Dieci piccoli indiani: 80 anni fa Agatha Christie pubblicava il suo giallo più famoso
80 anni fa Agatha Christie pubblicava uno dei suoi capolavori più famosi: nel 1939 usciva in libreria “Dieci piccoli indiani”. Si tratta del libro giallo più venduto in assoluto, con un record di 110 milioni di copie, oggetto di decine di adattamenti cinematografici e teatrali. La regina del crimine dà il meglio di sé in questo racconto, creando una narrazione che fino all'ultima pagina lascia il lettore con il fiato sospeso. In Italia il libro uscirà solo nel 1946, numero 10 della collana giallo Mondadori.
“…e non rimase nessuno”: un enigma senza uscita
La Christie aveva già collezionato una serie di successi all'epoca della pubblicazione di questo romanzo grazie al celebre personaggio di Hercule Poirot, che aveva fatto la sua comparsa nel 1920 in “Poirot a Styles Court”. Nella maggior parte delle sue opere il detective è il personaggio chiave per la risoluzione del delitto, che alla fine viene chiarito e riscattato. Fu anche per questo motivo che “Dieci piccoli indiani” spiazzò il pubblico e la critica: non c’è nessun investigatore che alla fine riporta l’ordine, né un colpevole facilmente individuabile che alla fine, in un modo o nell'altro, paga per il suo crimine.
Alla fine di questo romanzo, non rimane nessuno. I dieci “protagonisti”, uno dopo l’altro, muoiono tutti. Le vicende si svolgono su un’isola immaginaria, Nigger Island, sulla quale c’è una sola abitazione di proprietà di un misterioso e fantomatico signor Owen. Nemmeno i due domestici, Thomas ed Ethel Rogers, conoscono la sua identità. Il susseguirsi angosciante di eventi porta ad un’unica certezza: su quell'isola, in quella villa, nessuno resterà in vita.
Con “Dieci piccoli indiani” Agatha Christie costruisce uno degli esempi meglio riusciti di enigma a camera chiusa: i fatti si svolgono in un ambiente circoscritto e non c’è possibilità di sperare in un intervento esterno. Ma il colpo di scena più clamoroso, quello che tiene il lettore con il fiato sospeso fino alla fine, è che nessuno si salverà. Non c’è possibilità di redenzione o di condanna: l’eterno e ambiguo rapporto fra bene e male si risolve solo con la morte.
“Dieci poveri negretti”: la canzone che ispirò la Christie
Uno degli elementi narrativi più efficaci del racconto è sicuramente la celebre filastrocca che ogni tanto torna a tormentare i protagonisti. “Dieci poveri negretti se ne andarono a mangiar: uno fece indigestione solo nove ne restar. Nove poveri negretti fino a notte alta vegliar: uno cadde addormentato, otto soli ne restar”: i versi di questa litania funebre scandiscono i momenti salienti del testo, anticipando in modo inquietante la modalità della morte di ciascun personaggio.
“I due poveri negretti stanno al sole per un po': un si fuse come cera e uno solo ne restò. Solo, il povero negretto in un bosco se ne andò: ad un pino si impiccò, e nessuno ne restò”. L’ultimo verso della filastrocca fu anche quello che diede il titolo all’edizione americana del libro: nelle intenzioni di Agatha Christie l’opera doveva intitolarsi proprio come il verso iniziale della tiritera, che in realtà è una canzone scritta nel 1868 dallo statunitense Septimus Winner. Ma l’espressione “niggers”, già offensiva e problematica all’epoca, si trasformò in “indians”: anche in Italia, inizialmente, il libro venne pubblicato come “…e non rimase nessuno”, per poi assumere il titolo con il quale è famoso ancora oggi.