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Corpi, labirinti e negromanzie: tre raccolte che innovano l’arte del racconto in Italia

Anche l’Italia sembra aver riscoperto un certo gusto per l’arte del racconto, individuando proprio nello spazio della short-story (genere lungamente bistrattato in Italia, ma che gode di ottima salute negli Stati Uniti) un terreno fertile per abbandonarsi a ibridazioni, sperimentazioni e ribaltamenti di prospettiva di ogni tipo.
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Anche l'Italia sembra aver riscoperto un certo gusto per l'arte del racconto, individuando proprio nello spazio della short-story (genere lungamente bistrattato in Italia, ma che gode di ottima salute negli Stati Uniti) un terreno fertile per abbandonarsi a ibridazioni, sperimentazioni e ribaltamenti di prospettiva di ogni tipo, fino a evocare sensazioni che, a seconda dei casi, appaiono simili a quelle che il compianto critico culturale Mark Fisher ricollegava ai due concetti che poneva a fondamento della cultura contemporanea, ossia weird (termine intraducibile in italiano, ma che rimanda a una sorta di alterità e a quel senso di spaesamento che fa breccia nel momento in cui due mondi che non dovrebbero incontrarsi vengono a coesistere) e eerie (la sensazione che prende corpo quando c'è qualcosa dove non dovrebbe esserci niente, o viceversa, quando non c'è niente dove invece dovrebbe esserci qualcosa).

Né cannibali, né minimalisti: strani

Si tratta di un "filone narrativo" del tutto nuovo, che si discosta marcatamente dai vari tentativi di emulazione di quello che Fernanda Pivano (secondo alcuni in maniera un po' arbitraria) definiva "minimalismo" (una tradizione che si riallaccia all'eredità di Raymond Carver e alla sua ossessione per l'economia della parola e per le esperienze di vita vissuta) e anche dal crudo realismo e dalle incursioni pulp cui ci avevano abituato Isabella Santacroce, Niccolò Ammaniti, Aldo Nove e le altre anime legate a quel movimento che il giornalismo culturale nostrano ha etichettato come "Gioventù cannibale". Queste raccolte cercano di portarci in un'altra dimensione, pressoché sconosciuta al contesto domestico: quella di un perturbante che ha ormai pervaso la nostra quotidianità e ha finito per colonizzare il nostro immaginario.

Il giorno in cui diedi fuoco alla mia casa, di Francesca Mattei

Da questo punto di vista, una delle raccolte di racconti più interessanti di quest'anno è Il giorno in cui diedi fuoco alla mia casa, opera prima della scrittrice Francesca Mattei, pubblicata dalla casa editrice partenopea Pidgin. Mattei aveva già pubblicato alcune storie su SPLIT, la rivista letteraria di Pidgin, e su altri spazi digitali dedicati alla narrativa (Narrandom, Malgrado le mosche e altre), rivelando il suo estro e alcuni marchi di fabbrica (l'enfasi sull'elemento dei corpi, l'ossessione per il movimento e la proposizione di protagoniste femminili capaci di aprire uno squarcio nella noia anestetizzante di una vita di provincia che non ammette via di fuga) che caratterizzano le sue storie. Leggere i racconti di Mattei significa immergersi nella reiterazione di una quotidianità talmente straniante da risultare stranamente familiare e rivelare tutto quel torbido con cui conviviamo passivamente: dopo la lettura, osserveremo quei luoghi spogli in cui siamo nati e cresciuti con uno sguardo completamente differente.

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Storie che si biforcano, di Dario De Marco

Storie che si biforcano è una raccolta che esplora tutte le possibilità che la narrativa ha da offrire: pubblicata dall'editrice campana Wojtek e scritta dal giornalista culturale e autore Dario De Marco, si compone di 21 coppie di racconti paralleli che possono essere letti e fruiti in differenti modi, come se si trattasse di una specie di libro-game. Ogni racconto è scritto due volte ed è possibile leggere la prima versione sulle pagine di sinistra e, rovesciando il libro, la seconda versione sempre sulle pagine di sinistra: basta un piccolo dettaglio sapientemente celato all'occhio del lettore per ribaltare completamente la prospettiva di una storia. Una vera e propria sfida alla mente del lettore che ibrida differenti generi letterari, dalla fantascienza al giallo, dando corpo a un labirinto senza via d'uscita: una dura sfida per le sinapsi.

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Demonologia rivoluzionaria, Gruppo di Nun

Nel 2018 il Gruppo di Nun pubblicò il Manifesto di demonologia rivoluzionaria, in cui illustrava le linee guida del suo progetto di controrivoluzione: contrapporre alla dottrina dominante del Cammino della Mano Destra, reputata dai membri come una tradizione esoterica particolarmente funzionale al dominio patriarcale e al neoliberismo, una "negromanzia insurrezionale" che possa puntare alla "disgregazione del cosmo". La raccolta Demonologia rivoluzionariapubblicata da Not, è il primo sibilo di rivoluzione divulgato de quella che, all’estero, è stata già ribattezzata come Italian Weird Theory. Una raccolta di tredici saggi curata dal Gruppo di Nun che ospita contributi scritti da autrici e autori come Laura Tripaldi, Claudio Kulesko e Enrico Monacelli, in cui il confine tra narrativa e saggistica risulta perennemente sfumato: uno strano insieme disomogeneo di scritti schizofrenici che cercano di fotografare la spirale di caos in cui siamo immersi, redatti nell'arco di tre anni e che trattano una gamma di argomenti abbastanza terrificanti (magia, alchimia, pestilenze, movimenti subculturali e tensioni apocalittiche). Un ibrido inclassificabile che acquisisce le fattezze di un vero e proprio rito in tre atti, un enigma irrisolvibile per i lettori (e, probabilmente, anche per chi ha partecipato alla sua stesura).

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