Damiano David nuovo volto di Vogue: “A Los Angeles ho trovato me stesso, anche se mi sentivo solo”
Damiano David, leader dei Måneskin, apre il 2025 come protagonista del primo numero dell'anno di Vogue Italia. Nell'intervista esclusiva condotta dal premio Pulitzer Andrew Sean Greer, il cantante racconta per la prima volta la sua nuova vita a Los Angeles, dove si è trasferito per lavorare al suo primo album da solista, atteso per il 2025, seguito da un tour mondiale già annunciato. "All'inizio è stato spaventoso", ha ammesso, "un vero choc culturale".
Le parole di Damiano David
Damiano David ha parlato delle prime difficoltà legate all'ambientamento non solo a una nuova città, ma a tutto un tipo di sistema di valori: "Non ci sono bar o piazze dove la gente si ritrova, né locali con posti a sedere all’esterno. È una città dove non si cammina, mentre a Roma non si fa altro… anche perché ci vuole del coraggio per muoversi in auto. Los Angeles, a volte, sembra un deserto: ti fa sentire un po' solo". Nonostante le difficoltà, il trasferimento si è rivelato un’opportunità unica per reinventarsi: "Non avevo un background e potevo essere chiunque volessi. Nessuno mi conosceva, e questo mi ha permesso di ricostruire tutto da zero: nuove persone, nuovi luoghi, nuovi musicisti. Questa libertà mi è stata di grande ispirazione".
La paura di sbagliare
Tra i timori più grandi, Damiano parla del rischio di cadere nelle trappole della fama: "Il segreto, in questo lavoro, è la coerenza. So chi sono come artista. Se questo album non dovesse funzionare, non sarebbe un verdetto sul mio talento, ma solo il momento sbagliato. Continuerò a fare musica perché so di esserne capace. Il rischio è lasciarsi ossessionare dal successo, come è successo a me tre anni fa". Nel corso dell’intervista, Damiano racconta anche degli incontri con alcune delle più grandi leggende musicali. "Ho avuto la fortuna di lavorare con persone immense. Le migliori? Le più tranquille. Bon Jovi è la persona più rilassata in assoluto, ma lo sono anche Labrinth, Bruce Springsteen e Mick Jagger. Al contrario, ci sono artisti meno grandi che indossano una maschera. È una questione di insicurezza, di mancanza di fiducia nella propria carriera".