Da ciapàr a bugnòn: il dialetto milanese e la sua antica origine celtica
Milano è stata una delle città d’Italia che più di tutte ha subito la mescolanza di genti e di usi e costumi stranieri: spagnoli, francesi e austriaci, ma ancora prima, oltre ai romani e ai longobardi, gran parte del territorio di quella che con i latini diventerà Mediolanum era abitata dai Celti. Soprattutto il dialetto ha conservato le tracce più evidenti del passaggio di queste affascinanti culture: sono tantissime le parole che derivano dagli antichi linguaggi dei druidi, e il nome stesso di Milano ha un significato profondo radicato nella spiritualità di queste popolazioni.
Il milanese: antico parente del francese
Dal punto di vista strettamente linguistico il fatto che la parlata milanese sia in maggioranza derivata dal celtico e non dal latino la rende una vera e propria lingua a sé stante, più che un dialetto: e se il milanese ha ben poco in comune con il toscano che diede poi origine all’italiano, moltissimo deve alle lingue galliche che sono poi confluite, in parte, nel francese. Un’influenza, quella francese di matrice celtica, marcata soprattutto nella fonetica, che ha conservato molti suoni peculiari d’oltralpe, come la “ü” o la “ö” che sono invece assenti nell'italiano.
Da ciapàr a bugnòn: le parole di origine celtica
Moltissime parole di origine celtica sopravvivono nel vocabolario quotidiano milanese e, anche se molte altre non sono oggi più usate, la loro attestazione fino almeno agli anni Venti del Novecento ha reso la parlata milanese un unicum nel panorama delle lingue dialettali italiane. Non molti sanno che, ad esempio, il verbo “ciapàr” (presente in molti modi di dire curiosi come “ciaparàt”, letteralmente “acchiappa topi” ma con un significato offensivo simile a “fannullone”) deriva proprio dal celtico “hapà”, che vuol dire appunto “prendere”.
Tante altre sono le attestazioni celtiche presenti nel milanese: “garòn”, ovvero “gamba”, deriva dal celtico “calon” così come l’antico verbo “aggresgià” che sta per “affrettare”, il cui corrispettivo celtico era il “passo veloce” indicato dal termine “agresh”. La lista prosegue con “bugnòn”, che anche nel celtico “bunia” indicava uno strano rigonfiamento della pelle, come un “foruncolo”, e con la “brenta”, che in milanese indica un antico recipiente conico mentre in celtico costituiva una vera e propria unità di misura.
Milano, l’antico centro religioso
Fra le tante parole sopravvissute all'arrivo dei romani quella sicuramente più importante per comprendere l’importanza culturale che le popolazioni celtiche hanno avuto sulla cultura di tutto il nord Italia è proprio il nome della città: i romani la chiamarono Mediolanum, ma non tutti sanno che il toponimo in realtà non è altro che una modificazione della parola con cui i celti avevano battezzato l’antica Milano.
“Medhelan” è il nome originario, un nome decisamente carico di significati: nell’antica lingua celtica infatti questo termine sta ad indicare un luogo sacro, una “terra perfetta in mezzo alla pianura”. Tale riferimento va ben oltre la posizione strategica che all’epoca la città di Milano doveva avere: fu qui che a metà del VI secolo a. C. i celti costruirono il primo santuario, importantissimo nei riti dei druidi in quanto al centro di coordinate astrali e terrestri ritenute estremamente favorevoli. L’ubicazione esatta di questo centro nevralgico della spiritualità celtica doveva essere quella che oggi è chiamata piazza della Scala.