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È tempo di Kentridge!

Artista di fama internazionale tra i più quotati al mondo, William Kentridge espone in questi mesi tra Roma e Napoli. Accendiamo i riflettori sugli ultimi eventi a lui dedicati.
A cura di Gabriella Valente
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The_Refusal_of_Time

Artisticamente molto complesso, ma dallo stile inconfondibile, William Kentridge è uno dei più amati artisti contemporanei: pluripremiato e presente in prestigiose collezioni museali, ha raggiunto successo e quotazioni stellari.

Formatosi su studi di scienze politiche, arte e teatro, e per questo incredibilmente versatile, conduce una ricerca che, abbattendo i confini tra differenti campi disciplinari, si basa sull’interazione tra i più svariati media: disegno, installazione, scultura, teatro, musica, danza, cinema, scrittura, sono alcuni degli elementi abilmente mixati nelle opere di Kentridge. Popolarissimi sono i suoi film animati: punto di partenza è il disegno a carboncino, espressivo e materico, che si anima grazie a una videocamera che registra il suo divenire, le sue alterazioni, le linee tracciate, cancellate e ridisegnate, a svelare magicamente la tecnica artistica e il farsi del pensiero. Con poesia e forza, Kentridge indaga temi politici e sociali: discriminazioni razziali, colonialismo, totalitarismo e, sul piano individuale, solitudine e dolore. Sono i temi di chi, nato nel 1955 a Johannesburg e cresciuto nel Sudafrica dell’Apartheid, è stato testimone di abusi e ingiustizie.

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Fino al 3 marzo il MAXXI di Roma offre l’occasione di vedere da vicino un interessante nucleo di opere dell’artista sudafricano: al Museo delle arti del XXI secolo è infatti in corso “Vertical Thinking”, una mostra personale che è parte del progetto “Kentridge a Roma”, con cui MAXXI, Fondazione Romaeuropa e Teatro di Roma hanno proposto, oltre alla retrospettiva museale, una serie di incontri-conferenze con l’artista e la messinscena di una sua eccezionale ‘opera da camera’, “Refuse the Hour”, che lo ha visto nei panni di regista, narratore e interprete. Con “Vertical Thinking”, Kentridge invita ad un pensiero verticale, un pensiero alternativo cioè, che scorre verticalmente come la pellicola di un film o gli scavi nei giacimenti d’oro di Johannesburg; invita quindi a nuove interpretazioni, nuovi approcci, nuove strutture logiche e concettuali.

Fulcro della mostra è la caleidoscopica installazione “The Refusal of Time”, ideata per l’ultima dOCUMENTA di Kassel (2012) e ripensata per il museo romano: esempio stupefacente di multimedialità, l’opera consiste in una sala piena di bizzarri oggetti scultorei, di musica ed enormi videoproiezioni con disegni animati, danze e curiosissime performance. Il tema è il tempo e, ancor più, il rifiuto di esso. Kentridge contesta l’idea di tempo standardizzato e immagina un tempo non lineare, caotico, che scorre in avanti e torna indietro, si ripete in loop o accelera vorticosamente: è un’utopia, un desiderio assurdo, quello di rifiutare il tempo, di gestirlo, di dominarlo. Il lavoro scaturisce da riflessioni pluriennali condotte con il fisico e storico della scienza Peter Galison: tempo, entropia, buchi neri, gravità. Così anche la scienza entra nel repertorio di Kentridge, ma lo fa nella misura in cui ha il potere di suggerire delle metafore umane: “Combattere, resistere al tempo ha una certa risonanza in ognuno di noi. Tutti cerchiamo di fuggire dal destino”. Con le musiche di Philip Miller e le coreografie di Dada Masilo, l’artista prepara per lo spettatore un’esperienza entusiasmante, densa di significati e di riferimenti culturali, dove non manca l’istanza politica nella polemica contro la ‘gabbia dei fusi orari’, metafora del colonialismo e delle imposizioni politiche.

The_Refusal_of_Time_still

Sparse per la sala, le sedie per il visitatore; tra queste, dei grandi megafoni di cartone su treppiedi di legno; al centro una macchina lignea di leonardesca memoria si muove a ritmo cadenzato; tutto intorno videoproiezioni che trasformano le pareti in enormi schermi luminosi, pagine di un racconto fiabesco. In cinque riquadri, le immagini proiettate si inseguono veloci, si fanno eco e si avvicendano imprevedibilmente: metronomi in primissimo piano scandiscono il tempo con ritmi diversi; disegni animati e mutevoli raccontano di antichi strumenti di misurazione del tempo e dello spazio, come orologi, ruote, telescopi e ingranaggi vari; nella metamorfosi di un continuo farsi e disfarsi, minuscoli pezzi di carta, come cenere, svolazzano e si incontrano a formare immagini di grande suggestione; bizzarre sequenze filmiche evocano il cinema muto o rivisitano danze classiche in chiave tribale; talvolta l’artista stesso appare sulle pagine di un quaderno di appunti o sullo sfondo di carte geografiche, mentre compie gesti ripetuti sfruttando il loop della pellicola. Incantevoli le sequenze di silhouettes in processione, ombre dallo stile etnico e folclorico che sfilano danzando, che accerchiano lo spettatore, che migrano cariche di strani bagagli. La musica, anch’essa una ‘materializzazione del tempo’, è trascinante e amplifica a dismisura la potenza delle immagini.

