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Dieci ossessioni dei più grandi scrittori

Dieci divertenti manie di scrittori famosi che ce li rendono un po’ più veri e che possano farci entrare nei meccanismi ossessivi e compulsivi che sempre entrano in gioco quando si tratta di creatività.
A cura di Luca Marangolo
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Il rito è qualcosa che va oltre le codificazioni religiose: è un modo con cui si esprime la nostra psicologia. Noi tutti siamo ossessionati dal rito, dall’esigenza di dover ricreare sempre lo stesso ambiente, ripetere gli stessi gesti, vivere le stesse esperienze: la ripetizione è uno dei profondi segreti della creatività. Creare è ripetere, e la ripetizione di qualcosa di uguale porta a qualcosa di diverso. Ecco perché i più grandi scrittori hanno tutti delle fissazioni, delle ossessioni, delle manie, dei setting, feticci o altro che consentono loro di lavorare. Per pura curiosità ma soprattutto perché questo può forse dirci qualcosa sul rapporto fra l’atto e l’immaginazione-fra la fantasia e la realtà-, vediamone qualcuna. Dieci ossessioni di grandi scrittori.

 1. Marquez

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In tantissime foto, prima e dopo la sua morte, vediamo Gabriel Garcìa Marquez ritratto con accanto o all’occhiello un fiore giallo. Pare che lo scrittore colombiano scomparso un anno fa traesse da questi fiori una luminosa ispirazione dato che non mancava mai di tenere accanto a se un fiore giallo mentre scriveva. C’è un passo di Cent’anni di solitudine in cui sul villaggio si spande una delicata pioggia di fiori gialli: che questi fiori non siano la più chiare rappresentazioni della sua esigenza di dischiudere luce e magia dal prosaico?.

2. Oats

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Joyce Carol Oates è una delle autrici più prolifiche di sempre, ha scritto centinaia e centinaia di racconti, oltre a saggi e numerose altre opere: pare che conservi tutti i suoi testi in una cassetta a prova di incendio.

3. Hemingway

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Ernest Hemingway riscrisse per ben 39 volte il finale di Addio alle armi senza riuscire assolutamente a decidersi su quale fosse quello giusto. La scelta definitiva cadde, nel 1929, sul celebre "Dopo un po' uscii e lasciai l'ospedale e tornai all'albergo nella pioggia".

4. Capote

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Thruman Capote è ben noto per ogni sorta di eccentricità. Ma la più grande è senza dubbio la superstizione: era superstizioso a tal punto che non finiva mai di scrivere qualcosa di venerdì, ed evitava puntualmente ogni riferimento al numero tredici.

5. Murakami

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Lo scrittore Murakami Haruki è celebre per avere una routine ferrea. Il suo lavoro creativo si svolge tutto fra le sei  e le dieci del mattino, il resto del giorno è dedicato alla corsa – è infatti un appassionato maratoneta-  e ad altre attività come la musica e la lettura. Si addormenta alle 21 per poter ricominciare.

 6. Alcott

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Louisa May Alcott era dipendente dall’oppio. Mentre per Charles Baudlaire si tratta di una leggenda metropolitana, nel caso della Alcott, la dipendenza era nata effettivamente, a causa di una prescrizione medica e non è escluso che avesse aiutato la sua ispirazione, sebbene scevra da ogni maledettismo.

7. Schiller

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Il più bizzarro di tutti gli anneddoti è forse quello riportato da Goethe a proposito del suo amico fraterno Frederich Schiller. Per Schiller niente oppiacei o liquidi: entrato nel suo studio Goethe si accorse di una puzza tremenda che pervadeva la stanza. Erano delle mele marce che pare ispirassero il poeta inebriandolo del loro odore. Nella foto li vedete tutti e due (Goethe alla vostra sinistra, Schiller a destra, in una statua a Weimar che li ritrae in un gesto di fratellanza)

8. Saramago

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In un'intervista rilasciata a Baptista-Bastos, José Saramago ha dichiarato di forzarsi a non scrivere di più di due pagine al giorno. Indipendentemente dall’argomento, l’autore si disciplinava a interrompere il filo del discorso per proseguire il giorno dopo. “Possono sembrare poche, ma per un anno ne fanno più di ottocento”.

9. POE

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È probabile che il notorio gusto del macabro di Edgar Allan Poe derivasse anche dal fatto che, da bambino piccolissimo, aveva iniziato a studiare l’aritmetica al cimitero, facendo sottrazioni e addizioni dei numeri incisi sulle lapidi.

10. Proust

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Nel suo appartamento al 102 di Boulevard Heissmann, dove si era trasferito dopo la morte della madre, Marcel Proust aveva fatto rivestire totalmente di sughero la sua camera da letto, così da isolarsi acusticamente.

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