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Opinioni

Dieci anni senza Enzo Siciliano, l’intellettuale del servizio pubblico

A dieci anni dalla scomparsa, lo scrittore Lorenzo Pavolini, collaboratore e amico di Enzo Siciliano, ricorda in un’intervista esclusiva la figura dell’ex presidente Rai e direttore della rivista Nuovi Argomenti.
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Enzo Siciliano e Lorenzo Pavolini. Foto di Mario Dondero
Enzo Siciliano e Lorenzo Pavolini. Foto di Mario Dondero

Era l'alba del 9 giugno 2006. In un letto della clinica romana Villa Mafalda, muore a 72 anni lo scrittore Enzo Siciliano, intellettuale raffinato, amico di Alberto Moravia, Pier Paolo Pasolini e Bernardo Bertolucci, già presidente della Rai tra il 1996 e il 1997. Poche ore prima, mentre le sue condizioni si aggravavano (stava male da tempo ed era sottoposto a dialisi), il mondo letterario aveva appena preso parte alla presentazione dei finalisti del Premio Strega (che Siciliano aveva vinto otto anni prima, nel 1998, con il romanzo "I bei momenti".)

All'epoca Lorenzo Pavolini, scrittore, esperto di teatro e radio, autore di diversi romanzi (il più fortunato "Accanto alla tigre" è stato finalista allo Strega nel 2010) era caporedattore della rivista Nuovi Argomenti, di cui Siciliano era direttore, che per tutto il decennio precedente si era aperta alla collaborazione di giovani autori che oggi rappresentano quanto di meglio abbia saputo esprimere la letteratura italiana di quel periodo, da Eraldo Affinati a Edoardo Albinati, passando per Aldo Busi, Melania Mazzucco, Pier Vittorio Tondelli, Emanuele Trevi, Sandro Veronesi e molti altri. Pavolini collaborava già con Siciliano, dai tempi in cui quest'ultimo era stato designato alla presidenza della Rai, all'epoca del primo governo Prodi, stringendo con lui un'amicizia che li avrebbe legati fino alla fine. Inoltre quest'anno, in occasione del decennale dalla scomparsa, è stato tra i principali animatori della manifestazione commemorativa promossa dalla Casa delle Letterature di Roma: "Enzo Siciliano nel suo tempo – mostra, incontri, letture".

"La vitalità di Enzo – afferma Pavolini che abbiamo raggiunto al telefono – lo portava a sovrapporre il campo letterario e professionale con quello amicale. Tutti i suoi collaboratori erano anche amici e viceversa. A me ancora oggi viene difficile usare l'espressione collaboratore. Anche se, nei fatti, lo ero."

Cosa ha rappresentato la figura di Enzo Siciliano per gli scrittori della vostra generazione?

Personalmente mi ha sollecitato a scrivere, a impegnarmi su fronti che non mi appartenevano, ad ampliare lo spettro delle mie passioni. Tra gli anni Ottanta e Novanta è stato un punto di riferimento centrale per una generazione di autori che allora si affacciava sulla scena letteraria. In lui abbiamo rinvenuto una figura-ponte con quel mondo intellettuale figlio della guerra a cui guardavamo in maniera mitica, come a una festa mobile della cultura dove cinema, teatro, arte e letteratura abbattevano ogni steccato. Assieme a Moravia e a Pasolini, Siciliano era l'alfiere di un mondo che nei primi anni Novanta iniziava pian piano a disgregarsi.

In che senso?

Enzo vinse il concorso in Rai nel '61, ma due anni dopo se ne andò e pubblicò il suo primo libro ("Racconti ambigui", Feltrinelli, 1963). A quei tempi succedeva spesso che un intellettuale entrasse in Rai e poi abbandonasse quel sentiero per continuare la sua azione fuori dal servizio pubblico. Era un periodo in cui il panorama culturale permetteva questo genere di cambi di rotta. Ora sarebbe impensabile. Più tardi, negli anni Settanta, fu richiamato per condurre "Settimo giorno", un programma su Raidue che andava in onda la domenica sera in cui intervistava i grandi esponenti del mondo letterario, da Volponi a Soldati, da Palazzeschi a Barthes. Enzo era un interprete di una Rai che nutriva spazi adeguati alla cultura, i libri, la lirica, l'arte erano ancora al centro del discorso pubblico del Paese. Quest'ultimo aspetto, con il terzo e ultimo ritorno di Siciliano in Rai, a metà degli anni Novanta, era completamente mutato. Quando è tornato nel '96, da presidente, ha trovato un'idea di servizio pubblico completamente diversa, la sua azione ha scontato il fatto che in quegli anni la struttura della nostra società stava cambiando, la cultura non era più al centro dell'interesse nazionale. E in questo scenario anche la natura del servizio pubblico stava cambiando.

Da presidente della Rai ci fu l'episodio del "Macbeth" alla Scala di Milano in prima serata.

Per la proposizione di quel "Macbeth"in diretta su Raiuno fu molto criticato. La lirica in prima serata, addirittura anticipando la messa in onda del Tg1, non si era mai vista. I dati di ascolto non premiarono quella scelta e ciò portò molti a dileggiarlo, qualcuno lo tacciò persino di non capire nulla di televisione.

E invece ne capiva?

Enzo era un intellettuale vero. Capiva tutto. Soprattutto dove stava andando il Paese. E aveva un'alta considerazione del servizio pubblico. Per questo fu molto soddisfatto di aver portato la lirica in prima serata.

Come letterato, invece, in cosa credeva?

Per lui scrivere significava conoscere. Apparteneva alla generazione del dopoguerra, era allievo di Giorgio Bassani, il quale lo aiutò a pubblicare la sua prima raccolta di racconti. Per tutta la vita è rimasto testardamente aggrappato alle ragioni del romanzo italiano contro la neoavanguardia, lo sperimentalismo formale e l'idea di trasformare la letteratura in un gioco di pura invenzione.

Quale libro di Enzo Siciliano consiglierebbe a un giovane che oggi intenda avvicinarsi alla sua figura?

Certamente inizierei da "Campo de' fiori" (Rizzoli, 1993), uno dei suoi capolavori. Il libro si apre con la scena del funerale di Pier Paolo Pasolini (di cui ha scritto anche la biografia "Vita di Pasolini", Mondadori, 2005) ed è il distillato sotto forma di racconto di un passaggio decisivo nella storia italiana, una sorta di requiem di un'epoca che Enzo aveva conosciuto e di cui resterà per sempre uno dei massimi esponenti nel nostro Paese.

Enzo Siciliano con Rita Levi Montalcini
Enzo Siciliano con Rita Levi Montalcini
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Scrittore, sceneggiatore, giornalista. Nato a Napoli nel 1979. Il suo ultimo romanzo è "Le creature" (Rizzoli). Collabora con diverse riviste e quotidiani, è redattore della trasmissione Zazà su Rai Radio 3.
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