“Donne pericolose” all’inizio del Novecento: la raccolta fotografica di Peter J. Cohen
Un lavoro cominciato per caso, sfogliando un vecchio album di una qualche famiglia sconosciuta. Venticinque anni dopo, quello che era un progetto secondario, quasi un hobby, è divenuto una raccolta di più di 60.000 fotografie. Tante immagini in bianco e nero, tutte a cavallo fra Ottocento e prima metà del Novecento, trovate girando i mercatini d'antiquariato di tutto il mondo con un'unica regola: la curiosità. "Mentre aspettavo una persona nei pressi di un mercato, ho visto una pellicola di plastica che conteneva un album di famiglia". Senza sapere perché, Peter J. Cohen comprò cinque foto, per otto dollari. "Arrivato a casa le guardai appena". Comincia così una passione che dura da venticinque anni e che oggi è stata trasformata in un bellissimo volume fotografico edito dalla Rizzoli. Cosa c'è dietro una collezione così curiosa? Quali storie raccontano quelle fotografie?
E soprattutto, perché riempirsi la casa di fotografie e ricordi di sconosciuti? "Queste foto mi piacciono perché raccontano storie, o almeno una piccola parte della storia, che è rimasta incompiuta". Il lavoro che ne è venuto fuori è singolare: per il libro, Cohen ha infatti raccolto migliaia di immagini di donne, studentesse ma anche madri di famiglia, zie, nonne, tutte curiosamente impegnate in attività non convenzionali per l'epoca: donne che tirano di boxe, che fumano, o che sparano da pistole e fucili. Donne "pericolose".
Il termine "dangerous" attribuito a queste donne risulta curioso ma emblematico per lo stesso Cohen: esso vuole alludere ad una caratterizzazione che sarebbe stata data all'epoca alle protagoniste degli scatti, se fossero stati resi pubblici. Il collezionista crede infatti che molte delle foto siano state fatte in privato, e fossero destinate a rimanere tali. Per tutto il secolo scorso, fino a quando l'emancipazione femminile non è passata dall'essere un tabù ad un dato di fatto, i volti delle donne che comparivano pubblicamente in fotografia dovevano essere modello di moderatezza ed equilibrio.
La raccolta di Cohen ha un valore importantissimo dunque, oltre ad essere una testimonianza storica insolita: attraverso di essa, si vede come quegli stessi tabù che sembravano incontestabili vengano rotti dalle stesse donne che erano madri, mogli o semplicemente adolescenti, nel momento esatto in cui abbandonano le loro inibizioni davanti all'obiettivo.
"Appena la Kodak inventò la macchina fotografica, nel 1888, la gente cominciò a giocare e ad interagire con la lente, in particolare gli studenti universitari. C'è un senso di gioia indescrivibile in queste foto" dice Cohen. L'emancipazione femminile è un tema che ha attraversato tutto il ventesimo secolo, ma questo lavoro suggerisce che forse le donne erano molto più "toste" di come le pensiamo noi oggi. Forse anche più toste di noi, oggi.
Gran parte della collezione è stata conservata per anni in scatole di tela rosse, verdi o blu, nel suo appartamento del West Village di New York, ed ogni foto era catalogata con una specifica categoria: "coppie", "alberi di natale","paesaggi". La foto più vecchia è datata 1890, due anni dopo che George Eastman aveva brevettato la prima macchina fotografica rudimentale, la Kodak n.1. Il gioco è poi diventato una sorta di ossessione: oltre 40 fine settimana passati a spulciare vecchi mercatini e le gallerie di antiquari alla ricerca di qualcosa che catturasse la sua attenzione.
Ci sono tanti collezionisti che raccolgono soltanto uno o due temi, che so: "ragazze con cani" o "ragazzi in bicicletta", oppure fotografie di qualche anno in particolare. Io le raccolgo tutte perché mi piacciono le immagini. Se ho 50 fotografie, ci saranno 50 ragioni diverse per le quali mi piacciono.
Dal 2010, 7.000 di queste fotografie sono state donate a numerosi musei e gallerie d'arte: l'allora direttore del dipartimento di fotografia del Museum of Modern Art di New York, Peter Galassi, ammise che le foto non erano di suo gusto, ma ne riconobbe la straordinaria importanza per qualunque istituto che volesse riconoscere alla fotografia non solo un valore artistico, ma anche storico. Altre immagini furono donate al Metropolitan Museum. Qui, 50 divennero la base per una mostra che richiamava il tema greco-romano delle "tre grazie".
Questo lavoro indubbiamente ci lascia guardare nel passato con ironia e umorismo. Vediamo tantissime giovani e non più giovani "femmes fatal" e vamps, posare, fumare in modo provocante, flirtare con la macchina fotografica come se dicessero "non avrei mai pensato che sarebbe stato così bello lasciarsi andare".
Donne impegnate in un rodeo o in sport prettamente maschili come la boxe, o che fanno cose scandalose come bere una birra o l'autostop: tutti gesti che non erano considerati convenienti, all'epoca. Ma come ha ricordato anche Peter J. Cohen, una donna pericolosa non infrange le regole, le fa.