A loro modo, sono immagini che commuovono. Come quelle degli italiani che cantano ai balconi, si salutano alle finestre e, soprattutto, dell'Italia che rispetta le regole per contenere la diffusione del coronavirus, del personale medico e sanitario che fa turni massacranti e rischia la vita, dei cassieri che restano al loro posto otto ore e più ogni giorno. Non sappiamo dove ci porterà quest'emergenza, ci muoviamo tutti da giorni in una terra sconosciuta ed è per questo che non possiamo che ritenere i restauratori, in questi giorni impegnati al Parco archeologico di Pompei per evitare che la materia archeologica possa perdersi o rovinarsi, uno dei simboli dell'Italia migliore.
Sono uno dei simboli dell'Italia che guarda al futuro, perché conosce il passato e se ne prende cura. Sa che solo quello resterà, il passato, la testimonianza storica, la cultura. Naturalmente, come evidenzia il direttore del parco archeologico di Pompei Massimo Osanna in queste immagini, lo fanno rispettando le distanze di sicurezza, con tutti i dispositivi di protezione necessari, ma lo fanno. Fanno manutenzione in una domus che l'eruzione del Vesuvio nel 79 d.C ci ha consegnato.
Manutenzione, questa parola meravigliosa e così sconosciuta al costume italico, è ciò che più ci serve adesso, soprattutto quella ordinaria, di ogni giorno, che nel mezzo di un'emergenza planetaria come il coronavirus si sta preoccupando di conservare, di mantenere in salute ciò che abbiamo di più prezioso, facendo questo lavoro ordinario oggi con maggior lena di ieri, per lasciare ai posteri i segni di ciò che siamo, di ciò che siamo stati, i pilastri della nostra cultura, di cui Pompei è uno dei pezzi fondamentali, patrimonio dell'umanità.
Quanto torneremo, e chissà in quanti e quali modi saremo cambiati, partiremo dalle antiche e remote pietre dei nostri parchi archeologici, dei nostri musei, delle nostre chiese e centri storici. La memoria ci dice chi siamo stati e chi siamo, ci dirà chi saremo.