Le figure retoriche sono il sale della lingua: non si possono non usare, le pronuncia il vecchio pescatore, profondo e taciturno, che a stento apre bocca, le usa il poeta orchestrate in batteria per i suoi versi dotti e pirotecnici. Ora, è di questa settimana la nuova notizia di un post su Facebook in cui Luigi Di Maio avrebbe tirato un altro sfondone grammaticale, ed è partita la solita ola di quelli che "Oh, ignorante che tartaglia frasi deformi e senza senso" "Oh, chi parla male pensa male" "Il segno dei tempi, ecco che cos'è" come anche dei "Ah, ma questo è nulla, guardate mai la televisione?" e dei "Ma Di Maio deve governare, non grammaticare!". Insomma, la reazione da coro greco, classica in tutti i sensi.
La dichiarazione in questione è la seguente:
Noi ce l’abbiamo messa tutta per fare un Governo nell’interesse degli italiani. Il pd ha detto no ai temi per i cittadini e la pagheranno.
Ebbene, quel "la pagheranno" non si sa linearmente a chi sia riferito. Al PD? Ma è singolare. Ai cittadini? A entrambi? Qualcuno potrebbe dire, anzi molti hanno detto che questo è un post scritto di getto, con più passione che riflessione, che si riferiva evidentemente al PD, fatela poco puzzolente.
Ma "O voi ch'avete li ‘ntelletti sani, mirate la dottrina che s'asconde sotto ‘l velame de li versi strani". Facendo una rapida esegesi possiamo (un po' in forse, va detto) indovinare almeno un paio di figure retoriche (alternative) molto interessanti, di cui Luigi Di Maio Retore invita l'approfondimento.
Anacoluto
La figura dell'anacoluto è scolasticamente qualificabile come errore di sintassi: due parti della frase sono fra loro grammaticalmente incongruenti, ma concettualmente conseguenti. È una figura comune proprio nella spontaneità improvvisata del parlato: si inizia una frase in un modo e si finisce in un altro, e la letteratura e i discorsi degli oratori ne sono pieni, al fine di rendere questo effetto o per ottenere una maggiore efficacia d'espressione.
Fine serata, siamo rimasti in pochi e dobbiamo decidere che combinare, ci guardiamo negli occhi e ci domandiamo "Noi che si fa?". Questo è un anacoluto: il "noi" resta zoppo, un conato di frase incoerente apposto al compiuto "che si fa?". Però, grazie all'anacoluto, come espressione risulta tanto più vibrante e completa, e il soggetto logico risalta.
Visto il meccanismo, è naturale che tornino famosi gli anacoluti dei proverbi ("Chi pecora si fa, il lupo se lo mangia"), che sono cristallizzazioni di detti; Verga e Manzoni ne usano a bizzeffe. Ma forse il caso di Di Maio va avvicinatoper affinità elettiva a quello che è l'anacoluto più bello della nostra letteratura, di Machiavelli: esiliato a Sant'Andrea in Percussina, si ritrovò a passare le sue giornate fra i bifolchi di campagna; ma a sera si ritirava in camera, si cambiava d'abito indossando i migliori che avesse e si immergeva nell'accogliente e solenne lettura dei classici, pascendosi di quel cibo che era soltanto suo e per il quale sentiva di essere nato: ma lui questo lo dice "[…] mi pasco di quel cibo che solum è mio et che io nacqui per lui."
Ma se invece quel ‘la pagheranno' non fosse riferito solo al PD? Se fosse riferito anche ai cittadini, che dovranno scontare la boria nichilista del PD?
Zeugma
Un tipo di ellissi, di omissione. Etimologicamente è da avvicinare al giogo, perché nello zeugma abbiamo un solo verbo (‘pagheranno') a cui sono aggiogati due o più elementi, due o più termini (PD e cittadini), con delle incongruenze sintattiche o semantiche. "Parlar e lagrimar vedrai insieme" dice il Conte Ugolino a Dante, anche se non si vede parlare. "Tu preferisci il gelato al cioccolato, noi quello al pistacchio" diciamo, aggiogando (a ben vedere) un "noi preferisci".
Non è solo economia che porta a risparmiare quegli elementi e quei termini che avrebbero assicurato una congruenza sintattica e semantica alla frase: diventa un gioco d'immagini, in cui si chiede al lettore e all'ascoltatore di seguirci in un jeté grammaticale, leggiadro e incisivo.
Il pd ha detto no ai temi per i cittadini e la pagheranno. Che sia anacoluto? Che sia zeugma? O altro? Plaudiamo al post di Di Maio, eccitatore e volano delle grammatiche, che forse come Mefistofele è "una parte di quella forza che desidera eternamente il male e opera eternamente il bene".