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Cos’è il post- umano? L’intuizione di Goshka Macuga in mostra alla Fondazione Prada

In Fondazione Prada, l’artista Goshka Macuga espone una riflessione sul progresso tecnologico, il tempo e l’ambizione di un futuro post- umano nella mostra “To the son of man who ate the scroll”.
A cura di Silvia Buffo
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La mostra di Goshka Macuga, in Fondazione Prada.
La mostra di Goshka Macuga, in Fondazione Prada.

Indubbiamente il progresso tecnologico sta spostando sempre più in là il limite e la percezione dell’umano. Goshka Macuga (Varsavia, 1967) presso la Fondazione Prada, affronta questa tematica nella mostra "To the son of man who ate the scroll", con una riflessione sull’origine, sul tempo, sul dopo, sulla fine e sulla rinascita. Riflessioni immense che non possono che suscitare sentimenti di angoscia e scomode prese di coscienza quella sottile angoscia, esperienza intensa che sarà possibile provare fino al 19 giugno. L'artista ripercorre l’evoluzione della conoscenza umana, dall’arte retorica alla memoria artificiale, come una sorta di processo di estinzione che si va attuando con la costruzione di contesti post-umani, e mentre noi ci estinguiamo materialmente, loro sono in grado di sopravvivere. Una riflessione forte, una consapevolezza inquietante.

Le conoscenze accumulate e introiettate nella temporalità divengono la struttura molecolare del pensiero: questa sembra materializzarsi nei tre ambienti della Cisterna, dove 73 teste di bronzo che rappresentano 61 figure storiche e contemporanee, da Albert Einstein a Sigmund Freud, da Martin Luther King a Karl Marx, Mary Shelley fino a Aaron Swartz. Le teste sono collegate tra loro da lunghe barre metalliche, in un innesto sapienzale artificiale ma ormai divenuto biologico attraverso un uso e un consumo inconsapevoli.

Dalla mostra di "To the son of man who ate the scroll".
Dalla mostra di "To the son of man who ate the scroll".

L'umanità è in conflitto fra il sapere della fine e il desiderio di eluderla, assimila e sintetizza i saperi per conservarli, in riproduzioni inorganiche di sé nel tentativo di potenziarsi e infrangere il proprio limite corporeo e mortale. Lo smartphone, il cyborg, il robot sono i replicanti ideali, resistenti alla fragilità dell'umano essere. La mostra di Goshka Macuga è un binomio di elementi antititetici e simbiotici al tempo stesso.

Così l'organico e l'inorganico, il dentro e il fuori, il biologico e il sintetico sono in osmosi. L'umano sfuma via via in post-umano, avvicinandosi ad una fine inesorabile, all'ultima tappa di un viaggio prima della fine, l'ultimo sguardo verso un dopo che vuole esistere, affermarsi come l’androide esposto al pianoterra del Podium che declama senza sosta un patchwork di discorsi di grandi pensatori del passato e che sarebbe destinato a sopravviverci e a raccontare di noi nell’universo senza uomo, l’estremo slancio per esserci al di là di noi, in un contesto post-umano, in futuro che non vorremmo sfiorare ma non ci appartiene.

Un'asettica ambientazione dominata dalla dimensione temporale del robot, dove sopravivono le testimonianza di una prospettiva umana ormai estinta e irrilevante, rappresentata da una serie di grandi opere: Phyllida Barlow, Robert Breer, James Lee Byars, Ettore Colla, Lucio Fontana, Alberto Giacometti, Thomas Heatherwick ed Eliseo Mattiacci, provenienti tutte Collezione Prada e da importanti musei italiani e internazionali, accanto di un nuovo lavoro dal titolo "Negotiation sites", realizzato da Goshka Macuga in collaborazione con Kvadrat in Danimarca.

Al secondo piano la mostra prosegue con "Before the Beginning and After the End", risultato di una collaborazione fra l’artista e Patrick Tresset: cinque tavoli lunghi 9,5 metri, ricoperti da schizzi, disegni, testi, formule matematiche, diagrammi tracciati con penne biro dal sistema Paul-N realizzato da Tresset, srotolano la storia del progresso umano.

Una commistione di riproduzioni di opere d’arte antica e contemporanea di artisti come Hanne Darboven, Lucio Fontana, Sherrie Levine, Piero Manzoni e Dieter Roth, al fianco di oggetti rari, libri, documenti fino ad arrivare all’ultimo tavolo, dove è sito quel arcano ‘dopo' che che non ci riguarda più, quello del futuro post- umano di cui saranno altri a scrivere e a cui sembrano alludere gli incomprensibili schizzi tracciati in tempo reale dai robot della serie Paul-a posti sul tavolo-limite.

L’inquietudine di un ticchettio robotico scandisce la presa di coscienza di questa dimensione post- umana: l’evoluzione della specie, il progresso tecnologico, l'information overload, le manipolazioni corporee, le protesi biocompatibili, i dispositivi umanoidi, per replicarci, ci potenziano ma ci sconfinano in quel ‘dove' che possiamo solo sfiorare, in quella dimensione post- umana, in bilico tra la consapevolezza della fine e l'ambizione dell'eterno.

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