Da Raffaello a Tiziano: alle Scuderie del Quirinale in mostra le opere rubate da Napoleone
Il 16 dicembre 2016 le Scuderie del Quirinale hanno inaugurato una mostra unica nel suo genere, sia per il tema che per le opere in mostra: “Il Museo Universale. Dal sogno di Napoleone a Canova”, che fino al marzo 2017 permetterà ai visitatori di rivivere una delle vicende più complesse e importanti della storia italiana: l'appropriazione da parte di Napoleone e il successivo recupero, grazie al lavoro diplomatico di Antonio Canova, di numerosissimi capolavori custoditi all'epoca dallo Stato Pontificio e dalle più importanti famiglie nobili della penisola.
A distanza di duecento anni dal Congresso di Vienna, che nel 1816 ha sancito il definitivo ritorno di una grande parte dei capolavori sottratti, le Scuderie del Quirinale ripropongono non solo alcuni fra i più belli esempi dell'arte classica, rinascimentale e barocca, ma anche una riflessione sul valore culturale che l'arte ha avuto nel processo di unificazione nazionale e anche in seguito.
Le opere in mostra
La mostra, curata da Valter Curzi, Carolina Brook e Claudio Parisi Presicce, espone autentici capolavori, fra i quali ad esempio il “Ritratto di Papa Leone X con i cardinali Giulio de’ Medici e Luigi de Rossi” di Raffaello, in prestito dalla Galleria degli Uffizi, e “La strage degli innocenti” di Guido Reni, dalla Pinacoteca di Bologna. E ancora: “L'Assunzione della Vergine” di Tiziano, dal Duomo di Verona, il “Compianto sul Cristo morto” di Correggio, la “Deposizione” di Annibale Carracci dalla Galleria nazionale di Parma, la “Cattedra di San Pietro” del Guercino dalla Pinacoteca di Cento e il “Battista tra i Quattro Santi” di Perugino dalla Galleria nazionale dell’Umbria.
Ma non soltanto la pittura sarà al centro della magnifica mostra organizzata in collaborazione con l'Azienda Speciale Palaexpo: anche pezzi scultorei unici, come la “Venere Capitolina” dai Musei Capitolini e il “Giove di Otricoli” dai Musei Vaticani.
Il “furto” e la restituzione
Oltre che nel campo militare, anche in quello delle belle arti Napoleone non ha risparmiato nulla: attraverso i trattati di pace imposti ai Paesi vinti, egli riuscì a legittimare una lunga serie di vere e proprie “razzie” di opere d'arte in tutta Europa. Dapprima nei Paesi Bassi, poi in Germania e in Italia: soltanto nella prima Campagna italiana ben 110 fra tele e sculture vennero trasferite nel Palazzo del Louvre di Parigi. Dal Regno di Napoli allo Stato Pontificio, fino a Venezia (dove furono addirittura prelevati il leone di bronzo da piazza San Marco e cavalli che ornavano la basilica), l'Italia fu il luogo privilegiato scelto dal Direttorio per arricchire le collezioni d'arte francesi, in base ad un preciso ordine:
L'Italia deve all'arte la maggior parte delle sue ricchezze e della sua fama; ma è venuto il momento di trasferirne il regno in Francia, per consolidare e abbellire il regno della libertà. (…) Questa gloriosa campagna, oltre a porre la Repubblica in grado di offrire la pace ai propri nemici, deve riparare le vandaliche devastazioni interne sommando allo splendore dei trionfi militari l'incanto consolante e benefico dell'arte.
Di 506 dipinti portati in Francia, all'indomani di Waterloo soltanto 249 opere tornarono in Italia. E fu anche grazie ad Antonio Canova se molte delle opere portate via da Napoleone riuscirono poi a tornare al loro posto. L'artista, grazie alla fama di cui godeva già in vita presso tutte le corti europee, venne nominato commissario straordinario dallo Stato Pontificio e incaricato del recupero di molte delle opere sottratte.
La mostra “Il Museo Universale. Dal sogno di Napoleone a Canova” racconta appunto questa storia, duecento anni dopo. Un racconto che ha come scopo non solo quello di esporre, tutti insieme, alcuni dei più bei capolavori dell'arte italiana, ma anche di riflettere sull'importanza del patrimonio culturale come strumento di identità nazionale ed europea. Attraverso questa vicenda storica, l'esposizione sottolinea il ruolo fondamentale che a partire proprio dalla data fatidica del 1816, data in cui molti dei tesori “rubati” vennero restituiti, ha avuto l'arte nella costruzione di una cultura condivisa.
In quegli anni infatti, un numero consistente di opere è finito in depositi improvvisati, alimentando un dibattito critico sul valore pubblico del patrimonio artistico e favorendo l’apertura di musei che ancora oggi sono tra le realtà più significative del Paese: è il caso della Pinacoteca di Brera, delle Gallerie dell’Accademia di Venezia o della Pinacoteca di Bologna e di quella che oggi è la Galleria Nazionale dell’Umbria.