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Oltre TikTok, Anna Politkovskaja conquista i lettori italiani raccontando la Russia di Putin

“La Russia di Putin”, libro della giornalista russa Anna Politkovskaja ripubblicato da Adelphi è schizzato ai primi posti della classifica di vendita.
A cura di Francesco Raiola
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L'ultima classifica dei libri più venduti in Italia dice che oltre ai libri amati dalla Generazione Z e condivisi massivamente su TikTok, a Gino Strada e alla sempreverde Isabelle Allende a interessare i lettori italiani è la Russia di Putin raccontata qualche anno fa dalla giornalista russa Anna Politkovskaja, ammazzata il 7 ottobre 2006 mentre stava rientrando a casa: assassini arrestati, ma mandanti mai trovati. Le ombre di quell'omicidio portano tutte al Cremlino, però, visto che la giornalista della Novaja Gazeta non era mai stata morbida con Putin e in quei giorni stava per pubblicare un articolo sulle torture perpetrate dal capo della Repubblica cecena Ramzan Kadyrov, fedelissimo di Putin e anche oggi persona in vista anche durante la guerra in Ucraina.

Il libro di Anna Politkovskaja è stato ripubblicato da Adelphi poche settimane dopo lo scoppio della guerra in Ucraina voluta dal Presidente russo. Una scelta che ha premiato la casa editrice che vede ancora una volta un suo vecchio titolo tornare in voga e in classifica, come accadde nel 2020 a "Spillover", il libro del giornalista David Quammen che indagò, prima dello scoppio della pandemia di Covid, proprio su come una pandemia potesse essere uno dei problemi principali con cui avremmo dovuto confrontarci. Mentre quello del saggista statunitense fu preso come una sorta di preveggenza, questo libro di Anna Politkovskaja sembra incontrare più il gusto di chi ha bisogno di capire cosa sia successo nella Russia putiniana, e cosa lo abbia portato a intraprendere una guerra d'invasione in territorio europeo.

"Questo libro parla di un argomento che non è molto in voga in Occidente: parla di Putin senza toni ammirati" scrive la giornalista russo-americana nell'introduzione al libro, spiegando di non volersi porre come un'analista politica, quale non è, quanto piuttosto una giornalista che ha voluto scrivere "un libro di appunti appassionati a margine della vita come la si vive oggi in Russia". Politkovskaja raccoglie le storie delle persone, analizza quelli che considera criminali di guerra, come nel caso del colonnello Budanov, che "rapì, stuprò e uccise El’za Kungaeva, diciottenne cecena che viveva con i genitori nel villaggio di Tangi-Ču", usato per rappresentare "un’eccezione nel panorama della legge russa. È stata la politica a dare visibilità al suo crimine e a metterlo sotto i riflettori, determinando importanti conseguenze politiche che a loro volta hanno indotto il potere a consentire un verdetto di condanna. Tutto è accaduto per caso. Qualsiasi altro processo per crimini di guerra che veda imputati dei russi è di norma insabbiato e gli organi di sicurezza si preoccupano solo di scagionare i colpevoli".

Insomma, in Russia niente si muove, specie quando si parla di giustizia, che non sia voluto da Putin: "Siamo solo un mezzo, per lui. Un mezzo per rag­giungere il potere personale. Per questo dispone di noi come vuole. Può giocare con noi, se ne ha voglia. Può distruggerci, se lo desidera. Noi non siamo niente. Lui, finito dov’è per puro caso, è il dio e il re che dobbiamo temere e venerare. La Russia ha già avuto governanti di questa risma. Ed è finita in tragedia. In un bagno di sangue. In guerre civili. Io non voglio che accada di nuovo. Per questo ce l’ho con un tipico čekista sovietico che ascende al trono di Russia incedendo tronfio sul tappeto rosso del Cremlino" come dice la giornalista chiudendo questo libro che è tornato a essere un caso, a dimostrazione di come ci sia sempre più voglia di comprendere la complessità del contemporaneo.

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