Convenzione di Faro: perché non è vero che l’Islam può chiederci di coprire le statue
Dopo ben quindici anni l'Italia ha ratificato la Convenzione di Faro, la Convenzione quadro del Consiglio d’Europa sul valore del patrimonio culturale per la società, varata in Portogallo, il 27 ottobre 2005. La ratifica è arrivata con un voto della Camera dei deputati, dopo che il Senato aveva dato parere positivo lo scorso anno e dopo che il governo l’aveva sottoscritta nel 2013. Subito all'attacco Lega e Fratelli d'Italia, i due partiti sovranisti sostengono che si tratti di una resa all'Islam e sostengono che la ratifica introduca limitazioni della fruizione del nostro patrimonio artistico e culturale per non offendere culture altrui. Ma le cose non stanno così, ecco perché.
Che cos'è la Convenzione di Faro ratificata dal Parlamento italiano
La Convenzione di Faro del 2005 è stata finora ratificata da una ventina di Paesi europei, mentre Francia, Germania, Regno Unito e Russia non l’hanno ratificata né sottoscritta. Secondo gli osservatori, la Convenzione rappresenta una svolta nella concezione del patrimonio culturale. Per il FAI – Fondo Ambiente Italiano:
nella legislazione italiana, erede delle norme definite nel corso del Novecento e in particolare nella Legge 1089 del 1939, la concezione del patrimonio culturale è ancora oggi legata alla centralità delle “cose" mentre la Convenzione introduce una visione estremamente più ampia di patrimonio culturale, inteso come un insieme di risorse ereditate dal passato che le popolazioni identificano, indipendentemente da chi ne detenga la proprietà, come riflesso ed espressione dei loro valori, credenze, conoscenze e tradizioni, in continua evoluzione.
ma soprattutto afferma il diritto di cittadini, comunità locali e visitatori a
un nuovo ruolo nelle attività di conoscenza, tutela, valorizzazione e fruizione; si invitano i Paesi sottoscrittori promuovendo azioni per migliorare l’accesso al patrimonio culturale, in particolare per i giovani e le persone svantaggiate, al fine di aumentare la consapevolezza sul suo valore, sulla necessità di conservarlo e preservarlo e sui benefici che ne possono derivare.
Lega e Fratelli d'Italia criticano la Convenzione di Faro
Per Lega e Fratelli d'Italia, l’articolo 4 della Convenzione di Faro, che prevede che l’esercizio del diritto all’eredità culturale possa essere soggetto solo a quelle limitazioni che sono necessarie in una società democratica, per la protezione dell’interesse pubblico e degli “altrui diritti e libertà“ significherebbe nei fatti una resa a quelle visioni culturali, come l'Islam che potrebbero ritenere offensive certe espressioni culturali e che la convenzione introduca il concetto della necessità di porre limitazioni della fruizione del nostro patrimonio artistico e culturale per non offendere culture altrui. Il riferimento, nemmeno troppo velato, è alla visita del 2016 del presidente iraniani Hassan Rohani in Italia, che portò al caso delle statue coperte e alle conseguenti polemiche.
La Convenzione di Faro non autorizza la censura dell'arte
Tuttavia, c'è da chiarire che la Convenzione di Faro in nessun punto del suo testo introdurrebbe concetti simili o favorirebbe censure culturali, come sostengono i partiti sovranisti contrari. A sostenerlo non è soltanto il titolare del MiBact, Dario Franceschini ("Nessuna censura è perpetrabile nel nome di questo atto, che mira piuttosto alla maggiore condivisione possibile di quanto abbiamo ereditato dalle civiltà che ci hanno preceduto") ma anche a un'analisi completa del testo da parte di osservatori ed esperti. Il contestato articolo 4 della convenzione recita:
l’esercizio del diritto all’eredità culturale può essere soggetto soltanto a quelle limitazioni che sono necessarie in una società democratica, per la protezione dell’interesse pubblico e degli altrui diritti e libertà.
Ciò non è applicabile in nessun caso alla possibilità di censurare l'arte, come sostengono gli esponenti politici di Lega e Fratelli d'Italia. Quando si parla di limitazione dell’esercizio del diritto all’eredità culturale, in nome della protezione dell’interesse pubblico si intende, ad esempio, quanto avvenuto nei primi mesi del 2020, di fronte alla pandemia da Coronavirus: in quel caso, il diritto al patrimonio artistico è stato limitato dalla necessità di regolamentare l’accesso a musei, teatri, cinema, teatri. In poche, semplici parole, nessuno, tramite l'uso della Convenzione di Faro, può chiederci di coprire le statue o censurare la nostra espressione culturale.