spazi ad hoc -, farlo in un palazzetto in periferia non distruggerebbe un po’ la magia?

Ci sono cose che devono evolvere: Las Vegas ha costruito The Sphere, perfino le squadre milanesi vogliono cambiare lo stadio di San Siro. L’atteggiamento per il quale si deve restare ancorati a strutture inadatte solo perché hanno fascino è una cosa tipicamente italiana, che poi si declina nel non fare nulla.

Parla di mancanza di investimenti della città nonostante i soldi che arrivano: ci fa capire nello specifico cosa vi aspettate dal Comune e dalla Rai?

La città ha grossi problemi di mobilità, spazi, parcheggi, gestione dei flussi di persone e ovviamente anche un’arretratezza nell’ospitalità che mostra tutti i suoi limiti quando è sotto pressione per un evento di questa portata. Sono cose che peraltro dicono gli stessi sanremesi, ma se ad affermarlo è FIMI scatta l’offesa personale e il sindaco addirittura minaccia azioni legali a tutela: noi vogliamo solo che gli operatori del settore – il personale delle case discografiche – possano lavorare a Sanremo in serenità, non in una situazione emergenziale. Ci si deve sedere a un tavolo tutti insieme, analizzare le criticità e individuare soluzioni sul breve e sul medio termine. Fino a oggi la risposta è pari a zero perché al Comune interessa solo riempire la città di un turismo popolare che gira tra bar e ristoranti.

Crede che si possa creare un nuovo patto con la città anche per quanto riguarda le spese?

I costi sono fuori controllo, le aziende discografiche ci riferiscono che appena mettono piede a Sanremo sono già in perdita. Il contributo spese di RAI di 55 mila euro più qualche spicciolo per la serata dei duetti è assolutamente insufficiente. Le case discografiche nell’era di Amadeus hanno portato il vero contenuto premium, artisti in cima alle classifiche in gara. Se è vero che Amadeus ha fatto le scelte giuste è anche vero che le case discografiche hanno presentato gli artisti top dell’anno. Non era mai accaduto: i top artist scappavano dal Festival una volta.

Angelina Mango con Amadeus e Fiorello a Sanremo 2024 (ph Marco Alpozzi/Lapresse)
Angelina Mango con Amadeus e Fiorello a Sanremo 2024 (ph Marco Alpozzi/Lapresse)

Sanremo è un asset importantissimo per i conti Rai, quindi forse si tende a mantenere le cose come stanno (con i guadagni che aumentano, però): alla fine sembra che sia soprattutto una questione prettamente economica, è così? In che misura?

Quando RAI annuncia che ha incassato 60,2 milioni di euro dalla pubblicità e versa una miseria a chi porta il contenuto premium e che spende oltre 100 mila euro per artista è evidente che siamo di fronte a una questione economica. Non c’è proporzione. Il festival sul mercato discografico italiano incide per meno del 1,5% in termini di ricavi dalle vendite di brani musicali ma le case discografiche sono al centro di un indotto enorme anche per la città e per tutto quello che ruota intorno: mondo autorale, editoriale, le piattaforme, le radio, ecc. È evidente che vanno rivisti i parametri.

Parlavi di rimborsi insufficienti, però Sanremo non è anche un volano che dura tutto l’anno e aiuta la promo di album e soprattutto di live? Questo non basta, giusto?

È un evento importante che può cambiare la carriera di un artista ma sempre l’1,5% del mercato vale. La promozione non è negoziabile in cambio di diritti. Non siamo più l’industria che si accapigliava per un passaggio in radio, oggi chi utilizza un contenuto sa che questo ha un valore e questo valore va riconosciuto.

Amadeus ha rivoluzionato il Festival e la discografia, quasi cambiato il canone: avete aspettative particolari per il post Amadeus?

Il Festival ha cambiato il pubblico della RAI, ha ampliato l’offerta televisiva conquistando la galassia digitale, ha un buon riscontro sul fronte musicale, è evidente che dal nostro punto di vista non possiamo che richiedere continuità al prossimo direttore artistico e al team del festival.

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