Come a tutti coloro che sono stati al G8 di Genova nel 2001, la voce ancora gli si infiamma, e a volte s'incrina, nel rievocare quel 20 luglio di quindici anni fa. Maurizio Braucci (scrittore, sceneggiatore di alcuni dei film di maggior successo del nostro cinema più recente, da "Gomorra" di Matteo Garrone ad "Anime nere" di Francesco Munzi) in quei giorni terribili era lì. "In verità, non furono solo giorni terribili – ci tiene a precisare – perché il Genova Social Forum fu un movimento straordinario e trasversale, che veniva da un percorso lungo e articolato, in cui forse per la prima volta si parlarono tra loro gruppi e persone che fino ad allora erano rimasti isolati nella loro diversità. Purtroppo la morte di Carlo Giuliani e i fatti della Diaz interruppero brutalmente questo percorso."
Al G8 di Genova Braucci c'era andato in compagnia di un altro scrittore, Alessandro Leogrande. Era stato inviato da Rai Radio 3 in veste di corrispondente. Oltre i collegamenti via radio, si era portato dietro una telecamera per filmare le interviste e i momenti salienti di quell'incontro. "Ovviamente non potevo immaginare ciò che sarebbe successo", né che quei giorni sarebbero rimasti per sempre impressi nella memoria collettiva del Paese per avvenimenti così tragici.
Le prove generali al vertice WTO di Napoli nel marzo 2001
L'idea di Maurizio Braucci, peraltro condivisa da molti altri appartenenti al movimento, è che le prove generali del G8 di Genova si tennero il 17 marzo precedente a Napoli, la sua città, in occasione del vertice WTO, dove le forze dell'ordine accerchiarono i manifestanti e li caricarono brutalmente. Seguirono pestaggi in caserma e violenze diffuse. "Resto convinto che Napoli fu il teatro in cui sperimentare la strategia militare che sarebbe stata utilizzata a Genova: chiudere i manifestanti in una determinata area per esercitare la massima azione di repressione. Allo stesso tempo si sperimentò una modalità tipica da ‘burocrazia fascista', per cui se dopo essere stato manganellato ti recavi in ospedale, c'erano buone possibilità di essere arrestati."
Fu proprio a causa dell'esperienza maturata a Napoli che al G8 di Genova, dove dal 19 al 22 luglio si erano dati appuntamento i potenti del mondo, si recò carico di aspettative ma anche di preoccupazione: "Appena arrivai a Genova capii che le cose non si sarebbero messe bene. La mattina del 20 luglio andai a fare un giro nel punto in cui si sarebbe svolto il corteo, a ridosso della famigerata zona rossa. Lì incontrai una donna che mi disse che le forze dell'ordine non lasciavano più uscire chi come noi era entrato in quella zona, il che mi fece supporre che dietro ci fosse una precisa strategia militare."
Gli scontri del 20 luglio e la voce: "È stato ucciso un ragazzo"
Come un "pugile all'angolo", questa è la definizione che Maurizio Braucci usa per definire il corteo che andava formandosi in quelle ore: "quando i gruppi in testa si misero in moto, cercai di avvisare quante più persone del fatto che quella era una trappola. E infatti andò così. I manifestanti entravano in quella gabbia e alle loro spalle si inserivano le forze dell'ordine. A un certo punto, un gruppo di ragazzi spagnoli incappucciati si staccò dal corteo e iniziò un lancio di oggetti verso i carabinieri. Quella fu la scintilla che provocò la prima carica delle forze dell'ordine, ma la reazione fu spropositata: cominciarono a pestare tutti e a lanciare lacrimogeni ad altezza uomo, non potrò mai dimenticarlo…"
E successivamente? Fu allora, dopo che gli scontri tra i cosiddetti black bloc e la polizia si fecero sempre più cruenti che "iniziò a girare la voce che era stato ucciso un ragazzo, nessuno sapeva di chi si trattasse. Solo molte ore dopo scoprimmo il suo nome: Carlo Giuliani. Furono attimi di paura paralizzante. Dentro ognuno di noi c'era solo rabbia e sconforto, in quei momenti sarebbe potuto succedere qualsiasi cosa. Ma la sensazione che più di tutte avevamo addosso era una sorta di indicibile paranoia. Tutti attorno a me sembravano in preda alla stessa emozione. Si sparse la voce che anche una donna era stata ammazzata (che in seguito si sarebbe rivelata del tutto infondata), ma in quei momenti era difficile capirci qualcosa. Sembrava di essere in guerra."
Il giorno dopo alla Diaz
Il giorno dopo gli organizzatori del Social Forum e i responsabili del movimento indissero un corteo di protesta in seguito all'assassinio del povero Carlo. "Ma le cose precipitarono subito nuovamente. Le forze dell'ordine spezzarono in due tronconi il corteo sul lungomare di Genova. Fu un'azione deliberata". Su quanto accadde nelle ore precedenti ai fatti della Diaz, (per cui un tribunale italiano, oltre alla Corte europea dei diritti umani, ha sancito che si trattò di tortura deliberata), lo sceneggiatore già vincitore di due David Di Donatello, ha un'opinione ben precisa: "Fu un'azione di violenza organizzata scientemente contro i manifestanti, una vendetta per le auto e i negozi incendiati, una scelta da parte di chi non poteva permettere che l'Italia apparisse agli occhi del mondo come un luogo dove i no-global l'avevano avuta vinta. La verità è che quel movimento trasversale, che in quegli anni si stava compattando attorno all'elaborazione di un pensiero alternativo, infastidiva i potenti per quest'inedita capacità di aggregazione. C'erano gruppi di persone di diversa confessione religiosa, c'erano anarchici, ecologisti, tutti stavano convergendo nel movimento, la repressione di quei giorni servì proprio a interrompere tale processo".
"C'è poi da aggiungere che in quei giorni le forze dell'ordine mostrarono incompetenza e mancanza di professionalità. Da mesi i media non parlavano che del G8, dei pericoli connessi a un possibile attentato da parte di Osama Bin Laden (che poi sarebbe tristemente diventato noto a tutti qualche mese dopo con l'attentato alle Torri Gemelle), ancora oggi mi sembra assurdo che a un evento del genere fossero stati inviati poliziotti e carabinieri totalmente inadeguati a fronteggiare una situazione così difficile. Ma ancor più degli uomini in campo, a essere inadeguati erano i loro vertici, perché consentirono a una logica di gestione della piazza di trasformarsi in vendetta di Stato. Questo laboratorio di crudeltà organizzata ebbe modo di sperimentarsi nel peggiore dei modi la sera del 21 luglio alla Diaz."
Cosa resta del movimento 15 anni dopo
"Oggi, dopo una lunga interruzione, qualcosa torna a muoversi – dice Braucci – si capisce dal fatto che gli eredi di quel movimento hanno ripreso le stesse modalità di apertura e di dialogo come allora. Anche se lo scenario in questi anni è profondamente cambiato. Purtroppo quei giorni del luglio 2001 hanno rappresentato non solo un'interruzione della democrazia in Italia, come si è spesso detto, ma anche una sospensione nell'elaborazione di un pensiero alternativo alla brutalità del capitalismo. In fin dei conti, la repressione ha ottenuto il suo obiettivo: oltre a far paura ai singoli ha eliminato la lotta dei gruppi dissenzienti. Purtroppo in Italia non ce la passiamo molto bene, perché un paese dove è accaduto quel che è accaduto a Genova nel 2001, è un paese che ha molti problemi. Ancora irrisolti, a mio avviso."