È morto lo scrittore Raffale La Capria, vinse il Premio Strega con Ferito a morte
È morto lo scrittore Raffaele La Capria, autore tra gli altri di un capolavoro come Ferito a Morte, avrebbe compiuto 100 anni il prossimo 3 ottobre. Lo scrittore è stato uno dei protagonisti del ‘900 letterario italiano, in grado di imporsi grazie alla capacità di maneggiare i cambiamenti formali e sostanziali che hanno attraversato la Letteratura italiana: Ferito a morte ne è un esempio lampante, per come è scritto, soprattutto, per la lingua che usa, come ricordò lui stesso in una conferenza che tenne alla Sorbonne di Parigi il 28 novembre 2003 in cui spiegò: "Fanno parte di questo romanzo l’applicazione di tecniche narrative come il flusso di coscienza o monologo interiore, la concezione del tempo sincronica invece che diacronica, la polifonia, la minore importanza della psicologia o della trama, o del personaggio, perché appunto è il contesto che prevale, e cioè la struttura e il linguaggio".
"Ferito a morte", che fu il secondo romanzo dopo l'esordio con "Un giorno d'impazienza" pubblicato anch'esso con Bompiani, subito gli permise di vincere il Premio Strega nel 1961. A questi seguirono romanzi, racconti e saggi, libri come "Amore e Psiche", "Fiori giapponesi", "Napolitan graffiti. Come eravamo", "L'estro quotidiano" che vinse il Premio Viareggio nel 2005. Ma La Capria – Dudù per chi lo conosceva bene -, intellettuale a tutto tondo, scrisse anche sceneggiature di film come "Le mani sulla città" e "C'era una volta", "Uomini contro" e Cristo si è fermato a Eboli" di Francesco Rosi, "Sabato, domenica e lunedì" e "Francesco e Carolina" di Lina Wertmüller e "Senza sapere niente di lei" di Luigi Comencini.
Scrittore nato a Napoli – la sua "falsa partenza" – e trasferitosi a Roma ma che di questa napoletanità parlò spesso cercando di affrancarsi dal perimetro geografico, che diventava sempre qualcosa di più: "Uno scrittore per il semplice fatto di essere nato a Napoli viene definito ‘scrittore napoletano', e l’aggettivo napoletano gli viene imposto come un marchio di fabbrica, tutto quello che scrive è made in Naples. Io però dico – senza voler nulla rinnegare della mia identità – che i miei libri, anche quando parlano di Napoli, parlano prima di se stessi, cioè di come sono scritti, e poi di Napoli". La Capria è stato uno sperimentatore, cercando di trovare nuove formule nella saggistica e soprattutto cercando di affrancare, nei suoi scritti, Napoli dal luogo comune che spesso le era cucito addosso anche dagli stessi scrittori che proprio da quella città provenivano. E forse anche per questo decise di andare via dalla città che gli aveva dato i natali, vissuti a Palazzo Donn'Anna, per trasferirsi a Roma, guardando la città da fuori e raccontando la sua visione del mondo sul Corriere della Sera.
In un'intervista a Fanpage.it nel 2015 La Capria parlò anche della morte: "A me fa paura più l'eternità che la morte. Se c0'è un'altra vita e questa vita è eterna, io all'eternità la immagino come può immaginarla uno che vive la vita che viviamo tutti e la immagino come una cosa sempre ferma, l'eternità, sempre uguale. E sarebbe insopportabile, allora io la morte la vedo come una liberazione dalla paura dell'eternità, per fortuna è un limite e quel limite è sacro e ci libera dalla paura dell'eternità, però tutto questo è il contrario di quello che si dovrebbe dire perché secondo la religione, invece, è importante che ci sia l'altra vita, ma è importante anche per l'uomo. Insomma, ci sono diverse opinioni". Tra i premi ricevuti, oltre allo Strega anche il Premio Campiello alla carriera nel 2001 e il Premio Chiara, sempre alla carriera, l'anno successivo, mentre tra le traduzioni può annoverare quelle di Jean-Paul Sartre, Jean Cocteau, T. S. Eliot, George Orwell. La Capria è stato sposato per 58 anni con Ilaria Occhini, attrice per il cinema, la tv e il teatro scomparsa il 20 luglio 2019 all'età di 85 anni.