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Don Chisciotte compie 400 anni

Sono passati 400 anni dall’epoca in cui la triste sagoma di Don Chisciotte si aggirava per le praterie della Mancha in cerca delle folli illusioni che abitavano la sua mente: il romanzo fu pubblicato, nella sua versione definitiva in due volumi, dopo circa dieci anni , da Cervantes nel 1615. E tuttavia l’anziano cavaliere viaggia ancora assieme a noi nelle praterie dell’inconscio, emblema più classico della fiducia e della sfiducia in tutto ciò che di assurdo, e pure credibile, popola la nostra vita.
A cura di Luca Marangolo
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Se fosse vivo ancora oggi, il buon Don Chisciotte direbbe che è stato un mago cattivo, che ce l’ha con noi, a causare la crisi economica, e che non dobbiamo assolutamente preoccuparci per i nostri solidi: i maghi buoni che vegliano su di noi nei principali istituti finanziari del mondo ci salveranno.

Se fosse ancora con noi l’ Hidalgo Don Quixote de la Mancha direbbe che gli ultimi uragani che hanno causato distruzione e miseria non sono l’effetto del surriscaldamento globale, sono una qualche stregoneria di qualcuno che ci vuole male. E anche se qualche scienziato venisse da lui carte alla mano e spiegasse al Caballero de la trista figura a Sancho e a Ronzinante (il brocco che lui pensa essere un destriero) che in realtà è tutto frutto dell’industrializzazione selvaggia, Don Chisciotte gli risponderebbe che è posseduto da forze maligne.

Il mondo di Don Chisciotte è simile al nostro, pieno di credenze stupide, non certo pieno di ideali cavallereschi, ma sicuramente di gente che va contro i mulini a vento. Il più grande credulone della storia della letteratura compie 400 anni, perché Miguel de Cervantes, un veterano spagnolo, transfuga dopo la Battaglia di Lepanto, pubblicò la versione completa del suo libro, (iniziato nel 1605 ), in due volumi,  nel 1615. E ciò perché i tentativi di pirateria erano diventati tantissimi, e circolavano delle versioni apocrife che l'autore voleva zittire.

 Già nel 2005 si festeggiò, in Spagna, la nascita di Don Chisciotte nel 1605, ma perché non rievocarlo anche quest'anno? L'anniversario dell' anno in cui il cavaliere triste ricomparve sulle scene della letteratura del tempo per completare l'arco della sua amara vicenda?

E' lontano quattro secoli dal mondo di paradossi di credulità e incredulità cui questo romanzo– una delle pietre miliari della storia dei libri-  ci racconta. I nostri Draghi sputafuoco sono la propaganda politica  e le illusioni ideologiche, i nostri mulini a vento sono i capri espiatori di ogni genere e tipo. Tutti noi, come Don Chisciotte, siamo condannati a credere ad una realtà  raccontata che ci si offre davanti, e tutti noi, a pr

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.escindere dal punto in cui la osserviamo, siamo condannati a rimanere attaccati alle nostre credenze, alle nostre illusioni, illusioni con cui viviamo e con cui facciamo vivere il mondo.

Questo triste cavaliere smunto e cupo staglia la sua silfide barbuta sulla soglia del Seicento Barocco, il Siglo de Oro,  il Secolo del tramonto degli ideali trascendenti, e l’inizio delle narrazioni(qualcuno le chiamerebbe gli "epistemi",  cioé le credenze, etimologicamente). Questo passaggio epocale, quello dagli ideali trascendenti alle narrazioni è ciò che lo ha prodotto. Trovandosi lì, nel mezzo, Don Chisciotte non poteva non essere unico nel suo genere. Ci sono dei draghi ad ogni angolo di strada, in ogni pozzanghera, ci sono Dulcinee da salvare in ogni vecchia ostessa grassa e grinzosa del posto, c’è mistero e magia in ogni cosa convenzionale. C’è medioevo in ogni forma prosaica della modernità.

La sua posizione sbilenca, a metà fra Medioevo e età moderna, fra finzione e realtà, fra credenza ed esperienza, è però anche la nostra. Come tutti i classici, quei libri che durano per secoli dal momento in cui sono stati scritti, Don Chisciotte conserva in questa caratteristica esatta la sua modernità, il piacere estetico del paradosso, del trompe l’oeil metafisico, che attrae tutti i lettori.

Se i politici fossero dei cavalieri, e come tali invece di fare delle leggi andassero a combattere Draghi, se invece degli sherpa avessero degli scudieri, ad ogni loro convinzione ideologica, che strappa applausi nei Talk Show, ad ogni discorso pseudo-razionale o poco concreto, invece di stuoli di adulatori ci sarebbe senza dubbio il buon Sancho Panza, uno scudiero bonario e rassegnato alla loro insana ideologica. E  quando dicono qualcosa a cui la gente di solito vuole disperatamente credere, invece di uno scroscio di applausi avrebbero in risposta uno sguardo scettico ma benevolo, lo sguardo che si offre alle persone che, purtroppo, sono fuori di sé e sragionano, come fa il buon vecchio Hidalgo.

Il cavaliere che si buttava allo sbaraglio in avventure allucinatorie è ancora tra noi! Se Sancho Panza gli chiedesse senor, perché dobbiamo andare a sbattere come scemi contro i mulini a vento, perché dobbiamo continuare a pensare che la causa di tutti i mali sono le persone che emigrano nel nostro paese, perché dobbiamo avere fiducia cieca nella buorocrazia sovranazionale? Il vecchio cavaliere magro e dall’occhio spiritato, ritto sul suo scheletrico palafreno bardato, non avrebbe un attimo di esitazione, non avrebbe alcun dubbio e risponderebbe: “Elementare, Sancho. Ce lo chiede l’Europa!”

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