Cos’è il mercato dell’arte
Nel tentare un generico bilancio dello stato attuale delle arti probabilmente l'attenzione di molti di noi non si appunterebbe subito sul mercato. Forse perché di mercato, in tempi di crisi, la musica, il teatro, la poesia, pare ne abbiano assai poco. Eppure i grandi investitori internazionali sembrano essere tutti concordi nel puntare sull'acquisto di opere d'arte. Arte visiva, s'intenda.
La natura del fenomeno è sicuramente complessa e non è nostra intenzione esaurirla in queste poche righe, ma è senz'altro necessaria un'indagine sul tema più approfondita. La curiosità sulle ragioni di un tale interesse da parte di acquirenti e collezionisti (non per forza meramente materiale) potrà condurre a una riflessione più generale sull'evoluzione culturale del nostro tempo.
Partiamo allora da un semplice quesito: perché la stessa fortuna non è toccata anche ad altre discipline? Non sono forse state e sono tuttora, anch'esse, abbastanza aristocratiche, o elitarie, da produrre il progressivo svuotamento di teatri e sale da concerto? La questione è posta in maniera provocatoria, ma nasconde un fondo di verità: la cultura tutta è sempre stata ed è rimasta appannaggio di una classe privilegiata. In maniera davvero molto blanda l'avvento della società di massa ha permesso l'ampliamento dell'orizzonte d'attesa delle opere. E la sterminata offerta a fascicoli del "comodamente a casa vostra" ha alimentato il falso mito della cultura a portata di edicola. Che il pubblico si sia allargato è forse vero, ma lo è altrettanto il fatto che l'offerta si è progressivamente adeguata a standard diversi, meno ambiziosi.
Eppure l'arte visiva sembra essere rimasta esente da questo declino. Musei a parte, vive di una propria vita. Le quotazioni degli artisti salgono, le opere sono ambitissime, tanto che richiedono una serie di mediazioni per la selezione e l'acquisto: critico, gallerista, casa d'aste, si configurano come un complesso articolato di servizi per la compravendita di arte, cosa che non ha probabilmente eguali nelle altre branche.
Questo statuto privilegiato è forse esso stesso frutto di un privilegio storico. L'arte visiva è rimasta un gioco per ricchi e i suoi prodotti non sono stati sottoposti ad altri giudizi di valore che non fossero diretta espressione di quelle élites che potevano permettersi enormi investimenti su di essi. Un quadro, questo, che le ha concesso forse il lusso di un'autonomia e di una sopravvivenza espressiva incontaminata, lontana dalla giungla del mercato di massa. Come in una riserva naturale, ha potuto così sopravvivere indisturbata, non accettando alcun compromesso estetico che non le fosse già storicamente peculiare.
Questa può essere una delle possibili risposte al quesito iniziale, o anche solo un'ipotesi embrionale, utile all'avvio di un'indagine più approfondita. Nel tentativo di comprendere meglio le logiche del mercato dell'arte, perciò, poniamo alcune domande a Valentina Battaglia, esperta dei mercati dell'arte formatasi presso il Sotheby's Institute of Art di Londra.