Conservatori e accademie di belle arti allo sbando: in finanziaria 50 milioni ai privati
Nei nostri Conservatori di musica e nelle Accademie di Belle Arti statali, sparse lungo tutto lo stivale, con punte di eccellenza famose nel mondo, esiste un numero molto alto, forse troppo, di docenti precari che da anni chiedono di essere equiparati al personale statale. Rientrano nel personale precario dell'Afam, agenzia governativa relativa all'Alta Formazione Artistica Musicale e Coreutica, e costituiscono il nocciolo duro dell’insegnamento musicale nei nostri Conservatori e artistico nelle Accademie di Belle Arti, alcune delle quali costituiscono un serbatoio di conoscenze fondamentali per quanto riguarda il restauro di parte del nostro patrimonio culturale. Quello che da anni ministri, politici e media chiamano il cosiddetto petrolio d'Italia.
Ebbene, il rispetto che i governi e i parlamenti italiani nella pratica concreta conferiscono al cosiddetto "petrolio" si dimostra abbastanza nullo, considerato che il 30 novembre in Senato si è presa una decisione importante: si è cassato l’emendamento che avrebbe permesso ai docenti precari dello Stato di veder riconosciuta la loro stabilizzazione, mentre si sono stanziati 50 milioni di euro per realizzare in tre anni una progressiva statalizzazione degli istituti superiori musicali e delle Accademie di Belle Arti “non statali”, con conseguente inquadramento pubblico, a tempo indeterminato, del personale.
Il provvedimento in favore degli istituti privati era atteso, ma l’ennesimo abbandono dei precari della 128 è stata una delle ragioni delle dimissioni di Angela D’Onghia, sottosegretaria al Ministero dell’Istruzione con delega al completamento delle riforme del comparto Afam. La conseguenza di questa scelta ricompresa in Finanziaria sarà la chiusura di Istituzioni musicali e artistiche plurisecolari, per sostituirle con altri organismi più meno rigidi e che, probabilmente, rappresentano serbatoi di voti elettorali più interessanti da volersi accaparrare.