Dopo “Spillover” David Quammen torna con “Alla ricerca del predatore alfa”
C'è stato un tempo, prima del successo mondiale di "Spillover", il libro di David Quammen che in questi mesi tutti abbiamo imparato a conoscere perché aveva (banalizzando un po') "previsto la pandemia da coronavirus che stiamo attraversando, in cui lo scrittore e divulgatore scientifico, aveva già raccontato con il suo impareggiabile codice letterario, sempre al confine tra serrato ritmo narrativo e reportage scientifico, un'altra storia. Anche quella metteva al centro del discorso il complicato e complesso rapporto tra uomini, natura e animali: era il 2005 quando "Alla ricerca del predatore Alfa" usciva per la prima volta. E oggi torna in una nuova, curata edizione, sempre per Adelphi, in ebook, nell'attesa che il libro possa essere presente in versione cartacea nelle librerie italiane. Ma di cosa parla questo poderoso volume di oltre seicento pagine?
Un tempo simboli di forza e grandezza, temuti e venerati come divinità, leoni e tigri, orsi e coccodrilli (i "predatori alfa") sono ormai specie "terminali". Nel giro di centocinquant'anni si prevede che debbano definitivamente uscire di scena. E un altro capitolo della storia evolutiva si sarà chiuso. Ma al di là delle implicazioni strettamente ecologiche vi è una ragione più profonda per osservare con inquietudine il grande invalido, spogliato della sua regalità e ridotto all'impotenza. Da loro, per centinaia di migliaia di anni, gli uomini furono divorati, finché non si trasformarono essi stessi in animali divoranti.
Da Spillover alla ricerca del predatore alfa
Quammen, autore di reportages per National Geographic, conduce la sua analisi tra scienza, letteratura e mito. Il risvolto di copertina di "Alla ricerca del predatore alfa" ci racconta:
Grandi e terribili belve carnivore hanno da sempre condiviso lo spazio con gli esseri umani. Erano parte del contesto ecologico nel quale si è evoluto Homo sapiens. Erano parte dell’ambiente psicologico nel quale è sorto il nostro senso di identità come specie. Erano parte dei sistemi spirituali da noi inventati per far fronte alle alterne vicende dell’esistenza. I denti e gli artigli, la ferocia e la fame dei grandi predatori erano truci realtà che si potevano eludere ma non dimenticare. Di tanto in tanto un mostruoso carnivoro emergeva come una fatalità da una selva o da un fiume, a uccidere e a cibarsi del cadavere. Era – come oggi gli incidenti d’auto – una sventura consueta, che ogni volta, nonostante la consuetudine, rinnovava il trauma e l’orrore. E comunicava un certo messaggio. Una delle prime forme dell’autoconsapevolezza umana fu la percezione di essere pura e semplice carne.
La storia del nostro rapporto col mangiatore di uomini parla tanto della forza di un archetipo quanto di un’accanita volontà di rimozione. Che si concretizza in programma: la legge o il selvatico, la città o il bosco, l’ordine o il caos. Da Assurbanipal a Nicolae Ceauşescu – indimenticato sterminatore di orsi –, dall’arco assiro al fucile di precisione, la caccia al predatore ha significato l’affermazione di un potere.
Ma è l’aut aut la vera menzogna. La vista del Grande Invalido dietro l’inferriata di uno zoo ci inquieta perché avvertiamo che insieme con la sua libertà se n’è andato un pezzo della nostra: un mondo che non ospitasse questi esseri sarebbe un mondo diminuito. Quammen guarda il suo soggetto a distanza ravvicinata e al tempo stesso con raffinato distacco, e la sua analisi – che attraversa scienza, letteratura e mito – è sobria, tagliente. Ma soprattutto Quammen ha una qualità rara: sa trasformare reportage, ricostruzione ambientale, osservazione naturalistica in memorabile racconto.
Chi è David Quammen
David Quammen è un divulgatore scientifico, scrittore e giornalista del "National Geographic". Ha studiato letteratura a Oxford; oggi vive in Montana e con il volume "Spillover" del 2014 è balzato di recente in cima alle classifiche mondiali dei libri più venduti, diventando uno degli esperti più interrogati dalle testate giornalistiche in tema di coronavirus e zoonosi in seguito alla crisi sanitaria da Covid-19.