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Coronavirus: il racconto nei media italiani e la sindrome del manipolatore relazionale

Chiunque abbia vissuto l’esperienza di un manipolatore relazionale sa che questi individui si approfittano delle fragilità e dei bisogni delle loro vittime, che finiscono trascinate in un vortice di massacro psicologico. Più o meno come stanno facendo tanti esponenti dei media italiani in questi giorni di emergenza Coronavirus.
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Chiunque sia stato vittima di un manipolatore sa di cosa sto parlando. Un soggetto, maschio o femmina, che fa dell'assoggettamento psicologico della vittima lo scopo principale della sua esistenza. Il manipolatore è un narcisista, un bugiardo, conosce l'arte del raggiro, usa modi seducenti e sa indossare le maschere più disparate. Prima ti attira nella sua tela con modi galanti, ti tranquillizza, poi ecco il repentino cambio di atteggiamento. Esattamente come stanno facendo in questi giorni diversi protagonisti del mondo mass mediatico italiano, conduttori e commentatori televisivi in primis (non tutti, per fortuna) e titolisti nelle redazioni giornalistiche (non tutti, per fortuna) che affollano gli schermi, perennemente accesi, di televisioni, tablet e smartphone. Il manipolatore relazionale mediatico altro non è che un profittatore della nostra fragilità di cittadini preoccupati, è colui che lucra sul nostro bisogno di informazioni.

"Infodemia" l'ha chiamata l'Organizzazione Mondiale della Sanità, parlando di “quell’abbondanza di informazioni, alcune accurate e altre no, che rendono difficile per le persone trovare fonti affidabili quando ne hanno bisogno". Eccesso di notizie per vittime predestinate. Ma non è solo questione di un plus informativo privo di senso e di narratività. Il che è paradossale, se pensiamo al fatto che in Cina, secondo molti autorevoli commentatori, il virus si sarebbe diffuso per l'effetto opposto, cioè la circolazione non trasparente delle informazioni a causa della situazione politica nel Paese asiatico. La questione interessante da noi, limitandoci al panorama italiano, è il modo in cui  la figura del manipolatore relazionale mediatico si comporta nei confronti delle sue vittime.

Sostanzialmente stiamo parlando di pusher specializzati in paura a buon mercato, che iniziano e loro trasmissioni o i loro articoli con piglio autorevole, dichiarando di voler fare informazione, di non creare allarmismo e, in taluni casi, si arrabbiano se qualcuno degli opinionisti (convocati in studio col preciso scopo di far canea) eccede. Proprio come agisce il manipolatore relazionale, dopo aver sedotto, catturato la preda e averne ottenuto la completa dipendenza emotiva, ecco svelarsi una natura diversa che non conoscevamo e che, poco alla volta, inizia a mostrarsi attraverso uno stile comunicativo destabilizzante: quello è il punto di non ritorno per noi spettatori e lettori.

La paura scivola goccia a goccia, informazione dopo informazione. Fondamentalmente il manipolatore/conduttore/commentatore è un camaleonte. Poco alla volta catapulta i suoi spettatori e lettori, attraverso segnali quasi impercettibili, sul piano inclinato di un massacro psicologico. In questo modo, la paura alla vittima distillata come una flebo. Lungo le infinite ore di diretta televisiva, di speciali, di aggiornamenti costanti H24. Finché non siamo letteralmente esausti. Perché il manipolatore fa quel che fa ci è chiaro, vuole massimizzare il profitto personale e narcisistico, tenerci incollati a sé. Come lo fa e, soprattutto, come sfuggirgli in un'epoca in cui è praticamente impossibile sottrarsi al flusso informativo, è un'operazione molto più complessa. Per quello è necessario un vaccino che presumibilmente arriverà dopo quello contro l'epidemia di Coronavirus.

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Scrittore, sceneggiatore, giornalista. Nato a Napoli nel 1979. Il suo ultimo romanzo è "Le creature" (Rizzoli). Collabora con diverse riviste e quotidiani, è redattore della trasmissione Zazà su Rai Radio 3.
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