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Donne e sport: a Piazza Armerina le prime atlete della storia

Risale ai primi secoli dopo Cristo la prima testimonianza di donne atlete della storia: vestite di quello che oggi chiameremmo “bikini”, le bellissime fanciulle del mosaico di Piazza Armerina, in Sicilia, ci raccontano come gli antichi intendevano lo sport.
A cura di Federica D'Alfonso
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Il celebre mosaico della Villa romana di Piazza Armerina, in Sicilia.
Il celebre mosaico della Villa romana di Piazza Armerina, in Sicilia.

Le fanciulle della Villa romana del Casale, nei pressi di Piazza Armerina, sono divenute famose in tutto il mondo come il primo esempio, audace, di utilizzo del bikini. In realtà i tasselli del celebre mosaico raccontano una storia molto più affascinante di quella che emerge al primo sguardo: queste bellissime donne rappresentano infatti un particolarissimo esempio, uno dei pochi giunti fino a noi, di sport femminile nell’antichità.

Conservato all’interno della grande residenza siciliana del IV secolo d.C., dichiarata patrimonio dell’umanità dell’UNESCO nel 1997, il mosaico rappresenta otto giovani donne intente in quella che sembrerebbe una competizione sportiva. Una testimonianza davvero affascinante, che ci permette anche di fare ipotesi su quelle che dovevano essere le pratiche sportive più in voga all'epoca: vediamo due fanciulle intente nel gioco della palla, una impegnata probabilmente nel lancio del disco, sport solitamente riservato agli uomini, mentre un’altra sembra intenta a sollevare gli antenati dei moderni pesi.

Particolare del mosaico.
Particolare del mosaico.

I loro corpi non sono statuari né privi d’imperfezioni: alcune di loro esibiscono delle cicatrici all’altezza dell’ombelico, altre sembrano essere molto più in carne di quanto sarebbe oggi permesso ad un’atleta. Tutto ciò non conta: il canone estetico passa in secondo piano di fronte alla dimostrazione di forza e vigore che traspare dai loro gesti, simbolicamente coronati dal copricapo di rose indossato da una delle fanciulle.

Un’idea di femminilità diversa, forte, capace di sostenere anche quelle sfide che nel mondo antico sembravano dover essere riservate solo agli uomini più vigorosi, specchio della particolare concezione dello sport propria dei romani e molto diversa da quella dei lontani cugini greci.

Un’idea di sport molto particolare

In Grecia lo sport rappresentava il più alto connubio di virtù fisica e intellettuale. Un’eredità culturale profonda, che però gli antichi romani non vedevano di buon occhio: l’agone greco era considerato infatti un’esibizione “immorale”, in quanto priva di finalità pratiche concrete (oltre che scandalosa perché praticata senza vestiti di sorta). Per i romani gli atleti greci avevano esasperato il concetto di abilità fisica, pensando soltanto, come ci spiega Galeno, a “mangiare, bere, dormire, evacuare e rotolarsi nel fango”. Una pratica sportiva d’élite, quella greca, che la romanità ha decisamente ridimensionato: non più legata a significati religiosi e all’affermazione della classe nobiliare, l’attività sportiva era aperta a tutti e per questo di estrema rilevanza nel tessuto sociale dell’antica Roma.

E non è un caso dunque che il mosaico di Piazza Armerina si inserisca in un più ampio racconto in immagini che passa attraverso le varie scene rappresentate sulle mura della villa: gli studiosi hanno interpretato quale significato ultimo delle raffigurazioni di Orfeo, Arione, Ercole e Bacco e, non ultime, le fanciulle in bikini, come una metafora della vittoria dell’uomo sulle passioni e le forze brute grazie alla musica, all’astuzia e alla forza fisica: una forza significativamente rappresentata dalle donne.

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