È apparsa su Repubblica.it, con tanto di documentazione fotografica: "Usa, i big del pollo negano la pausa pipì e i dipendenti mettono il pannolone. I supervisori non lasciano andare in bagno gli addetti perché devono tenere a velocità alta e costante le macchine. E i dipendenti sono costretti così ad arrangiarsi: urinano e defecano direttamente mentre lavorano, indossano pannoloni, riducono al minimo l'assunzioni di liquidi fino a livelli pericolosi." Non si tratta solo di una questione di dignità e di diritti umani di base, dice il rapporto di Oxfam, di mezzo ci va pure la salute: "C'è il rischio serio di infezioni alle vie urinarie e il problema è ancor più serio per le donne, specie quelle incinte o con mestruazioni".
Che dire? Come commentare la notizia? La notizia, ovviamente, viene presentata come se si trattasse di un’anomalia rispetto a un sistema di per sé buono: come, appunto, un contraddizione accidentale e transitoria, non legata al mondo storico di cui siamo abitatori. E invece occorrerebbe percorrere onestamente la via opposta, con serietà e rigore: la vicenda dei polli e dei lavoratori sfruttati e umiliati non è né isolata, né accidentale. In essa si esprime al meglio l’essenza di quella contraddizione concretissima che siamo soliti chiamare capitalismo.
Come disse Marx, “la contraddizione è il capitale stesso”: che non soltanto è irriformabile, ma che sempre più tende a produrre scene di ordinaria follia come quella di cui sopra; scene in cui sfruttamento e umiliazione della dignità umana si intrecciano senza soluzione di continuità.
Scene che, in altri tempi, sarebbero forse bastate a far divampare dieci rivoluzioni russe e venti rivoluzioni francesi. E che invece oggi, nella società a cinismo avanzato e a capitalismo realizzato, appare se non fisiologica, comunque eccezionale rispetto a un sistema che si pretende il migliore nonché il solo possibile. Anche in ciò sta, del resto, la contraddizione: nel riuscire a farsi accettare anche da chi la subisce, troppo spesso ridotto al rango di schiavo ignaro e, di più, disposto ad amare le proprie catene. Schiavo che ama la propria cella perché s’è davvero convinto che non esista un mondo esterno rispetto ad essa o che, se anche esistesse, sarebbe il gulag o Auschwitz.
D’altro canto, non lo sapevate? Il totalitarismo e la dittatura sono stati sconfitti: erano quelli rossi e neri. Ora siamo finalmente nel regno della libertà universale. La tv e i giornali lo ripetono un giorno sì e l’altro pure. E i dipendenti costretti a lavorare col pannolone ne sono la più fulgida dimostrazione.