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Diario di Anna Frank, 70 anni fa la pubblicazione: l’inesauribile forza delle sue memorie

Nel giugno del 1947 viene pubblicato il “Diario di Anna Frank”: pagine intime di amore, passione e paura. Per non dimenticare l’orrore.
A cura di Federica D'Alfonso
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(Photo by Sean Gallup/Getty Images)
(Photo by Sean Gallup/Getty Images)

Poco prima di entrare in clandestinità Anna riceve un diario per il suo compleanno. “Per una come me, scrivere un diario fa un curioso effetto. Non soltanto perché non ho mai scritto, ma perché mi sembra che più tardi né io né altri potremo trovare interessanti gli sfoghi di una scolaretta di tredici anni”: è il 1942 e Anna Frank non immagina che, invece, il suo Diario diverrà famoso in tutto il mondo come la testimonianza più importante e struggente della follia del nazismo.

Dopo la fine della guerra la signora Gries, amica della famiglia Frank, consegna al padre di Anna tutti i manoscritti rinvenuti nel nascondiglio in Prinsengracht 263, e nel giugno del 1947 i diari vengono pubblicati dalla Contact con il titolo di “Il retrocasa”. Da allora il Diario di Anna Frank viene tradotto in settanta lingue, e pubblicato in oltre quaranta paesi, e nel 2009 viene inserito dall'UNESCO nell'Elenco delle Memorie del mondo.

Quando il ministro dell'istruzione olandese lancia un appello tramite l'emittente radiofonica inglese chiedendo ai cittadini di conservare i diari del periodo di guerra, la consapevolezza dell'importanza della memoria si fa strada nella giovane, che continua ad annotare con ancor più dedizione la sua vita da bambina, ma anche quella di ebrea costretta alla fuga dal mondo.

“Bisogna che ce ne andiamo, senza aspettare che ci prendano”. “E quando, papà?”. Mi angosciava la serietà con cui il babbo aveva parlato. «Non angustiarti per questo, provvederemo noi a tutto; goditi la tua vita senza preoccupazioni, finché puoi.» E nient'altro. Ah! come spero che queste fosche parole tardino a tradursi in realtà!

Vita vissuta e memorie dell'orrore

Angosce, illusioni, sogni, amicizia e amore: una bambina di tredici anni registra, giorno dopo giorno, la sua personale, intima ed estremamente solitaria scoperta del mondo. La sua amica immaginaria Kitty la ascolta con pazienza, come solo la scrittura sa fare, e pagina dopo pagina questa bambina trova in sé la forza di interrogarsi, di crescere e di trasformarsi in una giovane donna. Una vicenda come tante, se non fosse stata scritta in uno dei periodi più bui e angoscianti della storia: siamo nel 1942 e Anna Frank inizia la stesura di quello che, lei probabilmente non l'avrebbe mai immaginato,

Dal dal 12 giugno del 1942 al 1 agosto del 1944 Anna annota tutto: descrive con allegria e soddisfazione di bambina il giorno del suo compleanno, riflette sullo strano sentimento che pian piano si fa strada in lei quando parla e guarda Peter, usamdo costantemente parole d'amore per i genitori e le sue sorelle. Ma è anche una bambina che assiste ad eventi più grandi di lei: costretta a vivere in assoluta clandestinità a causa del suo essere ebrea, Anna subisce l'estrema sofferenza di dover crescere troppo presto: molte riflessioni, all'interno del Diario, danno l'idea di un animo troppo al di là dei suoi tredici anni.

Nella sua ultima lettera a Kitty, Anna racconta di una voce che singhiozza dentro di lei: troppo il dolore, i cattivi pensieri che si erano affollati nella sua mente negli ultimi mesi. Troppa la paura nei confronti degli uomini. Le sue ultime parole risuonano ancora oggi come un monito: “divento prima impertinente, poi triste e infine rovescio un'altra volta il mio cuore, volgendo in fuori il lato cattivo, in dentro il lato buono, e cerco un mezzo per diventare come vorrei essere e come potrei essere se… se non ci fossero altri uomini al mondo”.

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