Dopo i libri sul contagio sarà la volta di quelli sulla Grande depressione?
Le classifiche dei libri, per quanto talvolta possano non piacerci, non mentono. Durante la crisi sanitaria dovuta al Coronavirus degli ultimi mesi i lettori italiani (e non solo) hanno premiato i testi che ci hanno raccontato la pandemia, perlopiù attraverso testi di divulgazione scientifica ("Spillover" di David Quammen), ma anche di riflessione sul rapporto tra epidemia e contemporaneità ("Nel contagio" di Paolo Giordano).
Anche se la parte del leone l'hanno fatta i grandi classici sul tema, da "La peste" di Albert Camus a "Cecità" di Josè Saramago, passando per il romanzo che più di tutti, probabilmente, aveva raccontato uno scenario inquietante simile (persino peggiore) rispetto al nostro, "L'ombra dello Scorpione" di quel genio di Stephen King. Poco hanno potuto in questo revival di vendite "I promessi sposi" di Alessandro Manzoni e il "Decameron" di Giovanni Boccaccio, considerato che ogni famiglia italiana possiede da lungo tempo almeno una copia e chi non ce l'ha probabilmente non ha interesse ad acquistare libri.
A questo punto, con la riapertura e il graduale traghettamento dei paesi come il nostro verso una nuova normalità, che probabilmente sarà una nuova normalità accompagnata da una poderosa crisi economica, nonostante gli strumenti messi in campo per fronteggiarla, è lecito chiedersi (soprattutto lo sperano quegli editori che hanno in pancia, nei loro cataloghi, diversi titoli sul tema) se dopo i saggi sull'influenza spagnola del '18 e sui romanzi che raccontano la temibile peste del XVII secolo, sarà la volta di rituffarci in quei libri che, più di altri, hanno saputo raccontare le conseguenze della crisi economica e sociale conseguente al crollo di Wall Street del 1929, in particolare alla Grande depressione che ne scaturì per il mondo negli anni successivi, dagli Stati Uniti fino all'Europa e che fu causa, secondo molti storici, dell'ondata di totalitarismi che portò il mondo nel cuore di un conflitto totale, culminato nella Seconda guerra mondiale.
Sarà quindi, cominciano a chiedersi editori, librai e lettori, il turno di romanzi come "Furore" di John Steinbeck o "E adesso pover'uomo?" di Hans Fallada o "Non si uccidono così anche i cavalli?" di Horace McCoy? Può darsi. Oppure no, perché gli effetti della crisi del nostro sistema economica sarà così dilazionata nel tempo da non permettere uno shock tale da spingere le persone a volersi informare e scoprire cosa è accaduto nelle società travolte da crisi di sistema. Potrebbe però darsi che qualche scrittore o scrittrice di oggi riuscirà a intuire dove andrà il mondo nei prossimi anni. E potrebbe tirarne fuori il prossimo libro culto.