Doisneau e Parigi alla Reggia di Caserta. Immagini e racconti del fotografo francese
È considerato il fotografo di Parigi per eccellenza, è noto agli esperti e ai profani, ai conoscitori ferrati e ai semplici appassionati. È Robert Doisneau (1912-1994), l’autore del celeberrimo Bacio dell'Hotel de Ville, lo scatto che ha emozionato e continua ad emozionare diverse generazioni di spettatori in tutto il mondo.
Quel Bacio dell'Hotel de Ville è ora esibito alla Reggia di Caserta nella mostra Robert Doisneau – Paris en liberté, che, dopo il successo ottenuto a Milano e Roma, è allestita negli Appartamenti storici del Palazzo Vanvitelliano fino al 23 settembre, a ravvivare uno dei siti culturali più importanti d’Italia. Esposte ci sono 200 fotografie originali, realizzate tra il 1934 e il 1991 e raccolte oggi grazie all’Atelier Doisneau, il ricchissimo archivio ufficiale del fotografo, gestito dalle sue due figlie a Montrouge, nell’Île-de-France, in quello che fu lo studio di Robert per oltre 50 anni.
Divise per nuclei tematici, le fotografie esposte conducono il visitatore per le strade di una Parigi oggi perduta, a scoprire scorci inediti, accadimenti originali e istanti irripetibili, in un tono che sa essere perdutamente romantico ma anche ironicamente irriverente. Le visioni composte ed eleganti, di lettura immediata, semplice e d’impatto, tali da coinvolgere anche il meno attento degli osservatori, sono il segreto del grande successo. Il bianco e nero è scelta esclusiva e rigorosa per Doisneau ed è anche lì che probabilmente risiede quel tocco poetico che tanto affascina gli estimatori del fotografo. Lungo la Senna, nei giardini, per le strade del centro, nella periferia, nei bistrot, negli atelier o nelle gallerie, il soggetto di Doisneau è la vita degli abitanti di Parigi, colta nella loro immediatezza o talvolta reinventata, proprio come nel caso della fotografia all’Hotel de Ville, per la quale l’autore, come un regista, ha preordinato quel bacio.
“Ho molto camminato per Parigi, prima sul pavè e poi sull’asfalto, solcando in lungo e in largo per mezzo secolo la città”, scrive il fotografo in un testo del 1984 dove spiega che la sua attività non ebbe mai una premeditata missione documentaristica, di testimonianza per le generazioni future, ma, au contraire, fu sempre guidata dall’istinto e dal piacere. “A mettermi in moto è sempre stata la luce del mattino, mai il ragionamento. D’altronde che c’era di ragionevole nell’essere innamorato di quello che vedevo?”. E aggiunge: “I gesti della vita vengono compiuti con semplicità e i volti di coloro che al mattino si alzano presto sono commoventi. Ti fanno squagliare di tenerezza”.
Con sorpresa e interesse scopriamo il lato ribelle di questo artista dall'animo romantico, che dichiara: “Disobbedire mi sembra una funzione vitale e devo dire che non me ne sono mai privato”. Prima di raggiungere la fama nel circuito delle gallerie d’arte, Robert lavorò per lo studio fotografico di una casa farmaceutica, in seguito per le officine Renault e poi per diverse riviste, ma la sua passione per la fotografia ‘umanista’ era già sviluppata e ampiamente coltivata, tanto che lui stesso dichiara di aver scattato molte fotografie durante le ore rubate ai suoi vari datori di lavoro, e non a caso in quegli anni fu licenziato da uno dei suoi impieghi per assenteismo.