Danza: il 23 ottobre 1996 morì a Parigi il genio di Evgenij Polyakov
Evgenij Polyakov è uno di quegli artisti a tutto tondo che ha davvero realizzato un percorso all'insegna della cultura di danza. Uomo colto, studioso ed appassionato, il talentuoso moscovita ha legato il suo nome alla natia Russia solo per gli studi e la prima parentesi di danzatore al Teatro Bolshoi della sua città. Per poi trasferirsi ben presto in Europa, mettendo le radici in Italia ed a Parigi su tutte. Il Teatro La Fenice di Venezia e l'allora Teatro Comunale di Firenze hanno accolto le sue idee innovative nei termini coreografici ed amministrativi, così da lasciargli carta bianca tanto nella didattica quanto nelle programmazioni. Questo bagaglio artistico e culturale gli ha così permesso di essere chiamato accanto a Rudolf Nureyev alla direzione della compagine di balletto del Teatro dell'Opéra di Parigi in un'esperienza che l'ha inevitabilmente forgiato, soprattutto per chi ne ha beneficiato durante il suo secondo lungo soggiorno fiorentino dal 1988 al 1995. In quegli anni il Teatro Comunale di Firenze, o ancor meglio il Teatro del Maggio Musicale Fiorentino, con il ritorno di Evgenij Polyakov subiva lo scorporamento dell'ensemble di danza dal resto del complesso teatrale con il nascituro Maggio Danza diretto ovviamente dal delfino di Rudolf Nureyev. Un ritorno che la città gigliata ha accolto con un impareggiabile entusiasmo, soprattutto perché si è da subito compresa la portata del personaggio che si apprestava a dirigere la compagnia per un programma a lungo termine. Le attese e le aspettative non sono mai state tradite, il genio di Polyakov non ha deluso. La danza classica ha saputo insinuarsi in città a braccetto con il nuovo repertorio contemporaneo, educando il pubblico tradizionale e quello giovanissimo delle nuove generazioni fino ad assegnare alla stessa Firenze il ruolo di capofila nel novero delle compagnie di balletto più impegnate in scena e più audaci nel repertorio rappresentato. Bastino i titoli di Maguy Marin, José Limon, Merce Cunningham, Bill T. Jones, William Forsythe, Paul Taylor, Antony Tudor e tanti altri ancora per sintetizzare l'impegno profuso in sala ed in ufficio dal poliedrico e mai dimenticato Evgenij Polyakov. L'atroce male che ha ucciso parecchi artisti in quegli anni si è portato via anche Evgenij Polyakov, costretto ad abbandonare lo scranno fiorentino nel 1995 prima di morire nella sua amatissima Parigi l'anno dopo. E a vent'anni esatti abbiamo chiesto al suo pupillo Antonio Colandrea di raccontarci l'aspetto più intimo del genio moscovita, attraverso i ricordi di un giovane danzatore napoletano alla corte di uno dei più colti e raffinati uomini di danza del Novecento.
Il ritratto di Evgenij Polyakov attraverso la scena ed i ricordi di Antonio "Tosha" Colandrea
Il sole caldissimo di Monte di Procida, nell'area flegrea di Napoli, si rispecchiava ogni giorno nel mare limpido così tanto amato dal pescatore Evgenij Polyakov. Tutte le mattine di tre estati diverse il direttore del Maggio Danza amava andare a pescare con i miei cognati, godersi il sole e riposare il corpo e la mente stressati da un intenso anno di lavoro cittadino. La frenesia della scena lasciava il posto alla mia famiglia, tutta così dedita all'amato ospite proveniente dalla fredda Mosca. Io ero affettuosamente "Tosha", un amico fraterno con il quale ha passato ore ed ore in giro per Firenze e nelle tournée del nostro Maggio Danza, in giro a raccogliere l'entusiasmo del pubblico e della critica per delle rappresentazioni che hanno inevitabilmente reso la nostra compagnia la più versatile ed impegnata in Italia.
I ricordi di Antonio Tosha Colandrea sono interrotti da frequenti sguardi persi nel tempo trascorso da quei formidabili anni a cavallo tra gli Ottanta ed i Novanta del Novecento. Sette anni di successi personali e di gruppo, a danzare tutto il repertorio classico e contemporaneo possibile. A Firenze si rappresentava il doppio degli altri teatri italiani. Firenze era diventato un caso nazionale, un caso voluto fortemente da Evgenij Polyakov e dal suo corpo di ballo affezionato e preparatissimo. Si alternava il repertorio colto di Antony Tudor e quello di Doris Humphrey a quello più audace dello stesso direttore Polyakov con la "Cenerentola" di Sergeij Prokofiev con Alessandra Ferri maltrattata dalle sorellastre Orazio Messina e Tosha Colandrea in punte. Al pari dei Coppelius e Drosselmayer interpretati en travetsi ancora dall'allora giovanotto Tosha in punta in produzioni firmate sempre da Polyakov ma arricchite da camei ancora oggi nei ricordi e negli occhi degli appassionati.
L'apertissima visione della danza del genio di Mosca ha incantato tutti, non a caso accettavano i suoi inviti le etoile ed i coreografi più in vista del panorama mondiale. Polyakov ci ha fatto ballare tutto e con tutti, esponendoci ai palcoscenici più disparati con i titoli più noti, difficili ed audaci del suo cilindro. Correggeva ogni minimo passo, era sempre presente ed amatissimo da tutta la gente del Teatro del Maggio Musicale Fiorentino. Quelle stagioni sono rimaste nella storia della danza italiana e riconosciute in tutto il mondo, impreziosite dalla presenza di Sylvie Guillem, Charles Jude, Florence Clerc ed Eric Vu An che hanno offerto il loro contributo ad un gruppo avvezzo alla sperimentazione ed alla contaminazione così fortemente impressa dal nostro compianto Polyakov. Ci manca tanto il direttore, così tanto che se ci guardiamo intorno non scorgiamo nulla di così innovativo e passionale come quello che ha saputo regalarci in quei meravigliosi sette anni. Fino alla telefonata di Marie-Claude Pietragalla di venti lunghissimi anni fa con cui l'etoile da Parigi mi ha comunicato la fine della vita di Polyakov e delle nostre speranze di riaverlo con noi.