North_Pole_Map

Esposti al MAXXI ci sono anche bozzetti e oggetti scenici di “Refuse the Hour” e “The Refusal of Time”, accanto a film animati e grandi disegni. Numerose sono le opere in cui l’artista interviene scrivendo o disegnando su pagine di libri, come in “Zoetrope, Running Man”, dove, su 20 fogli come in 20 fotogrammi, si ritrae nell’atto di correre. In mostra c’è anche “Preparing the Flute”, l’incantevole teatro in miniatura con disegni, proiezioni e musiche, che ripropone l’allestimento per “Il Flauto Magico” mozartiano, ideato nel 2005 per i teatri lirici di Bruxelles e Napoli. Esempio di un altro medium ancora è “North Pole Map”, un arazzo tra quelli più famosi, dove sullo sfondo intessuto di una mappa si stagliano due sagome di indistinte figure ibride.

Viaggiando verticalmente, come un puntino che si muove sulla mappa dei tesori di Kentridge, ci spostiamo da Roma a Napoli. Da settembre 2012, la fermata Toledo della Metropolitana di Napoli, eletta stazione più bella d’Europa dal Daily Telegraph, regala al suo popolo di viaggiatori la visione di grandi opere d’arte contemporanea, di carattere permanente e ideate ad hoc, in dialogo perfetto con i resti archeologici ritrovati durante gli scavi, lasciati a vista e integrati nel progetto della nuova stazione.

Mosaico_Toledo

Oltre al ‘percorso marino’ immersivo di Bob Wilson e alle grandi installazioni fotografiche di Achille Cevoli, ci sono i due mosaici di William Kentridge, dove elementi tipici della sua ricerca artistica si amalgamano profondamente col contesto di destinazione dell’opera. Non solo con la scelta dell’antica tecnica del mosaico, ma anche con i soggetti, i temi, i concetti e molti dettagli compositivi, l’artista evoca la storia, la tradizione e l’arte della città partenopea che lo ospita. Una processione di sagome scure, come le sfilate d’ombre proiettate al MAXXI, è protagonista del mosaico principale, dove i colori dominanti sono il bianco, il nero e il grigio, ricordo dei pavimenti musivi delle antiche case di Pompei ed Ercolano. Lo sfondo è il progetto del 1906 per la Ferrovia Centrale di Napoli, inframmezzato da scorci della planimetria della città e da brani decorativi di affreschi o mosaici visti nei siti archeologici campani. Alla guida del corteo, accanto alla raffigurazione del Vesuvio, c’è San Gennaro, patrono di Napoli. Tra le altre figure, alcune sono quelle elaborate negli anni dall’artista e presenti già in altre sue opere, come l’Uomo megafono, il Mondo su zampe o l’Uomo compasso; altre invece sono legate alla tradizione napoletana, come Musico con cimbali da Pompei, Venditore di tammorre, Figura di donna da ceramica di Capodimonte. Non poteva mancare, in questa processione, l’artista stesso che si ritrae con il suo doppio.

Scultura_Toledo

Di più recente inaugurazione è la scultura in acciaio corten che domina l’affollata area pedonale della stazione Toledo. Essa rappresenta un uomo a cavallo, “Il Cavaliere di Toledo”, ed è posta in asse con il monumento equestre ottocentesco della vicina Piazza Bovio. Monumento equestre contemporaneo, l’opera di Kentridge rievoca dunque un tema scultoreo antico e solenne, ma lo fa con uno stile espressivo, dinamico, asciutto e insieme imponente, nato da una tecnica che genera le figure da un fantasioso e magistrale incastro di pannelli d’acciaio. Il tema iconografico del cavallo, già affrontato in passato da Kentridge, è ovviamente simbolo di autorità e potere, ma in una visione donchisciottesca, che il nostro artista di certo predilige, diventa emblema del viaggio.

Fino al mese di febbraio, la sede napoletana della Galleria Lia Rumma espone in una bellissima mostra disegni preparatori, bozzetti, sculture, collage, mosaici in miniatura, arazzi e vari studi fatti da Kentridge sul tema delle opere per la stazione Toledo.

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